venerdì 2 settembre 2022

Esperide a. XII, nn° 23-24, 2019



Editoriale

Derive (a)critiche e necessità critiche

di Francesco De Nicolo, Srefano Seta


Tra gli aspetti che in tempi più recenti hanno marcato positivamente il campo della Storia dell’Arte dell’Italia Meridionale andrà registrato il considerevole sviluppo delle ricerche su alcune tematiche che fino a qualche decennio fa versavano in uno stato di generale disattenzione critica, venendo considerate, infatti, sottobranche della disciplina prive di “dignità” storiografica. Ritrovamenti documentari, specifiche disamine su opere, contesti e personalità che emergono da un quadro sempre più variegato e multiforme, hanno contribuito alla riabilitazione di argomenti per i quali la spregiativa etichetta “arti minori” si è rivelata sempre più inappropriata perché banalizzante e riduttiva rispetto a fermenti e fenomeni che furono, viceversa, assai complessi e nei quali si raggiunsero anche vertici di assoluta qualità. Basta sfogliare le pagine delle principali riviste scientifiche ed i cataloghi delle mostre promosse in questi decenni per notare il progressivo incremento dei contributi incentrati, per esempio, su marmi decorativi, su argenti e sulla scultura lignea; crescita alla quale potrebbe anche aver contribuito una sempre maggiore internazionalizzazione degli studi laddove in alcuni Paesi, si pensi alla Spagna in riferimento alla scultura in legno, vi è una tradizione di studi molto più radicata in determinati ambiti della Storia dell’Arte. Accanto al significativo progresso compiuto sul piano della conoscenza, allo studioso attento, tuttavia, non può sfuggire la percezione di alcune problematiche di carattere metodologico  sulle quali risulta opportuna una riflessione in relazione alle finalità stesse della nostra disciplina. Innanzitutto risulta sempre molto concreto il problema della scarsezza, o totale assenza, di documentazione archivistica che aiuti lo storico dell’arte a ricostruire la storia del manufatto oggetto del suo studio. Davanti a questa problematica, che in alcuni casi è stata di per sé ragione sufficiente per indurre alcuni studiosi a desistere dal trattare un determinato argomento, riteniamo che continui ad essere di estrema attualità e validità la riflessione che Oreste Ferrari espresse nel catalogo della storica mostra Civiltà del Seicento a Napoli (1984). Il compianto studioso, in riferimento alla penuria di documenti sulla scultura napoletana del Seicento, osservava che «la via da imboccare per risolvere i problemi ancora aperti e per addivenire ad una quanto più completa conoscenza della scultura secentesca a Napoli non potrà esser tracciata sulla fatalistica attesa del fortuito ritrovamento della carta d’archivio risolutiva, ma dovrà principalmente essere [...] la via del più intensivo esercizio degli strumenti di lettura critica delle opere». Dunque la lettura critica, praticata con gli strumenti propri della Storia dell’Arte, quali l’analisi stilistica, quella iconografica ed iconologica e, soprattutto, la contestualizzazione storica e culturale nei vari ambiti geografici di produzione, risulta indispensabile per una più completa e corretta interpretazione delle opere e degli artisti. Il dibattito internazionale - si pensi in particolar modo alle considerazioni formulate da Hans Belting in La fine della Storia dell’Arte o la libertà dell’arte - ha più volte evidenziato, peraltro, la necessità di ricusare qualsiasi approccio fondato su teorie specialistiche che sezionino l’opera d’arte in diversi aspetti e non tengano conto in prima istanza dell’importanza del testo figurativo, ossia della “documentazione oggettuale” costituita dall’opera stessa. A ciò consegue la necessità che lo studio dell’opera d’arte non si esaurisca al solo processo attributivo, con la pur utile individuazione di «tracce e i sintomi» che rivelando la mano dell’artista consentino di ricostruire un contesto di opere somiglianti e quindi in rapporto tra loro, ma sia articolato in maniera più complessa e critica. Ci riferiamo, solo per fare un paio di esempi, alla considerazione di una serie di problematiche che riguardano gli sviluppi stilistici presenti all’interno del corpus di opere di un artefice o alla capacità dello stesso di interpretare le tematiche culturali maturate in seno alla società di appartenenza. E se stiamo ribadendo tale necessità, che ad alcuni potrà sembrare ovvia, è perché sempre più spesso assistiamo, ahinoi, alla proliferazione di scritti acritici, di dubbia qualità scientifica, che esauriscono, anzi sminuiscono, il nobile compito di ricerca storico-artistica ad una frenetica ed ossessiva elencazione di opere e nomi, somiglianti più a stucchevoli rubriche telefoniche che a complessi studi di Storia dell’Arte, la cui unica finalità risulta essere la malcelata e vanagloriosa ricerca dell’inedito a “tutti i costi”. Non possiamo che auspicare, pertanto, che, dinanzi alle derive di cui qui abbiamo detto, la rivista Esperide continui a svolgere il suo ruolo di garanzia di qualità negli studi della nostra disciplina.  


