domenica 15 gennaio 2023

Esperide. Cultura Artistica in Calabria nn. 25-26

 


Editoriale
La Speranza

di Roberto Spadea

Uno dei più illuminati Maestri di storia antica italiani, quale fu Giovanni Pugliese Carratelli, nel discorso (oggi si deve dire “lectio magistralis”), tenuto a Napoli nel gennaio 1992, per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Istituto di Studi Filosofici, rilevava la drammaticità di quel tempo per la storia del Paese (si riferiva a Tangentopoli, allo stragismo mafioso, al crollo delle cortine di ferro) ed aggiungeva che “proprio nelle occasioni in cui sembra difficile alimentare la speranza si avverte nella profondità dello spirito una nuova fiducia nelle forze ideali”. A riprova della sua affermazione richiamava l’immagine dell’Atene prostrata dalle guerre del Peloponneso, in cui si erano succeduti uno storico come Tucidide, un maestro di vita come Socrate e un filosofo come Platone. La resistenza - concludeva Pugliese - viene dall’energia interiore mossa dalla memoria perenne della propria storia e della propria tradizione culturale. Queste parole mi sono state davanti ripensando ancora una volta ai valori della cultura e della ricerca, valori sempre di più messi da parte nel Paese, nella Regione, dalla politica nazionale e da quella locale. Ed anche quando si sia trattato di dare mano a radicali riforme degli apparati e delle istituzioni fondamentali per la formazione e per il civile progresso, si è data prova di non essere capaci di dare vita a nuovi indirizzi, ritoccando modelli collaudati sui quali si poteva intervenire in modo avveduto, senza attingere, recepire e copiare in modo quasi passivo quanto è stato fatto o si fa in altri paesi, in altre realtà che fanno capo a tradizioni, organizzazioni e strutture diverse, senza valutare il peso negativo delle ricadute, come è avvenuto ed avviene (penso con brivido all’utilizzo della lingua straniera in ambito umanistico).
La mancanza di cultura, collegata alla perdita della memoria storica, del rapporto tra passato vicino e lontano e della curiosità per fatti e luoghi è impressionante soprattutto nei giovani. A ciò concorre la “cultura mediatica” che vede la maggior parte dei giovani chini sui propri smartphones, condizionati dai messaggi mediatici che passano e convergono a far smarrire il senso della storia a vantaggio di immagini e filmati vuoti e colorati, in cui la ricerca dell’obiettività cede alla ricerca dell’effetto ad ogni costo. Per questo ricordo quando una mia amica che insegnava in una III liceo scientifico mi invitò a illustrare un importante sito archeologico della Calabria.
Al termine del breve intervento chiesi ai ragazzi quale curiosità, quale interesse, quali stimoli avesse prodotto quel luogo. Non ottenni risposta, ma seppi dopo dalla mia amica che più di una volta gli smartphones erano stati messi da parte e qualche timido interesse si era risvegliato nei giovani quando erano venuti a contatto delle rovine. Con ciò si mette in evidenza la perdita del contatto diretto con il territorio, con il paesaggio, con l’orizzonte che abbiamo davanti, perché, incalzati da ritmi vorticosi e stressanti, compiamo nella maggior parte dei casi “autoviaggi” (la definizione è del grande geografo Giuseppe Isnardi, della fine degli anni Cinquanta) che ci fanno perdere l’orizzonte e, peggio ancora, forniscono un angolo distorto di visuale che non permette di cogliere gli elementi che quel paesaggio e quelle valenze storiche costituiscono.
Da aggiungere, infine, che la crescita vertiginosa dell’urbanizzazione, avvenuta in modo selvaggio e micidiale in questi ultimi tempi, non agevola la cultura del paesaggio e la sua gestione. Non è un caso che essa si perda, soprattutto nei grandi centri abitati. Per questo quadro desolato valgono ancora le parole di Pugliese Carratelli, quando parlava di speranza e fiducia nelle forze ideali che scaturiscono dallo studio rinnovato di fatti, eventi, uomini, cose, inseriti in determinate temperie storiche, ricordando che lo studio e la ricerca, aiutati anche da nuove tecnologie, non sono soggetti a radicali mutazioni.
Allora benvenuto questo fascicolo, che diventa un esempio di come studio e aggiornamento del metodo possano aiutare la ricerca, partendo dall’analisi, elaborando ipotesi e conclusioni, aggiungendo un tassello o più tasselli alla ricostruzione della verità storica.



