lunedì 5 luglio 2021

Esperide a. XI, nn° 21-22, 2018

 


Editoriale

STRATEGIA DELLA (DIS)ATTENZIONE AI BENI CULTURALI

di Mario Panarello, Dario Puntieri


È oramai un topos il tema della inadeguata conservazione dei beni culturali in Calabria, e non per indulgere alla pratica del lamento, ma a causa del ciclico ripetersi di situazioni paradossali che suggeriscono serie riflessioni. La consueta riproposizione di problemi da tempo insoluti trova causa principalmente in una politica regionale insufficiente, estranea alla cultura del territorio ed ignara delle coordinate fondamentali della storia e dell’arte calabrese. Di conseguenza le figure preposte alla tutela e alla salvaguardia dei beni sono spesso inconsistenti e, nei casi in cui siano animate quantomeno da buone intenzioni, tanto ostacolate da inficiare ogni lavoro costruttivo. È palpabile inoltre la distanza fra gli studi prodotti dalle figure professionali e gli operatori del settore culturale e turistico, tanto da far rimanere le competenze relegate in ambiti ristretti (nel migliore dei casi) senza arrivare a quanti dovrebbero beneficiarne. L’offerta turistica, inoltre, priva di strategie, viene affidata alla buona volontà di pochi, quando un suo rilancio potrebbe essere importante e significativo per i beni culturali anche laddove già esiste una “strategia dell’attenzione” per far nascere un’auspicabile rete che possa comunicare, a quanti ne vogliano usufruire, il valore intrinseco delle opere e non solo quello esteriore, spesso deturpato e martoriato dalle ingiurie del tempo. Siamo sempre più convinti, soprattutto in mancanza di manifestazioni eclatanti e immediatamente riconoscibili, che i beni culturali in Calabria abbiano bisogno di studi attenti che ne possano spiegare le dinamiche storiche e le prerogative, definendone il carattere e l’unicità: le opere d’arte, infatti, non ci dichiarano esplicitamente il loro contenuto né il loro background ma hanno bisogno di una puntuale esegesi critica. Rimane ancora aperto il problema dell’istruzione storico-artistica a vari livelli. Infatti si avverte una profonda scollatura tra gli studi teorici e la storia dei luoghi, una visione questa, opposta alla moderna museomania che spesso genera luoghi grigi, spesso non adeguatamente allestiti, e dotati di opere decontestualizzate, contenitori che difficilmente riescono a raccontare e a spiegare il contesto per riscuotere il giusto interesse. Tutto questo è aggravato dal fatto che musei e chiese non sono regolarmente fruibili anche per la mancanza di una strategia e di un’organizzazione. Ancora purtroppo la figura dello storico dell’arte ha difficoltà a trovare una giusta collocazione professionale, ed è spesso soggetta a dinamiche distorte che promuovono come in un gioco perverso persone inadeguate ma ben sostenute, che spesso non hanno la giusta lungimiranza per risollevare le sorti di un settore fondamentale per lo sviluppo di questa regione sempre più alla deriva. Si pensi che qualche anno fa un uomo delle istituzioni ebbe a dire che non avrebbe promosso l’unica rivista esistente sui beni culturali e sulla storia dell’arte in Calabria a causa dell’esiguità dei suoi lettori. È singolare che difronte ad una proposta culturale di spessore molti si dicono pronti a sostenerla ma, quando si arriva a concretizzare il progetto, inesistenti vizi di forma si frappongono in maniera pretestuosa perché si preferiscono sagre e feste rionali o manifestazioni che, magari valide, sono inficiate da familismo amorale o da semplici clientele. È logica conseguenza, a questo punto, che di fronte ad emergenze storico-architettoniche di rilevanza considerevole si auspichi addirittura il crollo, come accade drammaticamente per il palazzo Bisogni di Briatico, o che si smantelli nell’indifferenza generale un palazzo vincolato, come sta accadendo a Vibo Valentia agli interni del palazzo di Francia, decorati in occasione della visita in Calabria di Gioacchino Murat. Oppure ancora si potrebbe menzionare, tra tanti altri, il caso delle statuine di ambito sanmartiniano custodite nella chiesa matrice di Montauro, un tempo dorate a mercurio ed oggi inspiegabilmente rivitalizzate da un bagno galvanico. 