Abstracts

• Giuseppe Collia

Nuovi studi sulla monetazione di Hipponion

Dopo un breve excursus sulla storia degli studi, il primo obiettivo e stato di inquadrare la città all’interno del contesto storico, attraverso uno scrupoloso vaglio e un’attenta analisi critica delle fonti antiche a nostra disposizione. Al termine di questa parte storica, l’attenzione si e concentrata sullo studio analitico e dettagliato delle iconografie delle quattro fasi monetali di età greca, al fine di giungere a conclusioni più sicure riguardo la cronologia. Per quanto concerne la prima fase si e cercato di operare degli attenti confronti iconografici con le coeve monetazioni della Sicilia greca. Ad Hipponion come immagine di D/ nelle monete della prima fase compare una testa di Hermes, immagine sconosciuta e desueta nel panorama numismatico magnogreco e siceliota, essa compare in diverse zone del mondo greco-orientale (Tracia, Macedonia, Locride Opunzia). Il presente lavoro ha anche cercato di chiarire e rinnovare alcune convinzioni legate agli studi compiuti in passato, come quella relativa alla legenda [EI, caratterizzata dalla presenza del digamma “osco” e interpretata come dato probante a giustificare la matrice italica della prima fase monetaria.


New studies on the coinage of Hipponion

After a brief excursus on the history of the studies, this essay focues on the Magna Graecia city within the historical context, through a scrupulous examination and an accurate critical analysis of the available ancient sources.At the end of this historical part, the author focuses on the analytical and detailed study of the iconographies of the four monetary phases of the Greek age, in order to reach more certain conclusions regarding the chronology. Concerning the first phase, an attempt was made to make precise iconographic comparisons with the contemporary coins of Greek Sicily. In Hipponion as an image of law in the first phase coins, a head of Hermes emerges, an unknown and obsolete image in the Magna Graecia and Siceliot numismatic panorama, it appears in various areas of the Greek-Eastern world (Thrace, Macedonia, Locride Opuntia). This work has also tried to clarify and renovate some convictions related to the studies carried out in the past, such as the one relative to the "FEI" legend, characterized by the presence of the "Oscan" digamma and intended as evidence to justify the Italic mold of the first monetary phase.



