venerdì 3 maggio 2024

Esperide. Cultura Artistica in Calabria nn. 29-30

 



Editoriale 
Tutela, restauri o disastri? Il destino dei beni culturali...

di Mario Panarello

Per un periodico come Esperide, nato per la divulgazione della ricerca scientifica nel campo dei Beni Culturali, non è possibile sottacere l’imbarazzante disinteresse e abbandono a cui spesso sottostà il patrimonio artistico e monumentale della regione. Come più volte evidenziato in vari studi, i terremoti sono stati fra i più grandi disastri che hanno afflitto molti centri del territorio calabrese, con risultati com’è noto devastanti, in moltissimi casi quasi annientanti. Nondimeno il “flagello” del tempo, attraverso il più o meno consapevole intervento dell’uomo, continua a dilagare sovente nella completa ignoranza, o nell’assoluta mancanza di sensibilità, di chi vive i luoghi o ancor peggio di chi dovrebbe operare per la tutela e la valorizzazione del patrimonio artistico. L’argomento è ovviamente complesso e ricco di sfaccettature ed implica una miriade di aspetti connessi alla problematica: dagli interessi personali o collettivi, al disinteresse o al menefreghismo, non trascurando le pressioni di ogni natura che spesso condizionano i risultati, fattori che portano nel peggiore dei casi alla distruzione lenta del bene, in altri ad una sua completa trasformazione; sovente, infatti, si assiste ad una sorta di restyling, spacciato quale restauro, che affievolisce se non azzera l’identità storica del manufatto antico. In gran parte dei casi siamo dunque lontani da interventi coerenti che rispettino la storia dell’opera d’arte e della sua pelle, il cui livello di accettabilità è estremamente ridotto. Ovviamente ciò vale per opere pubbliche e private dalle problematiche estremamente diversificate, per le quali individuare le responsabilità è spesso complesso.

Certo non basta un editoriale per una trattazione esaustiva di questo tema dolente, poiché sono tanti gli esempi che si affollano nella mente di chi viaggia sul territorio alla ricerca di quelle tracce appartenenti alla storia della cultura artistica, con la volontà di carpire quell’identità a cui di frequente ci si appella con orgoglio da storici, politici, viaggiatori e intellettuali di ogni sorta, ma che di fatto sempre più si affievolisce dinanzi ai nostri occhi.

In questo limitato contesto mi soffermerò su due esempi di antiche residenze nobiliari (l’architettura infatti è quella che sembra maggiormente soffrire questa situazione); si tratta dei palazzi d’Ippolito a Lamezia Terme e Bisogni a Briatico, di cui chi scrive è testimone prima attraverso la paziente ricerca, anche archivistica, quindi lo studio e un’analisi critica dei manufatti, poi con la conoscenza diretta e reiterata degli stessi e della loro storia, per divenire in ultimo il triste spettatore di quello che potrebbe essere paragonato al “pietoso ufficio della sepoltura”, ma forse ancora peggio, poiché non si tratta di una morte fisica del manufatto, ma di quello che potrebbe essere commentato come una sua emancipazione dalla storia; dalla storia del gusto e dello stile, dalla funzione stessa del bene, dunque dalla vita che assieme ai proprietari era destinato ad assolvere, quindi una progressiva e inesorabile caduta nell’oblio in cui, in luogo di queste, a prevalere sono ben altre istanze. Palazzo d’Ippolito, edificio vincolato dalla Soprintendenza circa trent’anni fa, recentemente ceduto a nuovi proprietari dalla famiglia di origine, è, o era, uno degli edifici più importanti esistenti sul territorio meridionale, per la particolarità della sua decorazione a stucco. Studiato con il riscontro di alcuni documenti e la naturale contestualizzazione storica già 25 anni fa, è stato altresì oggetto di attenzioni in diversi studi, nonché discusso in convegni internazionali e conferenze, talune organizzate da enti accreditati, quindi è stato materia di tesi di laurea, alcune delle quali di diagnostica, sfociate in pubblicazioni scientifiche disponibili anche on line. Tutto ciò potrebbe apparire come una forma di gretto campanilismo da parte di chi è proiettato su ben altri orizzonti (si tratta dei “grandi” agenti della storia) e considera ostinato chi promuove ciò che magari è ritenuto di poca importanza non fosse altro per ubicazione geografica, ma dinanzi al parere autorevole di Marcello Fagiolo che nel lontano 2002, approdato in Calabria per la presentazione dell’Atlante del Barocco dedicato alla regione, chiedendomi di fare un giro per i palazzi di Nicastro, esclamò osservando l’edificio nicastrese, unico nel suo genere a presentare decorazioni plasmate in funzione della luce mattutina di primavera: “non ho mai visto nulla del genere in Italia”, mi pare allora che l’importanza del bene debba considerarsi consacrata.