A partire da questo numero Esperide si arricchisce di un ulteriore componente internazionale del comitato scientifico, il prof. Rafael López Guzmán, cattedratico dell'Università di Granada (Spagna), in linea col nuovo più ampio respiro meridionale e mediterraneo della nostra rivista. Allo stesso tempo prende forma il nostro nuovo sito internet, strumento indispensabile per una maggiore diffusione delle nostre ricerche.


Abstract

• Lorenzo Coscarella, Dalla storia all’opera: il fonte battesimale della Paterno aragonese 

A Paterno Calabro, in provincia di Cosenza, è presente un antico fonte battesimale in tufo, custodito attualmente nella chiesa del convento dei Minimi di San Francesco di Paola ma proveniente dalla chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista. L’opera presenta una fascia con iscrizione in caratteri gotici, che permette di datarlo al 1442, e uno stemma che in questa sede viene identificato con quello in uso nel Regno di Napoli dopo la conquista aragonese, raggiunta da Alfonso il Magnanimo proprio in quell’anno. A conferma di come l’Arte possa diventare testimonianza della Storia, l’iscrizione e lo stemma collocano il manufatto all’interno del contesto in cui venne realizzato. Alcuni documenti dell’Archivio di Stato di Cosenza, inoltre, contribuiscono a gettare luce su molte vicende della Paterno del XV secolo. Il “fonte aragonese” di Paterno si inserisce così in un ristretto gruppo di opere pre-rinascimentali relative ad un secolo, il Quattrocento, che vide la Calabria funestata da lotte intestine tra fazioni che si contendevano il potere a livello locale e nazionale. 

From history to artwork: the baptismal font of the Aragonese Paterno.

In the town of Paterno Calabro, in the province of Cosenza, there is an ancient baptismal font made of tuff, currently placed in the church of the convent of the Minims of San Francesco di Paola but coming from the parish church of San Giovanni Battista. The work has a band with an inscription in Gothic characters, which allows it to be dated to 1442, and a coat of arms which is identified with that one in use in the Kingdom of Naples after the Aragonese conquest, reached by Alfonso the Magnanimous in that year. To confirm how art can become a testimony of history, the inscription and the coat of arms place the artifact within the context in which it was created. Furthermore, some documents from the State Archives of Cosenza contributed to shedding light on many events occurred in the Paterno of the 15th century. The “Aragonese baptismal font “ of Paterno thus can be included into a small group of pre-Renaissance works relating to a century, the fifteenth century, which saw Calabria ravaged by fighting between factions competing for local and national power.  


• Pasquale Faenza, Su Giovambattista Mazzolo e su una sua inedita scultura dell’antica Matrice di Gioia Tauro.

Il contributo è incentrato sull’attribuzione a Giovambattista Mazzolo di un’inedita scultura in marmo, oggi nella chiesa di Sant’Antonio di Padova a Gioia Tauro (RC), identificata nella Madonna con Bambino segnalata nella visita pastorale del 1587 sull’altare centrale della chiesa gioiese di Sant’Ippolito. Dall’analisi stilistica dell’opera e da ricerche d’archivio lo studioso propone una datazione ai primi anni trenta del XVI secolo, indicando, quale probabile committente, un prelato dell’entourage del cardinal Andrea della Valle, vescovo di Mileto (1508-1523) e archimandrita del Santissimo Salvatore di Messina, prima tra il 1519 e il 1524 e in seguito tra il 1530 e il 1532. La scultura gioiese ha inoltre offerto spunti di riflessione per indagare le tappe fondamentali della carriera artistica del Mazzolo, probabilmente iniziata in patria, a contatto con gli scultori ornatisti di Pietrasanta e le suggestioni antiquarie provenienti sia dagli affreschi lucchesi di Amico Aspertini, sia dalle imprese dei maestri lombardi e toscani, attivi tra la Toscana e la Liguria tra Quattro e Cinquecento.