• Alessandra Pasqua

Stalettì nel quadro del sistema difensivo vicereale

Nel presente articolo si analizzano due fortificazioni presenti in due tavole del Codice Romano Carratelli, un manoscritto risalente alla fine del XVI secolo contenente acquerelli delle architetture difensive della Calabria Ultra, corredate da didascalie. Le tavole in esame sono la n. 62 e la n. 63, che rappresentano il litorale del comune di Staletti (Catanzaro). Le due rappresentazioni si rivelano utili per lo studio delle fortezze riprodotte e per ricostruirne la storia. I manufatti oggetto di indagine sono due: la Torre del Palombaro, di cui fino ad oggi e rimasto soltanto il toponimo, ed una torre quadrata che viene disegnata in progetto e che si può individuare in una costruzione finora mai considerata nella storiografia locale. Il metodo seguito consiste nella descrizione delle tavole, nella valutazione delle aree e delle preesistenze per come si presentano allo stato attuale, nell’esame delle tipologie delle torri e della documentazione storiografica. I luoghi descritti risultano oggi di proprietà privata e non e possibile accedervi. Una necessaria ed auspicata analisi dei siti e dei manufatti potrà suffragare le tesi qui illustrate.


Stalettì as part of the viceregal defense system

This article analyses two fortifications featured in two tables of the Romano Carratelli Code, a man uscript dating back to the end of the Sixteenth century containing watercolours of the fortifications in Calabria Ultra and the captions referring to them. The analysed tables are n. 62 and n. 63, which depict the coast of the municipality of Staletti (Catanzaro). The two images are useful to study the reproduced fortresses and to reconstruct their history. The artifacts under investigation are two: the Torre del Palombaro, of which today only the toponym remains, and a square tower that is designed in the project and that can be identified in a construction never considered so far by local historiography. The followed method consists in the description of the tables, the evaluation of the areas and pre-existing buildings the way they are currently, the examination of the typology of the towers and of the historiographical documentation. The described places are now private and cannot be accessed. A necessary and wished for analysis of the sites and artefacts will allow to confirm the theses illustrated here.



• Mario Panarello

Quesiti su opere erratiche e scomparse: una problematica Adorazione dei pastori copia di Polidoro da Caravaggio e un'antica fonte letteraria su un dipinto perduto 

Lo scritto tratta di due diverse testimonianze artistiche ossia dell’identificazione di un dipinto e di alcune fonti relative ad un’antica pala perduta; viene identificata, infatti, un dipinto erratico, custodito presso i depositi della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della provincia di Cosenza, quale copia di una diffusa iconografia di un disegno degli anni romani di Polidoro da Caravaggio, raffigurante l’Adorazione dei Magi, nota anche attraverso diverse incisioni. La modesta copia calabrese databile ai primi del Seicento attesta l’ampia diffusione dei modelli di Polidoro. Nel medesimo scritto viene puntata l’attenzione su una fonte sfuggita sino ad oggi alla critica specialistica relativa all’esistenza di un ragguardevole dipinto raffigurante l’Epifania, un tempo custodito nel convento domenicano di Figline Vegliaturo, commissionato dal cardinale Pietro Paolo Parisio (1473-1545). Ritenuto da una fonte “uno de’ piu ragguardevoli d’Italia” e nel contempo considerato di Raffaello. Il dipinto è purtroppo andato perduto.


Questions on erratic and disappeared works: a problematic “Adoration of the Shepherds” copy by Polidoro da Caravaggio and an ancient literary source on a lost painting

This writing reports on two different artistic testimonies, namely the identification of a painting and some sources relating to an ancient lost altarpiece; indeed, an unknown provenance painting is recognized, kept in the "Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio" – Provincia di Cosenza warehouse, as a copy of a widespread iconography of a drawing from the Roman years of Polidoro da Caravaggio, depicting the Adoration of the Magi, also known through several engravings. The modest Calabrian copy dating back to the early seventeenth century confirms the wide diffusion of Polidoro's models. In the same writing, the attention is focused on a source which has been ignored by specialist criticism so far and relating to the existence of a remarkable painting depicting the Epiphany, once kept in the Dominican convent in Figline Vegliaturo and commissioned by Cardinal Pietro Paolo Parisio (1473-1545). A source consider it "one of the most remarkable in Italy" and at the same time considered a Raphael work. Unfortunately, the painting has been lost.