Ebbene il restauro o meglio il restyling “de noantri”, come direbbero i romani, ha ritenuto opportuno scialbare gli stucchi plasmati nel secondo Settecento dai Frangipane (come gli studi hanno dedotto) con una cromia grigio chiaro che di fatto ha appiattito la volumetria dei rilievi (fig. 1), azzerando ogni valore plastico che le originarie tinte invece esaltavano (uno dei tanti casi che avrebbe invece necessitato di un restauro conservativo del fronte), così quella che appariva una delle più belle facciate con decorazione a stucco della regione (figg. 2, 3) è stata spenta quasi definitivamente; già! perché è forse meglio che quanto sia rimasto indenne dai sismi venga definitivamente ammutolito. In verità allo stato attuale non si comprendono né le ragioni, ammesso che ci siano, né le responsabilità, mentre si auspica l’intervento delle autorità competenti.

L’altro pietoso esempio è quello di un ancor più grande palazzo che un tempo era uno dei più eleganti e monumentali della costa tirrenica calabra, palazzo Bisogni a Briatico (figg. 4, 5), probabilmente già residenza degli ultimi feudatari del centro, i Pignatelli di Monteleone che, a seguito dell’eversione della feudalità, lo cedettero a quella famiglia i cui molteplici eredi oggi ne possiedono la proprietà. L’edificio, è attribuibile all’abile architetto Pietro Frangipane di Monteleone, attivo fra gli ultimi decenni del Settecento e i primi dell’Ottocento, allievo forse di Giuseppe Vinci e collaboratore del nipote di questi, Giovan Battista. Il Frangipane fu un architetto molto impegnato nel campo dell’architettura pubblica e privata il quale contribuì anche alla definizione dell’impianto urbanistico della nuova Briatico a seguito della dichiarata inagibilità post sismica dell’antico centro più a monte. Molti sono i richiami della dimora al gusto vanvitelliano fra cui la tripartizione del fronte dell’edificio e l’utilizzo del bugnato listato, messo a punto dal grande architetto romano nella reggia casertana. Il palazzo assieme ad altri faceva parte di un sistema residenziale dai connotati singolari, poiché alle più o meno grandi dimore edificate nella nuova cittadina erano affiancati diversi edifici in primis necessari alla gestione dei territori circostanti, in una sorta di raro esempio di centro che coniugava le due funzioni, generalmente destinate alle dimore extraurbane. Dunque, non solo il palazzo non è ancora vincolato, ma è abbandonato a se stesso nella fervida speranza di gran parte dei cittadini, e non solo, che venga abbattuto o crolli per fare spazio magari a moderne e funzionali palazzine, malcelando un certo fastidio nei confronti della storia, vista più come attrattiva folclorica di un soprammobile kitsch, cui sembra relegata la Rocchetta, quest’ultima oggetto per fortuna di continui interventi, ma immersa in un contesto desolante in cui è coinvolto anche un esempio raro di architettura contemporanea di un allievo di Frank Lloyd Wright. 

Insomma… ci sembra utile richiamare Dante nel poco confortante verso dell’Inferno “lasciate ogni speranza, voi ch’intrate” … mentre le stelle “istituzionali” stanno a guardare.


Abstracts


ALESSANDRA PASQUA

Navifragum Scyllaceum. La storia più antica di una colonia greca sulla costa jonica calabrese.