Abstract

Mariangela Preta
Il castello di Bivona e i suoi graffiti seicenteschi

Grazie alla campagna di scavo e di restauro, iniziata nel 2015, del rudere del castello di Bivona si è giunti a individuare nuove importanti scoperte per ricostruirne le diverse fasi di realizzazione. Sorto a poca distanza dalla linea costiera vibonese, su un’area di origine prima greca e poi romana, esso fungeva da sistema difensivo per controllare gli scali marittimi e i traffici commerciali. Grazie all’incrocio tra i dati archeologici e le fonti archivistiche è stato possibile risalire al periodo di edificazione. 
Il castello, infatti, era già in uso durante la dominazione normanna, come si evince da un Diploma del 1101. Successivamente, sotto Carlo d’Aragona, esso subì diversi rifacimenti per poi divenire un sito produttivo della canna da zucchero. Gli scavi archeologici hanno permesso di individuare le fasi distinte dello sviluppo architettonico e della pavimentazione, mentre l’interessante scoperta di graffiti raffiguranti imbarcazioni marittime, collocati lungo il muro Sud- Est e su un tratto della cinta muraria, aggiungono nuovi dati storici all’importanza del rudere.


The castle of Bivona and its seventeenth-century graffiti

Thanks to the excavation and restoration campaign of the ruin of the castle of Bivona, which began in 2015, new important discoveries have been identified to reconstruct the various stages of building. Built on a short distance from the Vibonese coastline, on an area with previously Greek and then Roman origin, it served as a defensive system to control seaports and trading networks. Thanks to the intersection of archaeological data and archival sources, it has been possible to trace the time of construction.
The castle, in fact, was already in use during the Norman domination, as evidenced by a Diploma of 1101. Subsequently, under Charles of Aragon, it received several renovations and then became a sugar cane production site. Archaeological excavations have made it possible to identify the different phases of architectural development and pavement, while the interesting discovery of graffiti depicting boats, placed along the South-East wall and on the city walls, add new historical data to the importance of the ruin.



Mario Panarello

Il recupero delle sculture rinascimentali di Terranova Sappo Minulio dopo il terremoto del 1783 e la riconsiderazione dello spiritello di Benedetto da Maiano di Philadelphia 

Il breve saggio punta l’attenzione sull’importante corredo scultoreo rinascimentale della distrutta chiesa dei Celestini di Terranova. Tali opere sono state riconsiderate attraverso una breve nota inventariale del 1784 relativa ai brani marmorei recuperati all’indomani del sisma che distrusse gran parte dei centri di “Calabria Ultra” nel febbraio del 1783. Oltre al recupero del bassorilievo di un Presepe, attestato da fonti e documenti, di cui si ignora la successiva sorte, il documento chiarisce l’iconografia della tavola marmorea della Madonna col Bambino di Benedetto da Maiano, denominata Madonna di Monserrato appartenente alla cappella del duca Marino Correale. Inoltre viene fatto riferimento al recupero di un putto marmoreo, molto probabilmente identificabile con lo spiritello assegnato al medesimo scultore fiorentino che si trova nel Museum of Art di Philadephia, precedentemente connesso al corredo scultoreo dell’omologo altare della chiesa napoletana di Santa Maria di Monteoliveto.


