Editoriale
Tutela, restauri o disastri? Il destino dei beni culturali...
Per un periodico come Esperide, nato per la divulgazione della ricerca scientifica nel campo dei Beni Culturali, non è possibile sottacere l’imbarazzante disinteresse e abbandono a cui spesso sottostà il patrimonio artistico e monumentale della regione. Come più volte evidenziato in vari studi, i terremoti sono stati fra i più grandi disastri che hanno afflitto molti centri del territorio calabrese, con risultati com’è noto devastanti, in moltissimi casi quasi annientanti. Nondimeno il “flagello” del tempo, attraverso il più o meno consapevole intervento dell’uomo, continua a dilagare sovente nella completa ignoranza, o nell’assoluta mancanza di sensibilità, di chi vive i luoghi o ancor peggio di chi dovrebbe operare per la tutela e la valorizzazione del patrimonio artistico. L’argomento è ovviamente complesso e ricco di sfaccettature ed implica una miriade di aspetti connessi alla problematica: dagli interessi personali o collettivi, al disinteresse o al menefreghismo, non trascurando le pressioni di ogni natura che spesso condizionano i risultati, fattori che portano nel peggiore dei casi alla distruzione lenta del bene, in altri ad una sua completa trasformazione; sovente, infatti, si assiste ad una sorta di restyling, spacciato quale restauro, che affievolisce se non azzera l’identità storica del manufatto antico. In gran parte dei casi siamo dunque lontani da interventi coerenti che rispettino la storia dell’opera d’arte e della sua pelle, il cui livello di accettabilità è estremamente ridotto. Ovviamente ciò vale per opere pubbliche e private dalle problematiche estremamente diversificate, per le quali individuare le responsabilità è spesso complesso.
Certo non basta un editoriale per una trattazione esaustiva di questo tema dolente, poiché sono tanti gli esempi che si affollano nella mente di chi viaggia sul territorio alla ricerca di quelle tracce appartenenti alla storia della cultura artistica, con la volontà di carpire quell’identità a cui di frequente ci si appella con orgoglio da storici, politici, viaggiatori e intellettuali di ogni sorta, ma che di fatto sempre più si affievolisce dinanzi ai nostri occhi.
In questo limitato contesto mi soffermerò su due esempi di antiche residenze nobiliari (l’architettura infatti è quella che sembra maggiormente soffrire questa situazione); si tratta dei palazzi d’Ippolito a Lamezia Terme e Bisogni a Briatico, di cui chi scrive è testimone prima attraverso la paziente ricerca, anche archivistica, quindi lo studio e un’analisi critica dei manufatti, poi con la conoscenza diretta e reiterata degli stessi e della loro storia, per divenire in ultimo il triste spettatore di quello che potrebbe essere paragonato al “pietoso ufficio della sepoltura”, ma forse ancora peggio, poiché non si tratta di una morte fisica del manufatto, ma di quello che potrebbe essere commentato come una sua emancipazione dalla storia; dalla storia del gusto e dello stile, dalla funzione stessa del bene, dunque dalla vita che assieme ai proprietari era destinato ad assolvere, quindi una progressiva e inesorabile caduta nell’oblio in cui, in luogo di queste, a prevalere sono ben altre istanze. Palazzo d’Ippolito, edificio vincolato dalla Soprintendenza circa trent’anni fa, recentemente ceduto a nuovi proprietari dalla famiglia di origine, è, o era, uno degli edifici più importanti esistenti sul territorio meridionale, per la particolarità della sua decorazione a stucco. Studiato con il riscontro di alcuni documenti e la naturale contestualizzazione storica già 25 anni fa, è stato altresì oggetto di attenzioni in diversi studi, nonché discusso in convegni internazionali e conferenze, talune organizzate da enti accreditati, quindi è stato materia di tesi di laurea, alcune delle quali di diagnostica, sfociate in pubblicazioni scientifiche disponibili anche on line. Tutto ciò potrebbe apparire come una forma di gretto campanilismo da parte di chi è proiettato su ben altri orizzonti (si tratta dei “grandi” agenti della storia) e considera ostinato chi promuove ciò che magari è ritenuto di poca importanza non fosse altro per ubicazione geografica, ma dinanzi al parere autorevole di Marcello Fagiolo che nel lontano 2002, approdato in Calabria per la presentazione dell’Atlante del Barocco dedicato alla regione, chiedendomi di fare un giro per i palazzi di Nicastro, esclamò osservando l’edificio nicastrese, unico nel suo genere a presentare decorazioni plasmate in funzione della luce mattutina di primavera: “non ho mai visto nulla del genere in Italia”, mi pare allora che l’importanza del bene debba considerarsi consacrata.
