giovedì 9 aprile 2020

Esperide a. X, nn° 19 - 20, 2017



In corso di stampa il volume della rivista numero 19-20, anno X.

Editoriale
di Mario Panarello

Con questo numero la rivista compie dieci anni di vita trascorsi a sostenere un’iniziativa fortemente voluta per la pubblicazione di contributi scientifici. All’inizio di questa avventura l’idea era nata essenzialmente dal fatto che mancasse una sede scientifica dedicata ai beni culturali, nella quale riversare le ricerche condotte con un certo rigore sui territori calabresi; iniziativa che si è rivelata ancora oggi di estrema utilità per la conoscenza e la valorizzazione del patrimonio e che ha ottenuto il riconoscimento da parte dell’ANVUR bell’elenco delle riviste scientifiche nazionali. Un patrimonio che rispetto a quello di tante altre regioni italiane ha sofferto nel corso del tempo incessanti vicissitudini; in molti casi perduto, frammentario, scomparso, ignorato, oppure ancora peggio svuotato o banalizzato dal suo contenuto, per giungere ad essere strumentalizzato, usato e poi opportunamente accantonato, spesso sfruttato come gloria personale e non come valore di una collettività, per la sua importanza storica, determinante per l’identità dei luoghi. Rispetto a qualche decennio fa, l’incremento degli studi e delle ricerche ha contribuito in modo decisivo a scoprire e a porre in una nuova luce testimonianze artistiche prima completamente ignorate, concorrendo spesso a restituire una storia territoriale di ben altro spessore rispetto agli ambiti alla quale è da molti relegata. Certamente la ricerca deve ancora avanzare, e siamo sempre più convinti che non sia solo una questione di metodo, ma di conoscenza profonda dei fenomeni che non possono essere compresi attraverso poche “battute” di interesse. Inoltre, sempre più ci si rende conto che taluni processi artistici, taluni fenomeni della committenza, se analizzati a fondo e studiati contestualmente non solo a quanto esiste, ma a quanto esisteva, non possono più essere relegati nei contesti della microstoria, ma acquistano una tale importanza che va oltre i limiti localistici, rapportandosi ad esperienze e a fenomeni di più ampio raggio, determinanti talvolta per spiegare alcuni aspetti della macrostoria; così non potremmo chiarire gli sviluppi ben oltre i confini maggiormente riconosciuti del Rinascimento fiorentino senza contemplare l’attività di Antonello Gagini o quelli del Rinascimento romano senza includere la breve parentesi calabrese di Cesare Quaranta, solo per rimanere nel campo della scultura. Ed ancora, poco oltre un secolo dopo l’attività di questi artefici, l’esperienza dei cantieri artistici del monastero di Serra San Bruno e del santuario di Soriano Calabro, ad esempio, attesta, mediante linee di sviluppo diverse, l’affermazione delle barocco sia napoletano che romano, attraverso la realizzazione di opere che pur essendo importate sono radicate nella cultura e nella spiritualità del tempo e dei luoghi, tanto da interagire con le grandi sperimentazioni delle capitali. Ma intanto nel campo degli studi emergono altre questioni legate alla condizione di subalternità della Calabria, non soltanto sul piano storico, ma anche su quello storiografico, infatti spesso ci si imbatte ancora, nonostante i tanti propositi giunti anche da autorevoli voci, in un’idea distorta che gli ambiti provinciali debbano essere relegati ad una dimensione sempre o comunque subordinata ai grandi centri di produzione artistica, ciò potrebbe essere anche accettabile se consideriamo il ruolo egemone nella formazione e nella produzione dell’arte di taluni centri, ma spesso l’attenzione si è maggiormente concentrata sui rapporti tra centro e periferia, trascurando gli sviluppi autoctoni derivati dalle elaborazioni delle grandi espressioni. Inoltre ciò ha portando ad una maggiore marginalizzazione dei fenomeni artistici e delle stesse personalità attive nelle provincie, le quali sovente erano dotate di un carattere autonomo non privo di originalità; un caso emblematico è possibile rilevarlo nella successione di architetture che ruotano attorno alle committenze dei Lamberti nel territorio di Stilo, che trovano l’apice in una manifestazione quasi unica nella regione come villa Caristo, oppure nella raffinata attività dell’architetto Biagio Scaramuzzino che ha condotto l’architettura settecentesca calabrese a livelli qualitativamente alti, attirando talvolta anche l’attenzione di studiosi autorevoli, ma è possibile considerare anche altri casi come l’attività di alcuni pittori e decoratori del Settecento, che seppure altalenante, ha visto momenti di originalità creativa nel novero di un linguaggio rocaille che nel contesto territoriale calabrese ha conosciuto sviluppi ed esiti interessanti; menzioniamo in tal senso le sperimentazioni linguistiche ed espressive di Francesco Saverio Mergolo o di Francesco Colelli. È chiaro che per fare ciò è necessario indagare i fenomeni artistici e le manifestazioni nelle loro totalità, per poi cogliere gli sviluppi e le produzioni migliori. Crediamo quindi che tale processo critico vada compiuto dall’interno, pur mostrandosi bene ancorati ad ambiti più vasti che sono i contesti culturali egemoni del Mediterraneo. Comunque sia, il fenomeno più deprecabile è quello del pregiudizio che tentiamo di superare attraverso una ricerca attenta e scrupolosa, la quale propone ma non si impone, né con superiorità né con prepotenza, ma spesso è ignorata più volontariamente che involontariamente. Si profila infatti un problema duplice, per così dire, il primo messo a fuoco decenni fa da Giovanni Previtali con il concetto di “questione meridionale”, inteso come pregiudizio di studiosi estranei alle complesse dinamiche della cultura artistica del sud Italia, il secondo insito nell’idea distorta che esista un sud del sud, nella quale si annidano atteggiamenti diffidenti, insignificanti contrapposizioni, vuote egemonie, negati confronti, vero male di una realtà oramai cristallizzata per fortuna appurabile da studiosi imparziali che un giorno riscontreranno quanto siano ignorati taluni studi; studi che nascono non dall’improvvisazione, ma da ricerche attente, da pluriennali riflessioni, dall’analisi reiterata dei manufatti e dei fenomeni artistici. Studi che certamente possono anche sfuggire nel multiforme universo della ricerca, ma non possono essere volutamente ignorati, certamente non a discapito di chi li fa, ma a sfavore di chi li ignora.

