Editoriale
di Mario Panarello
MATTIA PRETI E LA CALABRIA
Com’è noto a molti, nel percorso della storia dell’arte moderna calabrese, è imprescindibile confrontarsi con la figura di Mattia Preti, un artista cosmopolita che si proiettò oltre i limiti principali provinciali, verso dimensioni e tensioni artistiche di ben altra portata rispetto a quelle dimesse che il territorio visse nel Seicento. E’ stato spesso sottolineato come il legame particolare con la committenza e con la sua città natale abbia determinato l’arrivo dei numerosi dipinti di Taverna che soprattutto nel tempo diventarono un riferimento indispensabili per i pittori del territorio, mentre oggi rappresentano per gli storici dell’arte una delle vette più elevate per qualità e complessità della tradizione storiografica regionale. Esperide, purtroppo in ritardo con le uscite delle annate precedenti, aveva programmato da tempo di celebrare il quarto centenario della nascita dell’artista, contraddistinto da diverse iniziative culturali, con un volume speciale che accorpasse due anni e contenesse quattro numeri, nei quali raccogliere saggi diversi su problematiche storico-artistiche legate alla figura del pittore di Taverna. I contributi, coerenti con lo spirito della rivista, affrontano tematiche connesse con la regione e al contesto meridionale, trattando di argomenti di più ampia portata, come quello sviluppato da Miguel Hermoso Cuesta, che impernia la sua analisi sull’attività di Mattia Preti e Luca Giordano intorno al 1656, quando i due artisti si confrontarono a Napoli, o quello di Renato Ruotolo che ripercorre le vicende dei perduti affreschi della cupola della chiesa napoletana di San Domenico Soriano, da sempre legata ai calabresi per l’importanza del culto dell’immagine acheropita del Santo. I restanti contributi puntano l’attenzione su questioni critiche, storiche e storico-artistiche e rivolte al territorio regionale, ma non per questo limitati anzi il taglio prescelto ha imposto di concentrare l’attenzione su argomentazioni mai prima affrontate e su diverse altre ancora da sviluppare che, a nostro avviso, hanno arricchito molto il panorama critico degli studi pretiani, apportando novità di rilievo anche lì dove i temi non riguardano strettamente il pittore di Taverna, ma in vario modo collegati alle premesse della formazioni o all’eredità da lui trasmessa. In molti casi è stata una sfida la scelta di argomenti particolari che, nonostante alcune difficoltà, hanno messo in luce diversi aspetti spesse volte originali. Inoltre i differenti tagli critici e metodologici con i quali le tematiche sono state affrontate hanno interessato opere e argomenti mai prima trattati che, sebbene siano suscettibili di approfondimenti, possono rappresentare indubbiamente un punto di riferimento per ricerche più ampie. Dunque, non si è rivelato un limite il concentrarsi su tematiche strettamente regionali, ma anzi, attraverso la difficile ricomposizione di trame spezzate dal tempo, la ricerca ha portato alla formulazione di contributi nuovi. La presenza di saggi di uno stesso autore dipende dal fatto che, come già rimarcato, questo numero speciale ne accorpa ben quattro semestrali, a questo si aggiunga che l’iniziativa, programmata già da diverso tempo, ha incontrato il favore di molti i quali però in fase di gestazione dell’opera, per varie ragioni, hanno declinato l’invito. Da qui la difficoltà di reperire articoli specifici destinati alle diverse sezioni della rivista, mentre alcune tematiche identificate dal curatore, necessarie di significativi sviluppi, sono rimaste eluse per la mancata disponibilità di studiosi desiderosi di affrontare nuove avventure di ricerca. Tra i contributi che sono partiti dall’analisi di tematiche più strettamente connesse alla regione vi è quello di Dario Puntieri che ha analizzato le suggestioni critiche affioranti da uno scritto giovanile di Alfonso Frangipane dedicato a Taverna e al suo patrimonio artistico, ancora