venerdì 3 maggio 2024

Esperide. Cultura Artistica in Calabria nn. 29-30

 



Editoriale 
Tutela, restauri o disastri? Il destino dei beni culturali...

di Mario Panarello

Per un periodico come Esperide, nato per la divulgazione della ricerca scientifica nel campo dei Beni Culturali, non è possibile sottacere l’imbarazzante disinteresse e abbandono a cui spesso sottostà il patrimonio artistico e monumentale della regione. Come più volte evidenziato in vari studi, i terremoti sono stati fra i più grandi disastri che hanno afflitto molti centri del territorio calabrese, con risultati com’è noto devastanti, in moltissimi casi quasi annientanti. Nondimeno il “flagello” del tempo, attraverso il più o meno consapevole intervento dell’uomo, continua a dilagare sovente nella completa ignoranza, o nell’assoluta mancanza di sensibilità, di chi vive i luoghi o ancor peggio di chi dovrebbe operare per la tutela e la valorizzazione del patrimonio artistico. L’argomento è ovviamente complesso e ricco di sfaccettature ed implica una miriade di aspetti connessi alla problematica: dagli interessi personali o collettivi, al disinteresse o al menefreghismo, non trascurando le pressioni di ogni natura che spesso condizionano i risultati, fattori che portano nel peggiore dei casi alla distruzione lenta del bene, in altri ad una sua completa trasformazione; sovente, infatti, si assiste ad una sorta di restyling, spacciato quale restauro, che affievolisce se non azzera l’identità storica del manufatto antico. In gran parte dei casi siamo dunque lontani da interventi coerenti che rispettino la storia dell’opera d’arte e della sua pelle, il cui livello di accettabilità è estremamente ridotto. Ovviamente ciò vale per opere pubbliche e private dalle problematiche estremamente diversificate, per le quali individuare le responsabilità è spesso complesso.

Certo non basta un editoriale per una trattazione esaustiva di questo tema dolente, poiché sono tanti gli esempi che si affollano nella mente di chi viaggia sul territorio alla ricerca di quelle tracce appartenenti alla storia della cultura artistica, con la volontà di carpire quell’identità a cui di frequente ci si appella con orgoglio da storici, politici, viaggiatori e intellettuali di ogni sorta, ma che di fatto sempre più si affievolisce dinanzi ai nostri occhi.

In questo limitato contesto mi soffermerò su due esempi di antiche residenze nobiliari (l’architettura infatti è quella che sembra maggiormente soffrire questa situazione); si tratta dei palazzi d’Ippolito a Lamezia Terme e Bisogni a Briatico, di cui chi scrive è testimone prima attraverso la paziente ricerca, anche archivistica, quindi lo studio e un’analisi critica dei manufatti, poi con la conoscenza diretta e reiterata degli stessi e della loro storia, per divenire in ultimo il triste spettatore di quello che potrebbe essere paragonato al “pietoso ufficio della sepoltura”, ma forse ancora peggio, poiché non si tratta di una morte fisica del manufatto, ma di quello che potrebbe essere commentato come una sua emancipazione dalla storia; dalla storia del gusto e dello stile, dalla funzione stessa del bene, dunque dalla vita che assieme ai proprietari era destinato ad assolvere, quindi una progressiva e inesorabile caduta nell’oblio in cui, in luogo di queste, a prevalere sono ben altre istanze. Palazzo d’Ippolito, edificio vincolato dalla Soprintendenza circa trent’anni fa, recentemente ceduto a nuovi proprietari dalla famiglia di origine, è, o era, uno degli edifici più importanti esistenti sul territorio meridionale, per la particolarità della sua decorazione a stucco. Studiato con il riscontro di alcuni documenti e la naturale contestualizzazione storica già 25 anni fa, è stato altresì oggetto di attenzioni in diversi studi, nonché discusso in convegni internazionali e conferenze, talune organizzate da enti accreditati, quindi è stato materia di tesi di laurea, alcune delle quali di diagnostica, sfociate in pubblicazioni scientifiche disponibili anche on line. Tutto ciò potrebbe apparire come una forma di gretto campanilismo da parte di chi è proiettato su ben altri orizzonti (si tratta dei “grandi” agenti della storia) e considera ostinato chi promuove ciò che magari è ritenuto di poca importanza non fosse altro per ubicazione geografica, ma dinanzi al parere autorevole di Marcello Fagiolo che nel lontano 2002, approdato in Calabria per la presentazione dell’Atlante del Barocco dedicato alla regione, chiedendomi di fare un giro per i palazzi di Nicastro, esclamò osservando l’edificio nicastrese, unico nel suo genere a presentare decorazioni plasmate in funzione della luce mattutina di primavera: “non ho mai visto nulla del genere in Italia”, mi pare allora che l’importanza del bene debba considerarsi consacrata.