Abstract



• Marianna Sangiovanni, Tracce di architettura rinascimentale in Calabria. Frammenti di un portale nella chiesa del Santissimo Salvatore a Orsomarso.
 L’analisi dei frammenti del portale della chiesa del Santissimo Salvatore di Orsomarso, consistenti in alcuni conci lapidei, si è basata sul rilievo e lo studio della morfologia decorativa di tali elementi erratici, accantonati in un angolo della chiesa, e sull’analisi del significativo piedritto attualmente posto sul fronte tergale dell’edificio ecclesiastico, brani databili ai primi del Cinquecento sulla scorta di opportuni confronti con esempi simili. In questo modo, malgrado i numerosi elementi mancanti, è stato possibile proporre una restituzione grafica dell’originario sviluppo del portale, il cui assetto ipotetico trova conferma in analoghe espressioni architettoniche individuate in area meridionale risalenti ai secoli XV e XVI, annoverate dalla storiografia fra le manifestazioni di matrice catalana. A supporto dell’analisi condotta sono state considerate tanto le fonti a disposizione quanto alcune carte dell’archivio parrocchiale della stessa chiesa, nonché importanti fotografie d’epoca. L’originario portale doveva fare parte di un edificio ecclesiastico più antico rispetto all’odierno fabbricato, il quale sembra essere invece il risultato della stratificazione di successivi interventi di riqualificazione fra cui quelli ottocenteschi, resisi necessari probabilmente a seguito di un terremoto. Contestualmente al portale sono state considerate pure le altre testimonianze coeve quali il campanile, il fonte battesimale e l’acquasantiera, appartenenti al più antico edificio di culto.