oggi incredibilmente attuale. Quello redatto a quattro mani dal sottoscritto e Domenico Pisani mira a raccogliere le diverse fonti che tra Settecento e Novecento hanno interessato l’attività del pittore di Taverna, nonché la sua fama attraverso i ritratti diffusi principalmente nel Regno napoletano. Il corposo scritto di Umberto Ferrari fornisce una nuova visione dei fatti storici che hanno contraddistinto Taverna tra Cinque e Seicento attraverso il supporto di molti documenti inediti. Anche il contributo di Bruno Alessio Bedini fornisce una nuova panoramica sui cavalieri gerosolimitani calabresi al tempo di Mattia Preti. Un saggio sul culto di San Giovanni in Calabria e sulla straordinaria diffusione di opere cinquecentesche in marmo e di dipinti, redatto da chi scrive, indaga anche la diffusione della devozione attraverso il suddetto ordine cavalleresco. Domenico Pisani è invece l’autore di uno scritto che analizza la committenza e le vicende legate ad alcuni importanti dipinti pretiani che vanno oltre il corpus cospicuo delle tele tavernesi. Il contributo del giovane Antonio Cosentino affronta con una capillare analisi un tema inedito; il collezionismo legato alle opere pretiane presso importanti famiglie collegate alla Calabria e vissute nelle suntuose residenze sparse nei centri del regno napoletano. Ancora Pisani firma un breve scritto nel quale presenta un’inedita tela di Preti custodita presso una collezione catanzarese. Un nuovo taglio di lettura , in chiave iconologica, del celebre dipinto del Cristo fulminante è affrontata da chi scrive attraverso una complessa analisi che mette in luce alcuni velati significati dell’opera. Lo stesso curatore, a quattro mani con Dario Puntieri, analizza il dipinto della Madonna del Rosario mettendo in luce le implicazioni iconografiche connesse all’ambientazione architettonica , mentre nel saggio successivo affronta la tematica delle copie prevalentemente settecentesche di dipinti pretiani esistenti nella regione. Giovanni Autilitano è l’autore di un breve saggio su un dipinto catanzarese di scuola pretiana dove evidenzia la dipendenza del modello iconografico da dipinti celebri dell’artista e del suo ambito. Ancora su un singolo dipinto di Preti disperso, e sulle vicende ottocentesche, concentra l’attenzione Giuseppe Valentino grazie all’acquisizione di nuovi darti archivistici. Il successivo saggio a cura dell’autore di questo editoriale propone un excursus sulla pittura in Calabria al tempo di Mattia Preti, restituendo nuovi elementi utili per rileggere la formazione pretiana e la tarda produzione artistica in Calabria, connessa al grande artefice. Pisani è ancora l’autore di un originale saggio sull’iconografia pretiana del Novecento celebrata attraverso bozzetti, sculture a tutto tondo e medaglie onorarie. Chiude la successione dei saggi una breve scheda di restauro a cura di Vito Sarubo sui lavori da poco terminati della confraternita del Santissimo Salvatore annessa alla chiesa di Santa Barbara a Taverna. Lunga la sezione delle recensioni dedicata prevalentemente a pubblicazioni connesse alla figura dei Preti o a studi strettamente correlati pubblicati non solo sino al 2014, ma anche oltre per consentire agli studiosi di avere un panorama il più ampio possibile relativo agli studi sull’artista. Per il presente numero, proprio per le sue peculiarità, è stato predisposto uno speciale gruppo di consulenti scientifici diverso dal consueto comitato comparso nelle precedenti annate. Di esso faceva parte Giorgio Leone purtroppo scomparso alla fine dello scorso anno il quale, come è noto a tutti, ha speso molte energie per la conoscenza del patrimonio artistico calabrese e della figura di Mattia Preti. Scomparso pure Carlo Longo, esimio studioso dell’ordine domenicano, uno dei consulenti del comitato scientifico della rivista che sin dal suo nascere ne salutò con entusiasmo la fondazione.
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