In questo articolo si vogliono ricostruire le origini della antica polis di Skylletion attraverso una rassegna delle tradizioni storiche più lontane, che affondano le radici nel mito. Le narrazioni che riguardano la fondazione della città si riferiscono a Menesteo, di ritorno da Troia, e a Ulisse, naufragato sulle coste scilletine. Si trattano in primis alcuni passi delle fonti scritte degli autori classici, secondariamente alcuni studi di illustri archeologi riguardo al significato del toponimo, che rimanda al culto di Atena Scylletia e, infine, la lettura di alcuni tipi monetali della Magna Grecia che evidenziano la venerazione della dea. Si sottolinea l’importanza che tale sito ha rivestito nell’antichità, considerando i dati a disposizione, quali i documenti storiografici, i miti ed i culti legati ai luoghi. Il metodo adottato consiste nella comparazione di fonti di natura diversa per trarne una visione di sintesi.

Navifragum Scyllaceum. The oldest history about a Greek colony on the Ionian coast of Calabria.

This article reconstructs the origins of the ancient polis of Skylletion through a review of the most distant historical traditions, which are rooted in the myth. Narratives concerning the foundation of the city refer to Menestheus, returning from Troy, and to Ulysses, shipwrecked on the Scylla coasts. Reference is made primarily to some passages from the written sources of the classical authors, secondarily to some studies by illustrious archaeologists regarding the meaning of the toponym, which refers to the cult of Athena Scylletia and, finally, to the reading of some coin types from Magna Graecia which clearly show the worship of the goddess. It is valuable to underline the importance of this site in the antiquity, considering the data available, such as historiographical documents, myths and cults linked to the places. The method adopted consists in comparing sources of various nature in order to obtain a synthetic vision.



FRANCA C. PAPPARELLA

Note a margine dei santuari cristiani di Calabria. Dati per una lettura del territorio e delle pratiche religiose

Il contributo è finalizzato alla lettura di alcuni dati provenienti dalla disamina e dallo studio dei santuari presenti nel territorio calabrese. La mappatura su base Gis ha permesso un esame più accurato e immediato della presenza sul territorio dei santuari e della loro relativa intitolazione, da cui si evince una sacralità rivolta ai santi taumaturghi, alla Vergine nelle diverse denominazioni, così come a Gesù e le relative reliquie. La lettura dei dati permette, dunque, di osservare che il territorio della regione Calabria, seppur nella diversità geomorfologica, storica, culturale, è accomunata da un marcatore comune, il santuario, che nonostante le differenti cronologie di fondazione e di tradizioni, è caratterizzato da una rilevante pietà religiosa che, a volte affonda le proprie radici nel paganesimo, altre scaturisce dal votarsi ai grandi taumaturghi, altre, come nel caso del Sacro Monte di Laino, è riferimento devozionale per quella riproposizione dei luoghi della passione e della morte di Cristo.

Side notes about Christian sanctuaries in Calabria. Data for an interpretation of the territory and religious practices

The contribution is aimed at reading some data coming from the examination and study of the sanctuaries present in the Calabrian territory. Mapping on a GIS basis has allowed a more accurate and immediate examination about the presence of sanctuaries in the area and about their relative naming, from which we can deduce a sacredness addressed to the saints of miracle workers, to the Virgin in the various denominations, as well as to Jesus and the related relics. Reading the data therefore allows us to observe that the territory of the Calabria region, despite its geomorphological, historical and cultural diversity, is united by a common marker, the sanctuary, which although its different chronologies of foundation and traditions, is distinguished by a significant religious piety which, at times, has its roots in paganism, at others arises from devotion to the great miracle workers, at others, as in the case of the Laino’s Sacred Mountain, it is a devotional reference for that re-proposal of the places of the passion and death of Christ.


MARIO PANARELLO

San Lorenzo e la baronia dei Pescara. Tracce di storia e committenza

Attraverso il recupero di antiche e nuove fonti e l’apporto di alcuni documenti inediti è stato possibile mettere a fuoco l’ascesa e il ruolo della famiglia Pescara, baroni di San Lorenzo del Vallo nel corso del Cinquecento e nei primi decenni del secolo successivo. Dal momento di acquisizione della baronia di San Lorenzo, al governo di altri piccoli feudi (prossimi ai territori abbaziali di Acquaformosa governati da uno dei membri della famiglia), sino alle strategie matrimoniali è stato possibile delineare il progressivo consolidarsi del potere di una piccola famiglia aristocratica fra Napoli e la Calabria, che incise in modo determinante sull’assetto del castello/palazzo feudale di San Lorenzo, facendosi protagonista delle commissioni di significative opere d’arte ancora superstiti.