The recovery of the Renaissance sculptures from Terranova Sappo Minulio, after the 1783 earthquake in an archival document and the reconsideration of the Philadelphia “Spiritello”

This short essay focuses on the important Renaissance sculptural equipment of the destroyed church of the Celestines monks from Terranova. These works were considered thanks to a 1784 brief inventory note, relating to the marble pieces recovered right after the earthquake that destroyed most towns of “Calabria Ultra” in February 1783. In addition to the recovery of a low relief of a Nativity, attested by sources and documents of which the subsequent fate is unknown, the paper clarifies this iconography of the Madonna and Child marble panel by Benedetto da Maiano, named “Madonna di Monserrato” and coming from the Duke Marino Correale chapel. It also refers to the recovery of a marble putto, most likely identifiable with the Spiritello di Philadelphia assigned to the same Florentine Sculptor and housed in the Philadelphia Art Museum, previously connected to the sculptural inventory of the homologous altar of the Neapolitan church in Santa Maria di Monteoliveto.





Mario Panarello
Fra persistenze rinascimenti e istanze controriformate: Michelangelo Naccherino e Pietro Bernini
in un’inedita statua della Madonna delle Grazie a Vasto

L’inaspettata identificazione di un’inedita statua: la Madonna delle Grazie, della chiesa di San Francesco di Paola a Vasto, databile credibilmente fra il 1604 ed il 1606, aggiunge un’opera, seppure non rilevante, al percorso maturo di due artefici toscani ai quali è stata restituita: Michelangelo Nacherino e Pietro Bernini, fra i protagonisti della scultura nella Napoli del tempo. Essa comunque costituisce un tassello importante per comprendere il complesso mondo di collaborazione dei diversi artefici nelle botteghe degli scultori attivi nei primi del Seicento, rimandando alle più impegnative imprese di quegli anni che videro coinvolte figure dalla diversificata produzione espressiva. Nacherino, a cui la committenza vastese si rivolge, nella statua in questione manifesta quell’austero linguaggio figurativo, ligio ai dettami della Controriforma, offrendo lo spunto per alcune riflessioni sui possibili modelli di riferimento considerati dall’artista che appare rivolto alla chiarezza espressiva del Rinascimento toscano.


Over Renaissance persistence and Counter-Reformation requests: Michelangelo Naccherino
and Pietro Bernini in an original Madonna delle Grazie statue in Vasto

The unexpected identification of an unprecedented statue, the Madonna delle Grazie, from the church of San Francesco di Paola in Vasto, credibly datable between 1604 and 1606, adds a work although not 
relevant, to the mature path of two Tuscan craftsmen to whom this statue was give back: Michelangelo
Nacherino and Pietro Bernini, among the main artists of sculpture in Naples at that time. However, it represents an important element in order to understand the complex world of collaboration of the various craftsmen in the sculptors' workshops working in the early seventeenth century, referring to the most demanding challenges in those years which involved figures with a diversified expressive production. Nacherino, to whom clients from Vasto addresses himself, with this statue he represents an austere figurative language, loyal to the dictates of the Counter-Reformation, offering the starting point for some considerations about the possible reference models considered by the artist who seems to be aimed at the expressive clarity of the tuscan Renaissance.




Christian de Letteriis
Aggiunte a Gennaro de Martino, marmoraro napoletano

Il saggio si propone di incrementare il catalogo delle opere del marmoraro Gennaro de Martino, attivo a Napoli nella prima metà del XVIII secolo, fino al 1763, anno di morte. Al maestro si deve l’altare maggiore della chiesa conventuale di San Gregorio Taumaturgo in Stalettì, realizzato entro il 1757 e destinato a ospitare nel paliotto le reliquie del Santo, patrono della cittadina calabrese. Tra il 1757 e il 1759 risulta impegnato nell’esecuzione dell’altare, della “cona” e della balaustrata della cappella della congregazione dei morti nella Cattedrale di Santa Maria Capua Vetere, impresa portata a compimento sotto la direzione del regio ingegnere Ignazio de Blasio. De Martino allestì in questo caso un sontuoso apparato, destinato a garantire un degno alloggiamento al Compianto sul Cristo morto, tela firmata da Francesco De Mura e datata 1757. Sulla base di documenti è possibile, infine, ricondurre al maestro l’altare maggiore della chiesa della SS. Annunziata in Sorrento, databile ai primi anni Sessanta del secolo.