Ebbene il restauro o meglio il restyling “de noantri”, come direbbero i romani, ha ritenuto opportuno scialbare gli stucchi plasmati nel secondo Settecento dai Frangipane (come gli studi hanno dedotto) con una cromia grigio chiaro che di fatto ha appiattito la volumetria dei rilievi (fig. 1), azzerando ogni valore plastico che le originarie tinte invece esaltavano (uno dei tanti casi che avrebbe invece necessitato di un restauro conservativo del fronte), così quella che appariva una delle più belle facciate con decorazione a stucco della regione (figg. 2, 3) è stata spenta quasi definitivamente; già! perché è forse meglio che quanto sia rimasto indenne dai sismi venga definitivamente ammutolito. In verità allo stato attuale non si comprendono né le ragioni, ammesso che ci siano, né le responsabilità, mentre si auspica l’intervento delle autorità competenti.
L’altro pietoso esempio è quello di un ancor più grande palazzo che un tempo era uno dei più eleganti e monumentali della costa tirrenica calabra, palazzo Bisogni a Briatico (figg. 4, 5), probabilmente già residenza degli ultimi feudatari del centro, i Pignatelli di Monteleone che, a seguito dell’eversione della feudalità, lo cedettero a quella famiglia i cui molteplici eredi oggi ne possiedono la proprietà. L’edificio, è attribuibile all’abile architetto Pietro Frangipane di Monteleone, attivo fra gli ultimi decenni del Settecento e i primi dell’Ottocento, allievo forse di Giuseppe Vinci e collaboratore del nipote di questi, Giovan Battista. Il Frangipane fu un architetto molto impegnato nel campo dell’architettura pubblica e privata il quale contribuì anche alla definizione dell’impianto urbanistico della nuova Briatico a seguito della dichiarata inagibilità post sismica dell’antico centro più a monte. Molti sono i richiami della dimora al gusto vanvitelliano fra cui la tripartizione del fronte dell’edificio e l’utilizzo del bugnato listato, messo a punto dal grande architetto romano nella reggia casertana. Il palazzo assieme ad altri faceva parte di un sistema residenziale dai connotati singolari, poiché alle più o meno grandi dimore edificate nella nuova cittadina erano affiancati diversi edifici in primis necessari alla gestione dei territori circostanti, in una sorta di raro esempio di centro che coniugava le due funzioni, generalmente destinate alle dimore extraurbane. Dunque, non solo il palazzo non è ancora vincolato, ma è abbandonato a se stesso nella fervida speranza di gran parte dei cittadini, e non solo, che venga abbattuto o crolli per fare spazio magari a moderne e funzionali palazzine, malcelando un certo fastidio nei confronti della storia, vista più come attrattiva folclorica di un soprammobile kitsch, cui sembra relegata la Rocchetta, quest’ultima oggetto per fortuna di continui interventi, ma immersa in un contesto desolante in cui è coinvolto anche un esempio raro di architettura contemporanea di un allievo di Frank Lloyd Wright.
Insomma… ci sembra utile richiamare Dante nel poco confortante verso dell’Inferno “lasciate ogni speranza, voi ch’intrate” … mentre le stelle “istituzionali” stanno a guardare.
Abstracts
ALESSANDRA PASQUA
Navifragum Scyllaceum. La storia più antica di una colonia greca sulla costa jonica calabrese.
In questo articolo si vogliono ricostruire le origini della antica polis di Skylletion attraverso una rassegna delle tradizioni storiche più lontane, che affondano le radici nel mito. Le narrazioni che riguardano la fondazione della città si riferiscono a Menesteo, di ritorno da Troia, e a Ulisse, naufragato sulle coste scilletine. Si trattano in primis alcuni passi delle fonti scritte degli autori classici, secondariamente alcuni studi di illustri archeologi riguardo al significato del toponimo, che rimanda al culto di Atena Scylletia e, infine, la lettura di alcuni tipi monetali della Magna Grecia che evidenziano la venerazione della dea. Si sottolinea l’importanza che tale sito ha rivestito nell’antichità, considerando i dati a disposizione, quali i documenti storiografici, i miti ed i culti legati ai luoghi. Il metodo adottato consiste nella comparazione di fonti di natura diversa per trarne una visione di sintesi.