San Lorenzo and the Barony of Pescara. Traces of history and clients

Through the recovery of ancient and new sources and the contribution of some unpublished documents it was possible to focus on the rise and the role of the Pescara family, barons of San Lorenzo del Vallo during the sixteenth century and in the first decades of the following century. From the moment of acquisition of the barony of San Lorenzo, to the governance of other small fiefdoms (close to the abbey territories of Acquaformosa ruled by one of the family members), up to the married strategies it was possible to outline the progressive consolidation of the power of a small aristocratic family between Naples and Calabria, which had a decisive impact on the structure of the San Lorenzo feudal castle/palace, becoming main actor of the significant work of art commissions that still survive.



MARIO PANARELLO

Un’aggiunta al catalogo di Bernardino Poccetti oltre le committenze certosine in Calabria: la pala della Madonna del Rosario di San Lorenzo del Vallo

L’analisi storica messa a punto nel precedente scritto si è resa necessaria per inquadrare un importante episodio artistico voluto dai Pescara Diano, baroni di San Lorenzo del Vallo: il dipinto su tavola della Vergine del Rosario. Dell’opera, mai oggetto di analisi accurate, è stato indagato il nesso con il modello di riferimento: la grande pala vasariana dal medesimo soggetto in Santa Maria Novella a Firenze, nonché le complesse implicazioni iconografiche e i significativi legami con la committente, Sveva della Porta, la quale nel 1590 istituì la cappella dedicata al Rosario nella chiesa di Santa Maria delle Grazie. La proposta di attribuire l’opera al prolifico pittore fiorentino Bernardino Poccetti, presente in Calabria con diversi dipinti realizzati per la certosa di Santo Stefano del Bosco (di poco successivi all’opera esaminata), è stata argomentata attraverso un serrato gioco di rimandi stilistici con altre opere prevalentemente coeve alla pala in questione, mentre sono stati messi in luce i possibili legami della famiglia con eminenti esponenti fiorentini dell’Ordine Domenicano, presenti sul finire del secolo nelle provincie calabre, possibili intermediari con l’artista.

An addition to Bernardino Poccetti’s catalog beyond the Carthusian commissions in Calabria: the altarpiece of the Madonna del Rosario in San Lorenzo del Vallo 

The historical analysis developed in the previous writing was necessary to set an important artistic episode desired by the Pescara Diano, barons of San Lorenzo del Vallo: the panel painting of the Virgin of the Rosary. The connection with the work reference model, which has never been the subject of an accurate analyses, was investigated: the large Vasari altarpiece with the same subject in Santa Maria Novella in Florence, as well as the complex iconographic implications and the significant connections with the client, Sveva della Porta, who founded in 1590 the chapel dedicated to the Rosary in the church of Santa Maria delle Grazie. The proposal to attribute the work to the prolific Florentine painter Bernardino Poccetti, present in Calabria with several paintings created for Santo Stefano del Bosco Charterhouse (a little while after the work examined), was argued through a close game of stylistic references with other works mainly coeval with the altarpiece at issue, while the possible links of the family with eminent Florentine exponents of the Dominican Order, existing at the end of the century in the Calabrian provinces, possible intermediaries with the artist, were highlighted.