Some additional information about Gennaro de Martino, Neapolitan marble worker

The essay aims to increase the catalog of the works of the marble worker Gennaro de Martino, active in Naples in the first half of the 18th century, until 1763, the year of his death. The master was responsible for the main altar of the convent church of San Gregorio Taumaturgo in Stalettì, built around 1757 and intended to house the relics of the Saint, patron saint of the Calabrian town Stalettì. Between 1757 and 1759 he was engaged in the execution of the altar, the “cona” and the balustrade of the chapel of the congregation of the dead in the Cathedral of Santa Maria Capua Vetere, which was completed under the direction of the royal engineer Ignazio de Blasio. In this case, De Martino set up a sumptuous apparatus, intended to ensure a worthy housing for the Lamentation over the Dead Christ, a canvas signed by Francesco De Mura and dated 1757. Finally, on the basis of some documents it is possible to trace the main altar of the church back to the master of the SS. Annunziata in Sorrento, datable to the early sixties of the century.





Stefano Seta
Nuovi apporti per Genesio Galtieri ritrattista

Il lavoro è incentrato su due ritratti realizzati da Genesio Galtieri (1737-1810) per la famiglia Vaccari durante il suo soggiorno a Fuscaldo, dove dipinse gran parte delle tele conservate nella parrocchiale intitolata a San Giacomo. I due dipinti ritraggono Giuseppe Maria Vaccari, in abiti aristocratici, e il sacerdote Eugenio con i tradizionali attributi dei padri Redentoristi. Emergono, dal confronto con le altre opere note dell’artista, le notevoli capacità di descrivere i particolari fisiognomici ed espressivi dell’effigiato, cui si aggiunge la discreta qualità materica. L’analisi stilistica è accompagnata da un approfondimento del significato sociale delle immagini, attraverso le quali il patriziato urbano certificava l’acquisizione di un determinato status sociale. All’interno del quadro fortemente accidentato che avvolge la ritrattistica in Calabria, il corpus delle opere riconducibili al pittore di Mormanno costituisce un unicum che ne accresce il valore ed evidenzia al contempo la necessità di ulteriori sviluppi bibliografici.


New contributions for portraitist Genesio Galtieri

This work focuses on two portraits made by Genesio Galtieri (1737-1810) for the Vaccari family during his stay in Fuscaldo, where he painted most of the canvases preserved in the parish church dedicated to San Giacomo. These two paintings portray Giuseppe Maria Vaccari, in aristocratic clothes, and the priest Eugenio with the traditional attributes of the Redemptorist fathers. From the comparison with the artist’s other known works, the remarkable ability to describe the physiognomic and expressive details of the portrayed emerges, to which is added the good material quality. The stylistic analysis is supported by an in-depth study of the social meaning of the images, through which the urban patriciate certified the acquisition of a certain social status. Within the highly rough picture that surrounds portraiture in Calabria, the corpus of works attributable to the painter from Mormanno constitutes a unicum that increases its value and at the same time highlights the need for further bibliographic developments.




Domenico Pisani
Il monumento ai caduti di Serra San Bruno, opera di Aurelio Mistruzzi

Alla conclusione della grande guerra Serra San Bruno contò 103 vittime ed iniziò subito l’iter che portò all’erezione del monumento ai caduti. Negli archivi comunali si può ritrovare tutta la documentazione necessaria a seguirne le tracce. Nonostante fossero state avviate trattative con lo scultore calabrese Vincenzo Romeo, il contratto fu firmato dal friulano Aurelio Mistruzzi per un fante vittorioso in bronzo che oggi possiedono pure i comuni di Basiliano, Teglio Veneto, Alpicella di Varazze, Grottaminarda e Chiaramonte Gulfi. Lo scalpellino Biagio Lomoro realizzò in granito locale un artistico basamento su disegno dello scultore serrese Giovanni Scrivo, che intrattenne rapporti non sempre sereni con lo scultore friulano.