• Mario Panarello 

Fra disegni e dipinti di Polidoro da Caravaggio: alcuni riflessi sulla scultura del Cinquecento messinese

Il progressivo studio della scultura del Cinquecento messinese e l’importante tema dei modelli di riferimento hanno condotto, in questo contributo, all’individuazione di relazioni fra alcuni fogli del corpus grafico prodotto da Polidoro da Caravaggio e dalla sua bottega durante il periodo di soggiorno messinese con talune opere di scultura realizzate da diversi artefici attivi nel medesimo centro fra XVI e XVII secolo. Emerge una notevole influenza del pittore lombardo, allievo di Raffaello, sul campo della scultura; del resto egli è impegnato nella città dello Stretto nella prestigiosa impresa di allestimento degli apparati effimeri per il passaggio di Carlo V, esperienza in cui l’artista si cimenta nella fusione delle arti. Il saggio quindi mette in relazione alcune opere grafiche dell’artista lombardo con sperimentazioni figurative restituite a scultori contemporanei quali Domenico Vanello e Giovan Domenico Mazzolo, ed inoltre altre suggestive elaborazioni polidoresche con opere di scultori successivi quali Rinaldo Bonanno e il vasto entourages dei Calamecca.


Among drawings and paintings by Polidoro da Caravaggio: some reflections on the sculpture of the sixteenth century in Messina

The progressive study of the sixteenth century sculpture in Messina and the important topic about reference models have led, in this contribution, to the identification of relationships between some sheets of the graphic corpus created by Polidoro da Caravaggio and his workshop during the period of his stay in Messina with some sculptures made by different craftsmen working in the same place between the 16th and 17th centuries. A notable influence emerges from the Lombard painter, a Raphael pupil, upon the art of sculpture; after all, he is engaged in the city of the Strait in the prestigious challenge of setting up the ephemeral architectural structures for the passage of Charles V, an experience in which the artist put his efforts in the fusion of the arts. The essay therefore links some graphic works by the Lombard artist with figurative experiments returned to contemporary sculptors such as Domenico Vanello and Giovan Domenico Mazzolo, and also other evocative polidoresque creations with later works made by sculptors such as Rinaldo Bonanno and the vast entourages of the Calamecca.



• Dina Caligiuri

Palazzo Giannuzzi. Un'architettura di ispirazione romana tra Cinque e Seicento: documenti inediti e nuove analisi critiche

Il presente contributo tratta del palazzo Giannuzzi di Aiello Calabro, illustrando nuove acquisizioni documentarie che hanno permesso di datarne gli apparati decorativi scultorei ai primi anni del 1600 e di attribuirli con certezza al progetto e all’esecuzione di Pietro Barbalonga. Dello scalpellino-architetto di origine messinese, che impianta nel piccolo Stato calabrese una alacre bottega ben attestata da nuovi documenti, lo studio esplora i possibili riferimenti culturali, analizzandone il repertorio linguistico alla luce di raffronti di stile proposti con opere di diversi protagonisti della scena architettonica italiana, nel periodo compreso tra il secondo Cinquecento e il primo Seicento. Utile ad ulteriori approfondimenti e inoltre l’indagine condotta sulla configurazione dell’impianto architettonico del palazzo, da collocarsi in un’epoca antecedente all’intervento del Barbalonga, riguardo al quale si individuano alcune analogie con opere poste in ambito regionale e nazionale, inserendo l’edificio in un orizzonte di ampio ed elevato respiro storico-artistico.


The Giannuzzi Palace. A Roman-inspired architecture between the 16th and 17th centuries: unpublished documents and new critical analyzes

The essay deepens the topic of the history of the Giannuzzi Palace in Aiello Calabro and illustrates it with new documentary acquisitions that have made it possible to date the decorative sculptures in the early 1600s and to attribute them with certainty to the project and execution of Pietro Barbalonga.This essay explores possible cultural references related to the stonemason-architect of Messina origin, who sets up a busy workshop in the small Calabrian state, analyzing the linguistic repertoire in the light of style comparisons proposed with works by various actors of the architectural Italian scene, in the period between the second sixteenth and early seventeenth centuries. The investigation conducted on the configuration of the architectural structure of the building, to be placed in an era prior to the intervention of the Barbalonga, is also useful for further investigations, regarding which some similarities with works placed in the regional and national context are identified, inserts the 'building in a horizon of wide and high historical-artistic value.