Traces of Renaissance architecture in Calabria. Fragments of a portal in the church of the Santissimo Salvatore in Orsomarso 
The analysis of the fragments of the portal of the church of the Santissimo Salvatore di Orsomarso, consisting of some stone slabs, was based on the relief and the study of the decorative morphology of these erratic elements, set aside in a corner of the church, and on the analysis of the significant piedritto (the impost block) currently placed on the front of the ecclesiastical building, pieces dating back to the early sixteenth century on the basis of appropriate comparisons with similar examples. In this way, despite of the numerous missing elements, it was possible to propose a graphic restitution of the original development of the portal, whose hypothetical structure is confirmed in similar architectural expressions identified in the southern area dating back to the fifteenth and sixteenth centuries, counted by historiography among the manifestations of Catalan matrix. In support of the carried out analysis were considered, both the available sources and some parchment archives of the same church as well as important period photographs. The original portal had to be part of an older ecclesiastical building respect to today’s building, which seems to be the result of the stratification of successive redevelopment interventions including those one carried out in the nineteenth century, which was probably necessary following an earthquake. At the same time, the portal also includes other coeval testimonies such as the bell tower, the baptismal font and the holy water font, belonging to the oldest religious building.



• Stefano De Mieri, Una ‘Crocifissione’ di Pietro Negroni nel Sacro Speco di Subiaco (e altri spunti).
Il breve saggio è incentrato su una tela di ridotte dimensioni, certamente ascrivibile al calabrese  Pietro Negroni, custodita nell’appartamento abbaziale del Sacro Speco di Subiaco. L’interesse dell’opera, di discreta qualità e risalente alla fase matura dell’artista, intorno al 1550, o poco dopo, deriva proprio dalla collocazione in area laziale. Ciò sembrerebbe irrobustire l’ipotesi di una sua realizzazione durante il più volte ipotizzato soggiorno romano dell’artista. Tuttavia, trattandosi di un’opera di devozione privata, non è escluso che possa essere stata dipinta in area napoletana su richiesta dell’abate di Subiaco Giovanni Battista da Napoli, probabilmente il religioso accompagnato da san Giovanni effigiato ai piedi della croce. Nello scritto inoltre si accenna anche ad altri aspetti della tarda produzione di Negroni.

A ‘Crucifixion’ by Pietro Negroni in the Sacro Speco of Subiaco (and other ideas). 

This short essay is focused on a small canvas, certainly attributed to the Calabrian Pietro Negroni, and located in the apartments of the Abbey of Sacro Speco di Subiaco. The interest of the work, of good quality and dating back to the mature phase of the artist, around 1550, or soon after, derives from its location in the Lazio area. This would seem to strengthen the hypothesis of a realization during the often hypothesized Roman stay of the artist. However, since it is a work of private devotion, it is not excluded that it may have been painted in the Neapolitan area at the request of the Abbot of Subiaco Giovanni Battista da Napoli, probably the religious accompanied by Saint John and depicted at the foot of the cross. The essay also mentions other aspects of the late production of Pietro Negroni.



• Dario Puntieri, Un viaggio alla riscoperta delle mitiche origini della Magna Grecia: Leandro Alberti 
Il lungo viaggio nella penisola italiana intrapreso dal domenicano bolognese Leandro Alberti ebbe inizio nel 1525 da Roma, con una prima destinazione nel Meridione e nella Sicilia, per risalire successivamente verso le regioni centro-settentrionali. Edito nel 1550 con il titolo di Descrizione di tutta Italia, Alberti diede avvio ad un’opera monumentale, confortato dai tanti riferimenti bibliografici che poteva consultare nella biblioteca conventuale di Bologna e negli archivi dei numerosi conventi che visiterà durante la sua peregrinazione. Numerose sono state le indagini intorno alla Descrizione di tutta Italia, munifica di continui spunti di riflessione, ma è indubbio che Alberti sia stato mosso principalmente dalla ricerca delle origini di una identità italiana, sentendo il bisogno di richiamare le diverse regioni ad un sentire comune in un momento in cui si stava attuando una complessa opera di riforma della Chiesa. Da questa fonte inesauribile ci è parso utile attingere particolarmente al racconto di viaggio nell’Italia meridionale dove, con maggiore enfasi, Leandro Alberti mette in mostra la sua erudizione, le conoscenze storiche e antiquarie soprattutto quando indugia nella descrizione delle origini mitiche delle città della Magna Grecia delle quali può ammirare le vestigia che gli appaiono tracce tangibili di un passato memorabile, di una storia che ha reso grande l’Italia. Ne risulta un'immagine completamente idealizzata, rafforzata anche dagli aspetti naturalistici di grande suggestione evocata dai «belli, e fruttiferi colli, e di vaghe valli» o dai giardini «pieni di Citroni, Aranci, e Limoni». 