Ebbene il restauro o meglio il restyling “de noantri”, come direbbero i romani, ha ritenuto opportuno scialbare gli stucchi plasmati nel secondo Settecento dai Frangipane (come gli studi hanno dedotto) con una cromia grigio chiaro che di fatto ha appiattito la volumetria dei rilievi (fig. 1), azzerando ogni valore plastico che le originarie tinte invece esaltavano (uno dei tanti casi che avrebbe invece necessitato di un restauro conservativo del fronte), così quella che appariva una delle più belle facciate con decorazione a stucco della regione (figg. 2, 3) è stata spenta quasi definitivamente; già! perché è forse meglio che quanto sia rimasto indenne dai sismi venga definitivamente ammutolito. In verità allo stato attuale non si comprendono né le ragioni, ammesso che ci siano, né le responsabilità, mentre si auspica l’intervento delle autorità competenti.

L’altro pietoso esempio è quello di un ancor più grande palazzo che un tempo era uno dei più eleganti e monumentali della costa tirrenica calabra, palazzo Bisogni a Briatico (figg. 4, 5), probabilmente già residenza degli ultimi feudatari del centro, i Pignatelli di Monteleone che, a seguito dell’eversione della feudalità, lo cedettero a quella famiglia i cui molteplici eredi oggi ne possiedono la proprietà. L’edificio, è attribuibile all’abile architetto Pietro Frangipane di Monteleone, attivo fra gli ultimi decenni del Settecento e i primi dell’Ottocento, allievo forse di Giuseppe Vinci e collaboratore del nipote di questi, Giovan Battista. Il Frangipane fu un architetto molto impegnato nel campo dell’architettura pubblica e privata il quale contribuì anche alla definizione dell’impianto urbanistico della nuova Briatico a seguito della dichiarata inagibilità post sismica dell’antico centro più a monte. Molti sono i richiami della dimora al gusto vanvitelliano fra cui la tripartizione del fronte dell’edificio e l’utilizzo del bugnato listato, messo a punto dal grande architetto romano nella reggia casertana. Il palazzo assieme ad altri faceva parte di un sistema residenziale dai connotati singolari, poiché alle più o meno grandi dimore edificate nella nuova cittadina erano affiancati diversi edifici in primis necessari alla gestione dei territori circostanti, in una sorta di raro esempio di centro che coniugava le due funzioni, generalmente destinate alle dimore extraurbane. Dunque, non solo il palazzo non è ancora vincolato, ma è abbandonato a se stesso nella fervida speranza di gran parte dei cittadini, e non solo, che venga abbattuto o crolli per fare spazio magari a moderne e funzionali palazzine, malcelando un certo fastidio nei confronti della storia, vista più come attrattiva folclorica di un soprammobile kitsch, cui sembra relegata la Rocchetta, quest’ultima oggetto per fortuna di continui interventi, ma immersa in un contesto desolante in cui è coinvolto anche un esempio raro di architettura contemporanea di un allievo di Frank Lloyd Wright. 

Insomma… ci sembra utile richiamare Dante nel poco confortante verso dell’Inferno “lasciate ogni speranza, voi ch’intrate” … mentre le stelle “istituzionali” stanno a guardare.


Abstracts


ALESSANDRA PASQUA

Navifragum Scyllaceum. La storia più antica di una colonia greca sulla costa jonica calabrese.

In questo articolo si vogliono ricostruire le origini della antica polis di Skylletion attraverso una rassegna delle tradizioni storiche più lontane, che affondano le radici nel mito. Le narrazioni che riguardano la fondazione della città si riferiscono a Menesteo, di ritorno da Troia, e a Ulisse, naufragato sulle coste scilletine. Si trattano in primis alcuni passi delle fonti scritte degli autori classici, secondariamente alcuni studi di illustri archeologi riguardo al significato del toponimo, che rimanda al culto di Atena Scylletia e, infine, la lettura di alcuni tipi monetali della Magna Grecia che evidenziano la venerazione della dea. Si sottolinea l’importanza che tale sito ha rivestito nell’antichità, considerando i dati a disposizione, quali i documenti storiografici, i miti ed i culti legati ai luoghi. Il metodo adottato consiste nella comparazione di fonti di natura diversa per trarne una visione di sintesi.

Navifragum Scyllaceum. The oldest history about a Greek colony on the Ionian coast of Calabria.

This article reconstructs the origins of the ancient polis of Skylletion through a review of the most distant historical traditions, which are rooted in the myth. Narratives concerning the foundation of the city refer to Menestheus, returning from Troy, and to Ulysses, shipwrecked on the Scylla coasts. Reference is made primarily to some passages from the written sources of the classical authors, secondarily to some studies by illustrious archaeologists regarding the meaning of the toponym, which refers to the cult of Athena Scylletia and, finally, to the reading of some coin types from Magna Graecia which clearly show the worship of the goddess. It is valuable to underline the importance of this site in the antiquity, considering the data available, such as historiographical documents, myths and cults linked to the places. The method adopted consists in comparing sources of various nature in order to obtain a synthetic vision.