• Stefano Seta

Episodi di scultura lignea del Settecento in alcuni centri del Tirreno cosentino

Il saggio mette in risalto l’importanza di un’accurata ricognizione del territorio regionale, prendendo in esame alcuni capolavori della statuaria lignea sfuggiti ai precedenti studi sull’argomento. Si tratta di sculture realizzate nel corso del XVIII secolo e che evidenziano il rapporto tra i committenti calabresi e le botteghe presenti a Napoli, dove accanto alle grandi firme, come Giacomo Colombo e Nicola Fumo, operavano una serie di personalità apparentemente defilate ma che rivelano al contrario una notevole abilita tecnica e la capacita di rielaborare in maniera autonoma i canoni stilistici in voga all’epoca. Degna di nota e l’attestazione dello scultore Giovanni Antonio Colicci, particolarmente apprezzato nell’area presa in esame per la sua poetica legata ad una grazia espressiva e formale tipicamente rocaille. Le opere passate in rassegna permettono uno sviluppo del saggio in senso cronologico, dai primi decenni al tramonto del Settecento, documentando, attraverso un serrato confronto con opere extraregionali, le peculiarità degli artisti chiamati in causa per l’attribuzione.


Examples of eighteenth-century wooden sculpture in some towns of the Tyrrhenian cost of Cosenza

This essay highlights the importance of an accurate study of the territory of the region, examining some masterpieces of wooden statuary not considered by previous studies on the subject. These are sculptures created during the eighteenth century which highlight the relationship between the Calabrian clients and the workshops in Naples, where next to the big names, such as Giacomo Colombo and Nicola Fumo, a series of, apparently in the background, personalities worked. These artists instead reveal remarkable technical skills and the ability to re-elaborate autonomously the stylistic models in vogue at the time. Noteworthy is the attestation to the sculptor Giovanni Antonio Colicci, particularly appreciated in the area in question for his poetics related to an expressive and formal grace that is typically Rocaille. The analyzed works allow a chronological development of the essay, from the early decades to the sunset of the eighteenth century, documenting, through a close comparison with extra-regional works, the peculiarities of the artists who are considerated for the attribution.



• Francesco De Nicolo, Laura Liliana Vargas Murcia

Considerazioni su Matteo Pérez da Lecce al margine di nuovi documenti tra Lima e Siviglia (1590-1602)

Attraverso l’analisi di diciotto documenti afferenti al periodo compreso tra il 1590 e il 1602, nel saggio si pone l’attenzione su alcuni aspetti della vita e della professione del pittore pugliese Matteo Perez da Lecce (1547 ca.-1606 ca.) che, dopo aver lavorato a Roma, Malta e Siviglia, si trasferì nel Viceregno del Peru attratto dal mito del El Dorado. Quella che emerge è la figura di un artista che seppe compiere una vera e propria scalata sociale ed economica portando avanti, accanto alla pratica pittorica, una serie di attività affaristiche come la compravendita di schiavi e di oggetti di lusso e la ricerca di tesori precolombiani e miniere.


Considerations on Matteo Pérez da Lecce on the sidelines of new documents between Lima and Seville (1590-1602)

Through the analysis of eighteen documents relating to the period between 1590 and 1602, the essay focuses on some aspects of the life and profession of the Apulian painter Matteo Perez da Lecce (1547-1606) who, after having worked in Rome, Malta and Seville, moved to the Viceroyalty of Peru attracted by the myth of El Dorado. What emerges is the figure of an artist who was able to make a real social and economic climb by carrying on, alongside the pictorial practice, a series of business activities such as the buying and selling of slaves and luxury items and the search for pre-Columbian treasures and mines.