A journey to the rediscovery of the mythical origins of Magna Graecia: Leandro Alberti.
The long journey in the Italian peninsula undertaken by the Bolognese dominican Leandro Alberti began in 1525 from Rome, with a first destination in the South and in Sicily, to go then back to the central-northern regions. Published in 1550 with the title of Description of all Italy. Alberti started a monumental work, supported by the many bibliographic references that he could consult in the conventual library of Bologna and in the archives of the numerous convents he visited during his pilgrimage. There have been numerous investigations around the Description of all Italy, providing continuous food for thought, but it is undoubted that Alberti has been driven mainly by the search for the origins of an Italian identity, feeling the need to recall the different Italian regions to a common feeling at a time when a complex church reform was taking place. From this inexhaustible source it seemed useful to draw particularly on the travel story of southern Italy where, with greater emphasis, it shows off its erudition, historical and antiquarian knowledge especially when it lingers in the description of the mythical origins of the cities of Magna Graecia which can admire the vestiges that appear to Alberti tangible traces of a memorable past, of a history that has made Italy great. The result is a completely idealized image, reinforced also by the naturalistic aspects of great suggestion evoked by “beautiful, and fruitful hills, and of vague valleys” or by the gardens “full of Citroni, Aranci, and Limoni”.



• Roberto Carmine Leardi, Un’aggiunta ad Andrea Maffei in Calabria: la pala Berlingieri della cattedrale di Crotone. 
Il contributo restituisce al nascente corpus del napoletano Andrea Maffei (1643 circa-1711 circa), alias Del Po, l’Adorazione dei magi della cattedrale di Crotone, pala d’altare della cappella dell’Epifania di proprietà della famiglia Berlingieri, marchesi di Valle Perrotta e duchi di Casalnovo. L’attribuzione permette di aggiungere un altro pezzo al dinamico fenomeno dell’approvvigionamento di manufatti artistici dalla capitale vicereale, responsabile dell’accrescimento del patrimonio della Calabria.  

An addition to Andrea Maffei in Calabria: the Berlingieri altarpiece of the cathedral of Crotone.
This contribution returns to the corpus of the Neapolitan Andrea Maffei  (approx. 1643-1711), the Adoration of the Magi of the Cathedral of Crotone, altarpiece of the Epiphany Chapel owned by the Berlingieri family, marquises of Valle Perrotta and dukes of Casalnovo. This attribution allows us to add another piece to the dynamic phenomenon of acquisition of artistic artifacts from the viceroy capital, which helped in a considerable way the growth of the cultural heritage of Calabria.



• Adrián Contreras-Guerrero, Francesco De Nicolo, Dal Mediterraneo alla Colombia: casi di circolazione di scultura tra i viceregni spagnoli.
Alcune pregevoli opere d’arte presenti in Calabria offrono il trampolino di lancio per riflettere sulla diffusione di iconografie, stili, mode, gusti all’interno del grande dominio della Corona di Spagna e, nel caso specifico, sull’approdo di manufatti artistici “italiani” nel lontano Viceregno di Nuova Granada situato nella parte settentrionale del continente sudamericano e comprendente grossomodo gli attuali Ecuador, Colombia e Venezuela. L’indagine sul campo ha portato al rinvenimento di Crocifissi eburnei che ripropongono il modello algardiano del Crocifisso di Mileto; del tutto inedita è la scoperta in Colombia di opere scultoree in legno attribuibili a maestri napoletani attivi tra XVIII e XIX secolo, ampiamente documentati anche in Calabria, tra i quali Giuseppe Picano, Nicola Ingaldi e Arcangelo Testa; altre opere, soprattutto marmoree, giunsero al porto colombiano di Cartagena da Genova. Il saggio ambisce ad aprire nuovi filoni di ricerca nell’ambito della circolazione delle opere d’arte dal Mediterraneo al Nuovo Mondo.