GIUSEPPE PAPALIA 

“Ab Angelo Salutata” Mecenatismo Episcopale e culto dell’Annunziata nel Tesoro della Cattedrale di Oppido Mamertina RC (XVI-XX)

Il saggio espone i tratti storici e artistici salienti del culto plurisecolare alla Madonna Annunziata, la Vergine dall’Angelo Salutata, nell’antica sede episcopale di Oppido in Calabria Ultra; attraverso le opere di mecenatismo che i vari presuli nel corso dei secoli hanno promosso come devozione ed espressione della propria opera pastorale-culturale non solo nei confronti della Vergine ma particolarmente a favore della propria Cattedrale sia quell’antica anteriore al 1783, che quella attuale. La stessa, oltre che ad essere luogo privilegiato quale custodia delle varie immagini della Vergine, riflette il potere religioso e sociale del vescovo e il suo munus operandi, espresso nella promozione e nella realizzazione delle numerose opere artistiche all’interno della stessa in onore della Vergine Annunziata. Dai documenti scritti ai testi lapidei, dai paramenti sacri alle suppellettili, dalla seta alle argenterie, dai dipinti alle sculture, il culto alla Vergine Annunziata si è espresso nei secoli con numerose e varie testimonianze, che tracciano la storia della fede, della devozione e della ricchezza e del potere della millenaria sede episcopale di Oppido.

“Ab Angelo Salutata” Episcopal patronage and cult of the Annunciation in the Treasury of the Cathedral of Oppido Mamertina RC (XVI-XX)

The essay exposes the salient historical and artistic features of the centuries-old cult of the Madonna Annunziata, the Virgin Greeted by the Angel, in the ancient episcopal Oppido location in Calabria Ultra; through the works of patronage that various prelates have promoted over the centuries as devotion and expression of their own pastoral-cultural work not only towards the Virgin but particularly in favor of their own Cathedral, the ancient one prior to 1783 and the current one too. The same, as well as being a privileged place as a keeper of the various images of the Virgin, reflects the Bishop’s religious and social power and his munus operandi, expressed in the promotion and creation of the numerous artistic works within it in honor of the Virgin Annunziata. From written documents to stone texts, from sacred vestments to furnishings, from silk to silverware, from paintings to sculptures, the cult of the Virgin Annunziata has been expressed over the centuries with numerous and varied testimonies, which trace the history of faith, devotion and wealth and power of the thousand-year-old episcopal seat of Oppido.



DOMENICO PISANI

Venanzio Pisani pittore. La bottega d’arte di famiglia e il corpus di dipinti custoditi a Rossano, nel Museo diocesano e del Codex. 

La figura del pittore e scultore di Serra San Bruno Venanzio Pisani (1800-1878), allievo a Napoli di Costanzo Angelini, emerge da tracce archivistiche purtroppo frammentarie e dalle sue opere firmate e datate. In questo saggio vengono trattate pure la personalità artistica del padre Stefano (1750-1843) e quella molto fumosa del nonno Francesco (not. 1723 – 1755) che avevano dato vita ad una bottega familiare ancora attiva alla fine dell’Ottocento. Le pitture di argomento religioso riconducibili a Venanzio Pisani sono conservate in diverse chiese della Calabria. In particolare, nel Museo diocesano e del Codex di Rossano è esposto un interessante corpus di dipinti commissionati dall’arcivescovo Bruno Maria Tedeschi, suo conterraneo ed amico. Sono particolarmente interessanti i ritratti dipinti per le più cospicue famiglie delle Serre calabre e le statue lignee, già trattate dall’autore in un altro saggio.

Painter Venanzio Pisani. The family art workshop and the pictorial corpus kept in Rossano, in the Diocesan and Codex Museum.

The figure of the painter and sculptor from Serra San Bruno Venanzio Pisani (1800-1878), a pupil of Costanzo Angelini in Naples, emerges from unfortunately fragmentary archival traces and from his signed and dated works. This essay also discusses the artistic personality of his father Stefano (1750-1843) and the very vague one of his grandfather Francesco (not. 1723 - 1755) who had given life to a family workshop still active at the end of the nineteenth century. The paintings of religious subjects attributable to Venanzio Pisani are preserved in various churches in Calabria. In particular, in the Diocesan and Codex Museum of Rossano an interesting corpus of paintings commissioned by Archbishop Bruno Maria Tedeschi, his countryman and friend, is exhibited. Particularly interesting are the portraits painted for the most notable families of the Calabrian Serre and the wooden statues, already discussed by the author in another essay.