• Domenico Pisani

Contabilità e deliberazioni confraternali della chiesa di Maria SS. Addolorata di Serra San Bruno. Documenti di interesse storico-artistico relativi al XIX e al XX secolo

Il terzo libro manoscritto relativo ai conti dell’Arciconfraternita dell’Addolorata di Serra San Bruno abbraccia un arco di tempo che va dal 1881 al 1902 e offre informazioni di sicuro interesse sulla realizzazione di oggetti e arredi sacri, come la base per la statua della Vergine, opera dell’argentiere napoletano Domenico Ferraro, o lo stendardo processionale serico ricamato a Lione. Attraverso il libro delle delibere, invece, e possibile seguire la costruzione del piedistallo, avvenuta nel 1902, collocato all’interno dell’altare proveniente dalla Certosa, realizzato in legno dipinto a finto marmo e decorato con alcuni bronzetti fanzaghiani rimasti fuori dalla ricomposizione del 1820. Sono attestati inoltre i lavori di modifica operati agli inizi del XX secolo nel braccio destro della crociera, la commissione degli ultimi quadri a completamento del ciclo iconografico e l’impresa per la costruzione della chiesa neogotica del cimitero. Le delibere, inoltre, documentano le opere compiute tra gli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, in primis la porta di bronzo e poi quella interna in legno intagliato, opere dello scultore Giuseppe Maria Pisani, oltre ai furti sacrileghi che hanno impoverito il patrimonio della chiesa.


Accounting and Archconfraternity resolutions of the church of Maria SS. Addolorata of Serra San Bruno. Documents of historical and artistic interest relating to the nineteenth and twentieth centuries

The third manuscript book relating to the accounts of the Archconfraternity of the Addolorata of Serra San Bruno covers a period of time from 1881 to 1902 and offers information of great interest on the creation of sacred objects and furnishings, such as the base for the statue of the Virgin, an artwork of the Neapolitan silversmith Domenico Ferraro, or the silk processional banner embroidered in Lyon. Through the book of resolutions, on the other hand, it is possible to follow the construction of the pedestal, which took place in 1902 It was placed inside the altar coming from the Certosa, made of wood painted in imitation marble and decorated with some bronzes of Cosimo Fanzago left out from the reassembly of 1820. The resolutions attested also the works carried out at the beginning of the twentieth century in the right side of the cross vault, the commission of the last paintings to complete the iconographic cycle and the undertaking for the construction of the neo-Gothic church of the cemetery. The resolutions also document the works completed between the fifties and sixties of the twentieth century, first of all the bronze door and then the internal one in carved wood, works carried out by the sculptor Giuseppe Maria Pisani, in addition to the sacrilegious thefts that have impoverished the patrimony of the church.



• Renato Ruotolo

Burocrazia e formazione artistica ai tempi di Ferdinando II di Borbone: documenti e appunti sul Pensionato della provincia di Calabria Citra e su alcuni pittori calabresi

Questo saggio, attraverso le carte dell’Archivio dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, intende ricostruire l’iter burocratico necessario per ottenere dai comuni o dalle province la concessione delle pensioni che permettevano agli aspiranti artisti privi di mezzi di potersi recare a Napoli per studiare presso il Real Istituto di Belle Arti. Il percorso era lungo e contorto, coinvolgeva enti periferici e ministeri allo scopo di accertare il reale bisogno e le potenzialità dei candidati. La ricerca si è concentrata sugli anni 1840-60 ed ha preso in considerazione soltanto gli aspiranti pittori della provincia di Calabria Citra, corrispondente all’attuale di Cosenza. Nel corso della ricerca sono stati reperiti documenti su artisti del cosentino che avevano richiesto il pensionato, alcuni noti, come Antonio Del Corchio, Rocco Lo Tufo, Eugenio Tano, Francesco Santoro, altri quasi se non del tutto sconosciuti, come Giulia Bellizzi, Antonio Formoso, Angelo Frianni. Quanto di inedito e emerso sulla vita e le opere di questi e di altri pittori viene qui pubblicato e messo a disposizione degli studiosi.