Giovambattista Mazzolo and his unpublished sculpture of the ancient Church of Gioia Tauro.

The contribution focuses on the attribution to Giovambattista Mazzolo of an unprecedented marble sculpture, today located in the church of Sant’Antonio di Padova in Gioia Tauro (RC), which can be identified in the Madonna with Child reported in the pastoral visit of 1587 on the central altar of the church of Sant’Ippolito in Gioia Tauro. From the stylistic analysis of the work and from some archive researches, the scholar proposes a dating to the early thirties of the sixteenth century, indicating, as a probable patronage, a prelate from the entourage of Cardinal Andrea della Valle, bishop of Mileto (1508-1523) and Archimandrite of the Santissimo Salvatore of Messina, first between 1519 and 1524 and later between 1530 and 1532. The sculpture also offered food for thought to investigate the fundamental stages of Mazzolo’s artistic career, which probably began in his homeland, in contact with the ornatist sculptors of Pietrasanta and the antiquarian suggestions coming both from the Lucca frescoes by Amico Aspertini and from the works of the Lombard and Tuscan masters, active in Tuscany and Liguria between the fifteenth and sixteenth centuries.


• Mario Panarello, Una “buona scultura della scuola di Michelangelo”. La statua di San Nicola della cattedrale di Mileto e la nuova attribuzione a Giovan Angelo Montorsoli. 

Attribuita ai Caccavello, la grande e sfortunata statua marmorea di San Nicola in cattedra del duomo di Mileto, commissionata dal presule di origine romana Quinzio de Rustici, non ha avuto sino ad ora la giusta attenzione da parte degli studiosi. Il presente contributo dopo aver delineato l’ambiente culturale del committente, le vicende storiografiche legate al simulacro, nonché le vicissitudini dell’opera dalla sede d’origine a quella attuale, ripropone un’analisi più attenta, presentando un nuovo orizzonte attributivo rivolto verso una più diretta cultura di ascendenza michelangiolesca, indicando nella produzione di Giovanni Angelo Montorsoli e nel suo soggiorno a Messina, fra il 1547 ed il 1557, numerosi appigli significativi attraverso i quali giustificare i nuovi confronti attributivi. Del resto dirette citazioni michelangiolesche costellano l’opera che è una delle statue più significative dell’epoca giunte nella regione, nella quale è possibile cogliere il riflesso della grande statuaria celebrativa pontificia, che inizia a consolidarsi nei primi del Cinquecento, diventando inoltre sintomatica del diffondersi dei modelli di Buonarroti in alcune soluzioni plastiche e in taluni dettagli decorativi. 

A “good sculpture of the school of Michelangelo”. The statue of San Nicola in the cathedral of Mileto and the new attribution to Giovan Angelo Montorsoli. 

Attributed to the Caccavello family, the large and unfortunate marble statue of San Nicola in Cattedra of the cathedral of Mileto, commissioned by the Roman prelate Quinzio de Rustici, has not received until now the right attention from scholars. This contribution, after having outlined the cultural environment of the patronage, the historiographical events linked to the simulacrum, as well as the vicissitudes of the work from the place of origin to the current one, proposes a more careful analysis, presenting a new attribution horizon turned towards a more direct culture of Michelangelo’s ancestry, indicating in the production of Giovanni Angelo Montorsoli and in his stay in Messina, between 1547 and 1557, numerous significant holds through which to justify the new attributive comparisons. After all, direct quotations by Michelangelo are present in the work which is one of the most significant statues of that time arrived in the region, in which it is possible to grasp the reflection of the great papal celebratory statuary, which began to consolidate in the early sixteenth century, also becoming symptomatic of its spread of Buonarroti models in some plastic solutions and in some decorative details.