Navifragum Scyllaceum. The oldest history about a Greek colony on the Ionian coast of Calabria.
This article reconstructs the origins of the ancient polis of Skylletion through a review of the most distant historical traditions, which are rooted in the myth. Narratives concerning the foundation of the city refer to Menestheus, returning from Troy, and to Ulysses, shipwrecked on the Scylla coasts. Reference is made primarily to some passages from the written sources of the classical authors, secondarily to some studies by illustrious archaeologists regarding the meaning of the toponym, which refers to the cult of Athena Scylletia and, finally, to the reading of some coin types from Magna Graecia which clearly show the worship of the goddess. It is valuable to underline the importance of this site in the antiquity, considering the data available, such as historiographical documents, myths and cults linked to the places. The method adopted consists in comparing sources of various nature in order to obtain a synthetic vision.
FRANCA C. PAPPARELLA
Note a margine dei santuari cristiani di Calabria. Dati per una lettura del territorio e delle pratiche religiose
Il contributo è finalizzato alla lettura di alcuni dati provenienti dalla disamina e dallo studio dei santuari presenti nel territorio calabrese. La mappatura su base Gis ha permesso un esame più accurato e immediato della presenza sul territorio dei santuari e della loro relativa intitolazione, da cui si evince una sacralità rivolta ai santi taumaturghi, alla Vergine nelle diverse denominazioni, così come a Gesù e le relative reliquie. La lettura dei dati permette, dunque, di osservare che il territorio della regione Calabria, seppur nella diversità geomorfologica, storica, culturale, è accomunata da un marcatore comune, il santuario, che nonostante le differenti cronologie di fondazione e di tradizioni, è caratterizzato da una rilevante pietà religiosa che, a volte affonda le proprie radici nel paganesimo, altre scaturisce dal votarsi ai grandi taumaturghi, altre, come nel caso del Sacro Monte di Laino, è riferimento devozionale per quella riproposizione dei luoghi della passione e della morte di Cristo.
Side notes about Christian sanctuaries in Calabria. Data for an interpretation of the territory and religious practices
The contribution is aimed at reading some data coming from the examination and study of the sanctuaries present in the Calabrian territory. Mapping on a GIS basis has allowed a more accurate and immediate examination about the presence of sanctuaries in the area and about their relative naming, from which we can deduce a sacredness addressed to the saints of miracle workers, to the Virgin in the various denominations, as well as to Jesus and the related relics. Reading the data therefore allows us to observe that the territory of the Calabria region, despite its geomorphological, historical and cultural diversity, is united by a common marker, the sanctuary, which although its different chronologies of foundation and traditions, is distinguished by a significant religious piety which, at times, has its roots in paganism, at others arises from devotion to the great miracle workers, at others, as in the case of the Laino’s Sacred Mountain, it is a devotional reference for that re-proposal of the places of the passion and death of Christ.
San Lorenzo e la baronia dei Pescara. Tracce di storia e committenza
Attraverso il recupero di antiche e nuove fonti e l’apporto di alcuni documenti inediti è stato possibile mettere a fuoco l’ascesa e il ruolo della famiglia Pescara, baroni di San Lorenzo del Vallo nel corso del Cinquecento e nei primi decenni del secolo successivo. Dal momento di acquisizione della baronia di San Lorenzo, al governo di altri piccoli feudi (prossimi ai territori abbaziali di Acquaformosa governati da uno dei membri della famiglia), sino alle strategie matrimoniali è stato possibile delineare il progressivo consolidarsi del potere di una piccola famiglia aristocratica fra Napoli e la Calabria, che incise in modo determinante sull’assetto del castello/palazzo feudale di San Lorenzo, facendosi protagonista delle commissioni di significative opere d’arte ancora superstiti.
San Lorenzo and the Barony of Pescara. Traces of history and clients
Through the recovery of ancient and new sources and the contribution of some unpublished documents it was possible to focus on the rise and the role of the Pescara family, barons of San Lorenzo del Vallo during the sixteenth century and in the first decades of the following century. From the moment of acquisition of the barony of San Lorenzo, to the governance of other small fiefdoms (close to the abbey territories of Acquaformosa ruled by one of the family members), up to the married strategies it was possible to outline the progressive consolidation of the power of a small aristocratic family between Naples and Calabria, which had a decisive impact on the structure of the San Lorenzo feudal castle/palace, becoming main actor of the significant work of art commissions that still survive.