Bureaucracy and artistic training at the time of Ferdinand II of Bourbon: documents and notes on the pensioner of the province of Calabria Citra and on some Calabrian painters

This essay, through the papers of the Archive of the Academy of Fine Arts of Naples, reconstructs the bureaucratic process necessary to obtain from the municipalities or provinces the granting of pensions that allowed aspiring artists without means to be able to go to Naples to study at the Royal Institute of Fine Arts. The path was long and convoluted, involving peripheral bodies and ministries in order to ascertain the real need and potential of the candidates. The research is based on the years 1840-1860 and takes into consideration only aspiring painters from the province of Calabria Citra, corresponding to the current province of Cosenza. During the research documents were found on artists from Cosenza who had requested a pension, some well-known, such as Antonio Del Corchio, Rocco Lo Tufo, Eugenio Tano, Francesco Santoro, others almost if not completely unknown, such as Giulia Bellizzi, Antonio Formoso, Angelo Frianni. What has emerged about the life and works of these ones and other painters is published here and made available to scholars.



• Pasquale Faenza

Il busto reliquario di San Leo a Bova. Tecniche e stile, riutilizzi e aggiunte, adattamenti iconografici

Il contributo focalizza l’attenzione sul busto reliquario in argento di San Leo, opera del 1635 conservata nel santuario omonimo di Bova, sede diocesana nell’estremo Sud della Calabria. Le informazioni sulla tecnica esecutiva e sullo stile del simulacro emerse in occasione del restauro dell’argento, unite ad una attenta rilettura delle carte d’archivio hanno consentito all’autore di individuare una serie di interventi pregressi che lasciano pensare come il busto di San Leo sia frutto di adattamenti di un’opera ricalcante in origine un prototipo iconografico non pertinente l’immagine del monaco italo-greco, quanto quella di un santo gesuita. Nella stessa occasione l’autore fornisce un più preciso riferimento cronologico circa il periodo di esecuzione dell’attributo iconografico dell’ascia, aggiunta al busto probabilmente tra il 1675 e il 1693. Infine lo studioso rende noti altri due bolli consolari napoletani impressi nella cassa reliquario ottocentesca sulla quale giace la scultura di San Leo, tra le prime argenterie messinesi ad inaugurare la stagione barocca in Calabria.


The reliquary bust of San Leo in Bova. Techniques and style, reuses and additions, iconographic adaptations

This contribution focuses attention on the silver reliquary bust of San Leo, a work of 1635 preserved in the sanctuary of the same name in Bova, a diocesan seat in the extreme south of Calabria. The information on the executive technique and on the style of the simulacrum that emerged during the restoration of the silver, combined with a careful rereading of the archive papers, allowed the author to identify a series of previous interventions that suggest how the bust of San Leo is the result of adaptations of a work that was originally an iconographic prototype not pertaining to the image of the Italo-Greek monk, but of a Jesuit saint. On the same occasion, the author provides a more precise chronological reference about the period of execution of the iconographic attribute of the ax, added to the bust probably between 1675 and 1693. Finally, the study discloses two other Neapolitan consular stamps impressed in the reliquary case on which lies the sculpture of San Leo, one of the firstsilverware coming from Messina to inaugurate the Baroque season in Calabria.



Esperide. Cultura Artistica in Calabria nn. 23-24

È in uscita il nuovo numero della rivista Esperide. Cultura Artistica in Calabria. Per ulteriori informazioni/prenotazioni è possibile rivolgersi al Direttore Panarello, inviando una e-mail a: panarello1969@gmail.com