• Mario Panarello, Verso la Sicilia. Brani scultorei settecenteschi: il Dio Padre di Bagnara ed altre opere calabresi.

Il breve contributo è incentrato su alcune opere di scultura settecentesca in Calabria ritenute di provenienza messinese, poco considerate dagli studi a causa della perdita e frammentazione del patrimonio artistico a seguito dei disastrosi terremoti che hanno afflitto i centri dello Stretto. Grazie alla presenza di opere documentate è stato possibile proporre l’attribuzione di alcune statue siciliane e di riconsiderarne più attentamente altre calabresi che per qualità si rapportano ai prodotti di alcune botteghe attive a Messina. In particolare l’attenzione è stata rivolta alla danneggiata statua di Dio Padre della chiesa del Rosario di Bagnara Calabra, per la quale, in connessione all’altare sottostante, identificato presumibilmente con quello maggiore dell’antica chiesa dei dodici Apostoli del medesimo centro da cui la scultura proviene, è stata proposta come ipotesi di lavoro un’attribuzione allo scultore Giuseppe Buceti di Messina, autore fra l’altro della guglia dell’Immacolata della piazza del duomo dell’importante centro siciliano. 

Towards Sicily. Eighteenth-century sculptural pieces: the Dio Padre di Bagnara and other Calabrian works.

This short contribution focuses on some eighteenth-century sculpture works placed in Calabria and considered to be originating of Messina, not much considered by studies due to the loss and fragmentation of the artistic heritage following the disastrous earthquakes that afflicted the centers of the area of the Stretto. Thanks to the presence of documented works, it was possible to propose the attribution of some Sicilian statues and to reconsider more carefully other Calabrian artworks and statues that could be compared for their quality to the products of some art workshops operating in Messina. In particular, great attention was paid to the damaged statue of the Dio Padre of the church of the Rosario of Bagnara Calabra, for which, in connection with the underlying altar, presumably identified with the greater one of the ancient church of the twelve Apostles of the same town from which the sculpture originates, was proposed as a working hypothesis an attribution to the sculptor Giuseppe Buceti of Messina, author of the steeple of the Immaculate Conception in the cathedral square of the important Sicilian center.


• Antonio Cosentino, Profilo artistico di un'architettura perduta: la settecentesca chiesa del Rosario di Bagnara Calabra 

Il saggio ha l’obiettivo di effettuare una ricognizione storico-artistica della Chiesa tardo settecentesca del Rosario di Bagnara Calabra, eretta in seguito al terribile sisma del 1783 e danneggiata da quello di inizio XX secolo. L’intento è quello di evidenziare le peculiarità architettoniche e puramente artistiche del fabbricato, sottolineando le tangenze con gli edifici coevi del territorio calabrese. La consultazione di fonti di archivio ha permesso di individuare le maestranze attive nel cantiere e chiarire il ruolo ricoperto nell’esecuzione dei lavori. Attraverso l’incrocio delle informazioni recuperate, documentali e grafiche, si è tentato di restituire una immagine quanto più fedele di questa architettura settecentesca purtroppo ormai perduta. 

Artistic profile of a lost architecture: the eighteenth-century church of the Rosario di Bagnara Calabra.

The essay aims to carry out a historical-artistic survey of the late eighteenth-century church of the Rosario di Bagnara Calabra, built following the terrible earthquake of 1783 and damaged by that one of the early twentieth century. The intent is to highlight the architectural and purely artistic peculiarities of the building, emphasizing its links with other coeval buildings of the Calabrian area. The consultation of archive sources allowed to identify the workers active on the site and clarify the role played in the execution of the works. Through the intersection of the information recovered, both documentary and graphic, an attempt was made to restore an image as faithful as possible of this eighteenth-century architecture, unfortunately now lost.