The war memorial of Serra San Bruno, an artwork by Aurelio Mistruzzi

At the end of the great war, Serra San Bruno counted 103 victims and immediately began the process
that led to the building of the war memorial. In the municipal archives you can find all the documentation necessary to follow the traces. Although negotiations had begun with the Calabrian sculptor Vincenzo Romeo, the contract was signed by the Friulian Aurelio Mistruzzi for a victorious bronze of an infantryman who today also is owned by the municipalities of Basiliano, Teglio Veneto, Alpicella di Varazze, Grottaminarda and Chiaramonte Gulfi. The stonemason Biagio Lomoro made an artistic base in local granite based on a design by the Serrese sculptor Giovanni Scrivo, who had not always serene relations with the Friulian sculptor.




Domenico L. Giacovelli
Le vestigia di un culto (dimenticato) in terra jonica: splendori e miserie della martire Filomena

Oggi il culto verso santa Filomena si è notevolmente ridotto; si perpetua sostanzialmente nella devozione alla santa ancora viva in alcuni luoghi. In passato - e soprattutto nella seconda metà del XIX
secolo, quando il culto era alla sua massima espansione – la devozione nei suoi confronti si diffuse fortemente per poi decrescere in maniera abbastanza repentina, dopo che il nome della santa fu cancellato dal calendario generale della Chiesa Cattolica Chiesa. Se ne trovano, tuttavia, interessanti tracce - oltre che nel patrimonio archivistico - nelle testimonianze artistiche spesso patrocinate dalla pietà dei fedeli, alcune di particolare pregio come altre caratterizzate da grande semplicità.


The vestiges of a (forgotten) cult in the Ionian land: splendor and misery of the martyr Filomena

Today the worship towards santa Filomena has greatly reduced; it is substantially perpetuated in the devotion to the saint alive in some places. In the past - and especially in the second half of the XIX century, when the worship was in maximum expansion - it spread strongly and then it decreased in a quite sudden, after the name of the saint was expunged from the general calendar of the Catholic Church. However, there are interesting traces of it - as well as in the archival heritage - in the artistic testimonies often sponsored by the piety of the faithful, some of particular value such as others characterized by great simplicity.





Maria Teresa Sorrenti
Ingegneri scultori e scalpellini nel Cimitero Monumentale di Reggio Calabria tra 800 e 900. Primi
appunti di una ricerca

Le pubblicazioni aventi ad oggetto l’arte cimiteriale, susseguitesi dagli anni ’70 del 900 ad oggi, hanno
messo ben in luce la centralità che lo studio della produzione a destinazione funeraria riveste per la conoscenza dei “fatti artistici” lungo un arco cronologico che comprende tutto il XIX secolo ed i decenni antecedenti il secondo conflitto mondiale: essa coinvolse infatti – come emerge dalle realtà indagate – architetti ed artisti di primo piano “ingaggiati” dalla borghesia desiderosa di «tramandare per l’eternità il ricordo delle virtù terrene di uomini laboriosi, mogli e madri esemplari, soldati senza paura, bambinetti innocenti». Ciò avvenne anche nella più periferica Reggio Calabria ed il presente saggio costituisce un primo risultato della ricerca in itinere, nata nell’ambito delle finalità di tutela e valorizzazione del patrimonio svolto dalla sezione reggina di Italia Nostra.


Engineers, sculptors and stonecutters in the Monumental Cemetery of Reggio Calabria between
the 19th and 20th centuries. First research notes.