From the Mediterranean to Colombia: some examples of circulation of sculptures among the Viceroyalties of Spain.
Some valuable works of art present in Calabria offer us the occasion to reflect on the diffusion of iconography, styles, fashions, in the great domain of the Crown of Spain and, in this specific case, on the presence of Italian artistic artefacts. in the distant Viceroyalty of New Granada located in the northern part of the South American continent and roughly including the current Ecuador, Colombia and Venezuela. The field survey led to the discovery of the Eburian Crucifixes that repropose the algardian model of the Crucifix of Mileto; the discovery in Colombia of sculptural wooden works attributed to Neapolitan masters active between the 18th and 19th centuries, widely documented also in Calabria, among which Giuseppe Picano, Nicola Ingaldi and Arcangelo Testa; other works, above all marble artefacts, came to the Colombian port of Cartagena from Genoa. The essay seeks to open new strands of research in the circulation of works of art from the Mediterranean area to the New World.



• Mario Panarello, Il viaggio nell’arte di un pittore e di un letterato nel periodo neoclassico. Emanuele Paparo e Vito Capialbi in un immaginario percorso artistico.
Il Viaggio Pittorico (Messina, 1833) costituisce una delle opere letterarie più interessanti del pittore monteleonese Emanuele Paparo (1778-1828), poiché esprime la sua sensibilità per l’arte italiana e l’attenta conoscenza delle opere del passato esaltate e illustrate attraverso il genere poetico del canto. Un viaggio che l’artista intraprende per spiegare al suo fedele amico Vito Capialbi (1790-1853), erudito calabrese fra i più raffinati del tempo, le suggestioni di insigni opere d’arte. I due intraprendono una sorta di itinerario immaginario, evocato soltanto dalle parole e probabilmente attraverso il solo supporto visivo delle incisioni care agli artisti e alla cultura neoclassica: un viaggio dunque che si spinge nel profondo dell’animo. I quaranta canti, sono in gran parte dedicati a opere romane, considerate dall’autore esemplari per la formazione del gusto e l’esaltazione del bello, un percorso che lo stesso Paparo intraprenderà per la sua produzione pittorica dove, attraverso copie di opere famose o interpretate, giungerà ad esaltare in modo del tutto personale aspetti particolari ricercati in artisti eterogenei di diverse epoche. Il saggio esplora alcuni momenti salienti del componimento poetico e punta l’attenzione su alcune opere realizzate dall’artista, molte delle quali connesse all’ideale viaggio.

The journey into the art of a painter and a writer in the neoclassical period. Emanuele Paparo and Vito Capialbi in an imaginary artistic journey.
The Pictorial Journey (Messina, 1833) is one of the most interesting literary works of the Monteleone (today Vibo Valentia) painter Emanuele Paparo (1778-1828), as he expresses his sensitivity to Italian art and the careful knowledge of the works of the past focused and illustrated through the poetic genre of the song. A journey that the artist undertakes to explain to his faithful friend Vito Capialbi (1790-1853), one of the finest Calabrian scholars. The two undertake a sort of imaginary itinerary, evoked only by words and probably through the only visual support of the engravings, dear to the artists and to the neoclassical culture, therefore a journey that goes deep into the soul. The forty songs, are largely devoted to Roman works, considered by the author to exemplify the formation
of taste and the exaltation of beauty, a path that Paparo himself will undertake for his pictorial production where, through copies or personal interpretation of famous works, he will come to exalt in a completely personal way particular aspects sought in heterogeneous artists of different eras. The essay explores some salient moments of the poetic composition and focuses on some works created by the artist, many of which are connected to the ideal journey.



• Gianni Garaguso, Per la stagione tardobarocca in Basilicata. Monsignor del Plato e le “addizioni” settecentesche alla cattedrale di Tricarico.
 La Cattedrale di Tricarico è il risultato di mille anni di interventi. Il saggio ne prende in considerazione le addizioni settecentesche operate durante il mandato episcopale del vescovo irpino Francesco Antonio del Plato (1760 - 1783).