•  Simona Anna Vespari, Nuove considerazioni sulla chiesa di San Sergio e Soci a Vallefiorita.

Il presente contributo si concentra sulle fasi costruttive della chiesa Matrice di Vallefiorita, riedificata in seguito al sisma del 1783. Attraverso una rilettura della documentazione archivistica è stato possibile analizzare la lunga vicenda che ha interessato la ricostruzione del sito – il cui termine post quem si pone in maniera sicura al 1796 – inserendola coerentemente in un discorso più ampio che abbraccia buona parte della Calabria Ulteriore; attraverso specifici confronti con altri monumenti si è notato come esso si inserisca all’interno di un linguaggio architettonico diffuso sul territorio calabrese. Di non secondaria importanza è, inoltre, la discussione intorno all’architetto che si occupò della riedificazione della chiesa Matrice, Giuseppe de Furia, figura ancora da riscoprire pienamente ma a cui, in via ipotetica, pare collegarsi un Giuseppe Furia di Napoli impegnato nella decorazione a stucco della Cattedrale di Squillace nel 1796 e a cui va assegnato anche il monumento funebre del vescovo Nicola Notaris. 

New considerations on the church of San Sergio e Soci in Vallefiorita.

This contribution focuses on the construction phases of the Chiesa Matrice of Vallefiorita, rebuilt following the 1783 earthquake. Through a series of new studies of the archival documentation it was possible to analyse the long story that involved the reconstruction of the site – whose term post quem arises to 1796 – inserting it coherently in a wider discourse that embraces a good part of the so called Calabria Ulteriore; through specific comparisons with other monuments it was noted how it fits within an architectural language widespread in the Calabrian territory. Of no secondary importance is also the discussion around the architect who took care of the rebuilding of the main church, Giuseppe de Furia, a figure yet to be fully rediscovered but to whom, hypothetically, seems to be connected a Giuseppe Furia from Naples who is involved in the stucco decoration of the Cathedral of Squillace in 1796 and to whom is also attributed the funeral monument of bishop Nicola Notaris.


•  Adrián Contreras-Guerrero, Francesco De Nicolo, Culti calabresi nel Nuovo Mondo: il caso di San Domenico di Soriano e di San Francesco Saverio di Potami.

Il saggio focalizza l’attenzione su due culti che caratterizzano il territorio calabrese che, in Età Moderna, vengono trapiantati nei Viceregni americani in virtù delle strategie di propaganda controriformistica degli Ordini religiosi. Il culto per San Domenico di Soriano, in particolar modo, è attestato da numerose testimonianze iconografiche a Cuzco, Lima e soprattutto Bogotà. Nella stessa capitale colombiana è attestato anche il culto, di matrice gesuitica, per San Francesco Saverio di Potami del quale esisteva una tela nella chiesa della Compagnia. La compresenza a Bogotà dei due culti calabresi svela le strategie di competizione tra domenicani e gesuiti, Ordini che trasferirono il proprio antagonismo dal Vecchio al Nuovo Mondo. 

Calabrian cults in the New World: the case of San Domenico di Soriano and San Francesco Saverio di Potami.

The essay focuses attention on two cults that characterize the Calabrian territory which, in the Modern Age, were transplanted into the American Vice reigns by virtue of the counter-reformist propaganda strategies of the religious Orders. The cult of San Domenico di Soriano, in particular, is attested by numerous iconographic testimonies in Cuzco, Lima and above all in Bogotà. In the same Colombian capital is also attested the cult, of Jesuit origin, for San Francesco Saverio di Potami of which there was a canvas in the church of the Company. The coexistence of the two Calabrian cults in Bogotà reveals the strategies of competition between Dominicans and Jesuits Orders which transferred their antagonism from the Old to the New World.


•  Domenico Pisani, Il busto di Ferdinando II di Borbone, opera di Venanzio Pisani. Dal modello in legno alle sue traduzioni in ferro fuso.