Publications concerning the cemetery art from the 1970s thus far have clearly highlighted the centrality
that the study of production for funerary purposes plays for the knowledge of “artistic facts” along a chronological period that includes throughout the 19th century and the decades prior to the Second World War. It involved - as emerges from the investigated realities - prominent architects and artists “hired” by the Bourgeoisie which wanted to “preserve the memory of the earthly virtues of hardworking men, exemplary wives and mothers, fearless soldiers, innocent children for eternity”. This also took place in the more suburban Reggio Calabria and this essay represents a first result of research in progress, born with purposes of protection and enhancement of the heritage carried out by the Reggio Calabria branch of “Italia Nostra”.





Francesco De Nicolo
Huellas de arte italiano en la Arequipa virreinal

Il saggio propone un itinerario alla ricerca delle tracce di arte italiana dell’epoca viceregia esistenti in Arequipa, seconda città del Perù ed importante centro nell’antico Viceregno. Da questo percorso emergono le figure di Matteo Pérez de Alesio (da Lecce) e, soprattutto, di Bernardo Bitti. È l’occasione,
inoltre, per precisare le vicende del gesuita napoletano Giuseppe Avitavili, che si considerava continuatore della lezione bittesca. L’articolo prosegue con l’analisi di altre testimonianze d’arte e cultura italiane relative ai secoli XVII e XVIII, tre cui oggetti di lusso, reliquie, iconografie e culti come quello di San Gennaro, eletto patrono di Arequipa per la sua protezione contro le eruzioni vulcaniche.

Huellas de arte italiano en la Arequipa virreinal
The essay proposes an itinerary in search of the traces of Italian art of the Viceroyal era existing in Arequipa, the second largest city in Peru and an important center in the ancient Viceroyalty. From this path emerge the figures of Matteo Pérez de Alesio (from Lecce) and of, above all, Bernardo Bitti. It is also an opportunity to clarify the events of the Neapolitan Jesuit Giuseppe Avitavili, who considered himself the continuer of the Bittesque lesson. The article continues with the analysis of other
evidencies of Italian art and culture relating to the seventeenth and eighteenth centuries, including luxury objects, relics, iconographies and cults such as that of San Gennaro, elected patron of Arequipa for his protection against volcanic eruptions.





Francesco Polopoli
Una rara fonte per la storia e l'archeologia della preistoria in Calabria

È una memoria di reperti preistorici, quella di G. Nicolucci, sul materiale paleontologico meridiano, riletta anche alla luce delle pregevoli monografie (editate negli Atti della R. Accademia dei Lincei) del capitano Ruggero e del Dott. Domenico Lovisato (1878). Lo scritto vuole riconsegnare integralmente questa testimonianza primo-personale, con lo scopo di evidenziare il non facile lavoro classificatorio di 82 reperti (provenienti da province calabresi) in pieno periodo postunitario. La descrizione degli oggetti, i luoghi in cui furono rinvenuti, le collezioni nelle quali si trovano, gli autori che ne fanno menzione rinforzano l’attitudine scientifica ad una rigorosa sistematizzazione: tuttavia il corredo fotografico è limitato ad una parte residua del materiale proposto. Indipendentemente da ciò, desta interesse il fatto di integrare le informazioni archeologiche con nozioni mineralogiche atte ad inquadrare la natura litica dei rinvenimenti calabresi.


A rare source for the history of prehistoric archeology in Calabria

It is a memory of prehistoric finds, the one of G. Nicolucci, about the meridian paleontological material, also reread under the light of the valuable monographs (published in the “Atti della R. Accademia dei Lincei”) from Captain Ruggero and Dr. Domenico Lovisato (1878). The paper intends to fully return this first-personal testimony, in order to highlight the difficult classifying work of 82 finds (coming from Calabrian provinces) in the full post-unification period. The description of the objects, the places where they were found, the collections in which they are in, the authors who mention them reinforce the scientific aptitude to a rigorous systematization: however, the photographic equipment is limited to a residual part of the proposed material. Regardless of this, the fact of integrating archaeological information with mineralogical notions with the purpose of contextualizing the lithic nature of the Calabrian finds is of interest.