ROSA ROMANO D’ORSI

La gioielleria e tradizioni popolari nei territori della Calabria

Il saggio cerca di mettere a punto lo stato della ricerca sulla produzione e diffusione, all’interno della stratificazione sociale del territorio calabro nel corso della storia, dell’oreficeria che inizialmente si riteneva essere principalmente di importazione. In particolare esamina l’importanza del gioiello fra Otto e Novecento nei contratti matrimoniali delle categorie più popolari evidenziandone il valore rituale. Vengono alla luce in questo modo le tipologie che si sono sviluppate anche tecnicamente in questi luoghi affermando uno stile particolare del posto.

Jewelery and popular traditions in the territories of Calabria

The essay seeks to develop the state of research about the production and diffusion, within the social stratification of the Calabrian territory throughout history, of goldsmithery which was initially believed to be mainly imported. In particular, it examines the importance of jewels between the nineteenth and twentieth centuries in the marriage contracts of the most popular categories, highlighting their ritual value. In this way the typologies that have also developed technically in these places come to light, affirming a particular style of the place.



ANTHONY HOLGUIN VALDEZ

La Corporazione dei Pittori di Lima (1649-1797): vicende, apogeo e declino

Nell’articolo si mettono in evidenza le instabili condizioni della Corporazione dei Pittori di Lima durante il periodo del Viceregno. Attraverso la sua attività, nonché mediante gli aspetti sociali e pubblici, conosceremo gli alti e bassi di questa istituzione. Osserveremo come le prime iniziative di ordinanze tentarono di regolamentare il commercio in campo pittorico già alla metà del XVII secolo. Rifletteremo, poi, sui problemi che i pittori dovettero affrontare, attenzionando documentazione che rivela i loro fino alla fine del XVIII secolo. In definitiva l’articolo intende fornire un’analisi generalizzata di ciò che fu la Corporazione dei Pittori nella Città dei Re.

The Guild of Lima painters (1649-1797): events, apogee and decline

In this article we try to show the unstable conditions of the painters’ guild in Lima during the viceregal period. Through the artisan activity in which they developed, as well as their social and public aspects, we will learn about the ups and downs of these master painters. In this sense, we will observe how the first initiatives of ordinances tried to establish a regulation of the trade in the pictorial field in the mid-seventeenth century. All this leads us to think about the reasons and problems they faced, which makes it possible to identify the interests of the painters at the end of the 18th century. For all these reasons, we ill make a very generalized analysis of what was the corporation of painters in the City of the Kings.



VINCENZO CATALDO

Riforme e committenza del vescovo di Gerace Ildefonso Del Tufo (1730-1748)

Giunto nella diocesi di Gerace, il vescovo Idelfonso del Tufo (8 febbraio 1730 - 7 maggio 1748) profuse tutte le sue energie per disciplinare un clero abituato a vivere nell’anarchia e a utilizzare il consistente lascito del suo predecessore per il ripristino funzionale della cattedrale e del seminario, per la dotazione artistica e la rinascita spirituale della diocesi. Nonostante le liti e i ricorsi accesi dal clero e dalle autorità cittadine, il prelato geracese portò a termine importanti obiettivi nell’ambito della ristrutturazione della cittadella vescovile e nell’acquisto di organi, oggetti e paramenti sacri di gran valore presso rinomate botteghe napoletane.

Reforms and commissioning of the bishop of Gerace Ildefonso Del Tufo (1730-1748)

Having arrived in the diocese of Gerace, Bishop Idelfonso del Tufo (8 February 1730 - 7 May 1748) devoted all his energies to disciplining a clergy accustomed to living in anarchy and to using the considerable legacy of his predecessor for the functional restoration of the cathedral and of the Seminary, for the artistic endowment and spiritual rebirth of the diocese. Despite the protests and appeals promoted by the clergy and the city authorities, the prelate of Gerace completed important objectives in the renovation of the bishop’s citadel and in the purchase of organs, objects and sacred vestments of great value from renowned Neapolitan workshops.

Esperide. Cultura Artistica in Calabria nn. 29-30

È in uscito il nuovo numero della rivista Esperide. Cultura Artistica in Calabria. Per ulteriori informazioni/prenotazioni è possibile rivolgersi al Direttore Mario Panarello, inviando una e-mail a: panarello1969@gmail.com