Nel 1832 il brigadiere Giovanni Prichard, ispettore dei corpi facoltativi “al di qua del Faro”, fece arrivare da Napoli, presso le Reali Ferriere di Mongiana, un busto in gesso raffigurante Ferdinando II di Borbone. La scultura doveva essere utilizzata per la fusione in ferro ma, essendo tale materiale inadatto – a causa della sua fragilità – all’utilizzo in fonderia, bisognava tradurla in legno. Fu affidata a Venanzio Pisani (Serra, 1800 ca. - 1878), un pittore, scultore e incisore di Serra San Bruno, che proveniva da una famiglia di artisti e aveva completato la sua formazione a Napoli nello studio di Costanzo Angelini. L’artista intagliò il modello in legno, tutt’oggi esistente, forse reinterpretandolo, e così fu possibile procedere alla fusione in ferro del primo busto da collocare presso lo stabilimento di Ferdinandea, in ricordo della visita di Ferdinando II il 22 aprile 1833. Successivamente furono fusi altri due busti, oggi perduti, per Mongiana, un altro per Catanzaro, oggi collocato nel Museo militare, ed altri ancora per Sant’Andrea Apostolo dello Jonio e Gerace. 

The bust of Ferdinando II of Borbone, a work by Venanzio Pisani. From the wooden model to its iron casting. 

In 1832 the brigadier Giovanni Prichard, inspector of the optional military corps “al di qua del Faro”, sent from Naples to the Reali Ferriere of Mongiana a plaster bust representing Ferdinand II of Borbone. The sculpture was to be used for iron casting but, since this material was unsuitable, due to its fragility for its use in the foundry, it had to be transformed into wood. The work was entrusted to Venanzio Pisani (Serra, 1800. - 1878), a painter, sculptor and engraver of Serra San Bruno, who came from a family of artists and had completed his training in Naples in the studio of Costanzo Angelini. The artist carved the wooden model, which still exists today, perhaps reinterpreting it, making so possible to proceed with the casting of the first bust to be placed at the Ferdinandea factory, in memory of the visit of Ferdinand II on 22 April 1833. Two other busts made for Mongiana, now lost, were later merged, another one merged for Catanzaro, and it is actually located in the Military Museum, another one for Sant’Andrea Apostolo dello Jonio and the last one for Gerace.


•  Anna Arcudi, Mauro Francesco La Russa, Michela Ricca, Sulla statua del Dio Padre di Bagnara Calabra. Indagini diagnostiche e interventi di restauro.

Lo scritto raccoglie i risultati dei lavori di restauro che hanno interessato la Statua del Dio Padre di Bagnara Calabra. Il frammento scultoreo, infatti, prima degli interventi di ripristino presentava segni di deterioramento che ne avevano alterato la corretta leggibilità. Le indagini hanno, pertanto, fornito informazioni relative ai fenomeni di degrado che hanno riguardato il brano scultoreo nel corso del tempo, nonché elementi utili per comprendere le tecniche impiegate per la sua esecuzione. Le analisi svolte, infine, hanno consentito di individuare la provenienza del materiale marmoreo adoperato per la realizzazione della statua, identificato attraverso una serie di studi geo-isotopici.

Studies and considerations on the Statue of the Dio Padre of Bagnara Calabra. Diagnostic Analysis and Restoration. Works carried out on the precious artwork. 

The paper collects the results of the restoration work that involved the Statue of the Dio Padre of Bagnara Calabra. The sculptural fragment, in fact, before the restoration works showed many signs of deterioration that had altered its correct legibility and interpretation. The preliminary diagnostic analysis provided information on the degradation phenomena that affected the sculptural piece over time, as well as some useful elements for understanding the techniques used for its execution. Finally, the analyses which was carried out made it possible to identify the origin of the marble material used for the construction of the statue, identified through a series of geo-isotopic studies.


La Redazione