Stefania Bosco
Santa Maria delle Armi. Il ritrovamento dell’antico impianto e degli affreschi dietro l’altare maggiore

L’articolo documenta il ritrovamento dell’antico impianto e degli affreschi dietro l’altare maggiore del Santuario di Santa Maria delle Armi. Nella definizione delle zone su cui effettuare i saggi si sceglieva di iniziare dalla parete di sinistra dell’altare maggiore ed è stato rinvenuto un importante affresco ascrivibile al secolo XIV raffigurante l’Arcangelo Gabriele. Un secondo saggio è stato effettuato sulla parete di destra dell’altare maggiore dove veniva scoperto, su una parete trasversale a quella dell’altare, un affresco raffigurante la Madonna con il Bambino ascrivibile al secolo XV ed è chiaramente visibile un altro affresco, di cui si legge una mano benedicente alla maniera orientale, che non è stato scoperto per ragioni di sicurezza data la necessità di uno scavo profondo nello spessore murario per cui bisognava mettere prima in sicurezza la parete soprastante.Certamente raffigura San Giovanni il Battista. Sulla parete di sinistra, accanto all’affresco raffigurante l’Arcangelo Gabriele, si scopriva l’esistenza di un varco che dava la possibilità di ispezionare il retro della parete su cui poggia l’altare maggiore. Da qui è evidente la presenza di un vano retrostante. L’esplorazione del vano dietro l’altare maggiore ha permesso di osservare la presenza di una nicchia con il fondo piatto posta proprio dietro l’altare marmoreo,quasi in asse con esso. Mediante l’ausilio di un braccio telescopico e una fotocamera compatta con grandangolo è stata effettuata una documentazione fotografica e riprese video.Sul fondo piatto della nicchia si è rilevata la presenza di un affresco raffigurante la Vergine con il Bambino ascrivibile alla fine del XIII secolo, probabilmente l’antica Santa Maria delle Armi.Questa scoperta conferma pienamente l’analisi dello studioso padre Francesco Russo che si fonda su documenti e su collegamenti storici che ipotizza l’esistenza di questo luogo già nel periodo bizantino e precisamente nel secolo X. Ciò trova perfetto riscontro con la scoperta di questa struttura architettonica e delle pitture di cui padre Russo ne intuiva l’esistenza immaginando una cappella votiva che doveva essere di proporzioni piuttosto ristrette che in seguito fu trasformata in una vera chiesa.


Santa Maria delle Armi. The discovery of the ancient plant and the frescoes behind the main altar

The article documents the discovery of the ancient structure and the frescoes behind the main altar of the Sanctuary of Santa Maria delle Armi. In defining the areas on which to carry out testing under the ancient plasters, it was decided to start from the left wall of the main altar. and an important fresco was found depicting the archangel Gabriel ascribable to the XIV century. A second test was carried out on the right wall of the main altar where a fresco depicting the Virgin with Child ascribed to the 15th century was discovered on a wall transversal to that of the altar. Another fresco is clearly visible, of which we can read a blessing hand in the oriental manner, which was not discovered for safety reasons. It was necessary to make a deep excavation for which it was necessary to first secure the wall above. It certainly represents St. John the Baptist. On the left wall, next to the fresco depicting the Archangel Gabriel, the existence of an opening was discovered that gave the possibility to inspect the back of the wall on which the main altar rests. From here it is evident the presence of a space behind it. The exploration of the space behind the main altar made it possible to observe the presence of a niche with a flat bottom placed behind the marble altar, almost in line with it. With the aid of a telescopic arm, a camera and a wide angle, photographic documentation and video footage were made. On the flat bottom of the niche there is a fresco depicting the Virgin and Child attributable to the end of the 13th century, probably the ancient Santa Maria delle Armi. This discovery fully confirms the analysis of Father Francesco Russo which is based on documents and historical links which hypothesizes the existence of this place in the Byzantine period and precisely in the 10th century. This is perfectly matched by the discovery of this architectural structure and of the paintings of which Father Russo sensed its existence by imagining a votive chapel that must have been rather restricted in proportions which was later transformed into a real church.

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