For the late baroque age in the country of Basilicata. Monsignor del Plato and the eighteenth century "additions" at the Tricarico cathedral. 
The Cathedral of Tricarico is the result of a thousand years of interventions. The essay takes into consideration the eighteenth-century additions made during the Episcopal mandate of the Irpinian bishop Francesco Antonio del Plato (1760 - 1783).



• Bruno Vadalà, Stralci archivistici per una chiesa perduta. Santa Maria di Portosalvo a Reggio Calabria. 
Un serrata ricerca archivistica è stata mirata a ricostruire la storia e le vicende costruttive di un edificio distrutto della città di Reggio Calabria, la chiesa di Santa Maria di Portosalvo. Crollata per il sisma del 1783, la chiesa venne poi ricostruita per essere nuovamente abbattuta dall’altro terremoto del 1908. Visite pastorali e documenti diversi, estrapolati da fondi dell’Archivio di Stato, nonché qualche schematico disegno, hanno così contribuito a restituire l’identità di un edificio non più esistente legato alla confraternita dai marinai di cui oggi non rimane che il solo dipinto dell’altare maggiore opera di Brunetto Aloi, pittore accademico dell’Ottocento, originario di Monteleone.

Archival traces for a lost church. Santa Maria di Portosalvo in Reggio Calabria.
A very careful and accurate archival research has been aimed at reconstructing the history and the construction events related to a destroyed building in the city of Reggio Calabria, the church of Santa Maria di Portosalvo. Destroyed by the earthquake of 1783, the church was rebuilt and then demolished again by the earthquake of 1908. Pastoral visits and various documents, extrapolated from funds of the State Archives, as well as some schematic design, have thus helped us to restore the identity of a building no longer existing linked to the confraternita dai marinai of whom today remains only the painting of the main altar painted by Brunetto Aloi, an academic painter of the nineteenth century from Monteleone.



• Gianpaolo Leone, Mario Panarello, Alcune opere di Emanuele Paparo per la famiglia di Francia. Collezionismo, restauro e dispersione del patrimonio artistico. 
Il breve saggio riguarda due dipinti raffiguranti Venere e Adone e l’Aurora, appartenenti alla collezione e alla decorazione delle sale di Palazzo di Francia a Vibo Valentia, già attribuiti al pittore neoclassico Emanuele Paparo di Monteleone (odierna Vibo Valentia), migrati in Sicilia dopo vicissitudini ereditarie e poi passati sul mercato antiquario. Attraverso l’intervento di restauro delle due tele, a cura del laboratorio catanese di Giampaolo Leone, è stato possibile documentare le fasi del loro recupero e restituirle all’originario fascino, pur non essendo più fruibili negli ambienti originari per le quali sono state concepite.  Attraverso il recupero di alcuni dati storici e di fonti ottocentesche è stato possibile ipotizzare le circostanze per le quali almeno la grande tela dell’Aurora fu ideata in occasione del riassetto decorativo del palazzo per la visita di re Gioacchino Murat, mentre sono stati recuperati i rispettivi brani contenuti nel Viaggio pittorico, componimento poetico vergato dallo stesso pittore, che esaltano le celebri opere servite da modello: l’Aurora di Guido Reni e il gruppo scultoreo di Venere e Adone.

Some works by Emanuele Paparo for the family of France. Collecting, restoration and dispersion of the artistic heritage. 
This short essay concerns two paintings depicting Venus and Adonis and the Aurora, respectively belonging to the collection and decoration of the rooms of the Palazzo di Francia in Vibo Valentia, already attributed to the neoclassical painter Emanuele Paparo di Monteleone (today Vibo Valentia), migrated to Sicily after inherited vicissitudes and then passed on the antiquarian market. Through the restoration of the two canvases, carried out by the Giampaolo Leone’s Catania laboratory, it was possible to document the phases of their restoration and to return them to their original charm, even though they are no longer accessible in the original environments for which they were designed. Through the recovery of some historical data and nineteenth-century sources it was possible to hypothesize the circumstances for which at least the great canvas of the Aurora was conceived; on the occasion of the decorative reorganization of the palace with the visit of King Gioacchino Murat, while the respective passages contained in the Pictorial Journey, poetic composition written by the same painter, that enhance the famous works served as a model: the Aurora by Guido Reni and the sculptor group of Venus and Adonis.

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