FRANCA C. PAPPARELLA

Note a margine dei santuari cristiani di Calabria. Dati per una lettura del territorio e delle pratiche religiose

Il contributo è finalizzato alla lettura di alcuni dati provenienti dalla disamina e dallo studio dei santuari presenti nel territorio calabrese. La mappatura su base Gis ha permesso un esame più accurato e immediato della presenza sul territorio dei santuari e della loro relativa intitolazione, da cui si evince una sacralità rivolta ai santi taumaturghi, alla Vergine nelle diverse denominazioni, così come a Gesù e le relative reliquie. La lettura dei dati permette, dunque, di osservare che il territorio della regione Calabria, seppur nella diversità geomorfologica, storica, culturale, è accomunata da un marcatore comune, il santuario, che nonostante le differenti cronologie di fondazione e di tradizioni, è caratterizzato da una rilevante pietà religiosa che, a volte affonda le proprie radici nel paganesimo, altre scaturisce dal votarsi ai grandi taumaturghi, altre, come nel caso del Sacro Monte di Laino, è riferimento devozionale per quella riproposizione dei luoghi della passione e della morte di Cristo.

Side notes about Christian sanctuaries in Calabria. Data for an interpretation of the territory and religious practices

The contribution is aimed at reading some data coming from the examination and study of the sanctuaries present in the Calabrian territory. Mapping on a GIS basis has allowed a more accurate and immediate examination about the presence of sanctuaries in the area and about their relative naming, from which we can deduce a sacredness addressed to the saints of miracle workers, to the Virgin in the various denominations, as well as to Jesus and the related relics. Reading the data therefore allows us to observe that the territory of the Calabria region, despite its geomorphological, historical and cultural diversity, is united by a common marker, the sanctuary, which although its different chronologies of foundation and traditions, is distinguished by a significant religious piety which, at times, has its roots in paganism, at others arises from devotion to the great miracle workers, at others, as in the case of the Laino’s Sacred Mountain, it is a devotional reference for that re-proposal of the places of the passion and death of Christ.


MARIO PANARELLO

San Lorenzo e la baronia dei Pescara. Tracce di storia e committenza

Attraverso il recupero di antiche e nuove fonti e l’apporto di alcuni documenti inediti è stato possibile mettere a fuoco l’ascesa e il ruolo della famiglia Pescara, baroni di San Lorenzo del Vallo nel corso del Cinquecento e nei primi decenni del secolo successivo. Dal momento di acquisizione della baronia di San Lorenzo, al governo di altri piccoli feudi (prossimi ai territori abbaziali di Acquaformosa governati da uno dei membri della famiglia), sino alle strategie matrimoniali è stato possibile delineare il progressivo consolidarsi del potere di una piccola famiglia aristocratica fra Napoli e la Calabria, che incise in modo determinante sull’assetto del castello/palazzo feudale di San Lorenzo, facendosi protagonista delle commissioni di significative opere d’arte ancora superstiti.

San Lorenzo and the Barony of Pescara. Traces of history and clients

Through the recovery of ancient and new sources and the contribution of some unpublished documents it was possible to focus on the rise and the role of the Pescara family, barons of San Lorenzo del Vallo during the sixteenth century and in the first decades of the following century. From the moment of acquisition of the barony of San Lorenzo, to the governance of other small fiefdoms (close to the abbey territories of Acquaformosa ruled by one of the family members), up to the married strategies it was possible to outline the progressive consolidation of the power of a small aristocratic family between Naples and Calabria, which had a decisive impact on the structure of the San Lorenzo feudal castle/palace, becoming main actor of the significant work of art commissions that still survive.



MARIO PANARELLO

Un’aggiunta al catalogo di Bernardino Poccetti oltre le committenze certosine in Calabria: la pala della Madonna del Rosario di San Lorenzo del Vallo

L’analisi storica messa a punto nel precedente scritto si è resa necessaria per inquadrare un importante episodio artistico voluto dai Pescara Diano, baroni di San Lorenzo del Vallo: il dipinto su tavola della Vergine del Rosario. Dell’opera, mai oggetto di analisi accurate, è stato indagato il nesso con il modello di riferimento: la grande pala vasariana dal medesimo soggetto in Santa Maria Novella a Firenze, nonché le complesse implicazioni iconografiche e i significativi legami con la committente, Sveva della Porta, la quale nel 1590 istituì la cappella dedicata al Rosario nella chiesa di Santa Maria delle Grazie. La proposta di attribuire l’opera al prolifico pittore fiorentino Bernardino Poccetti, presente in Calabria con diversi dipinti realizzati per la certosa di Santo Stefano del Bosco (di poco successivi all’opera esaminata), è stata argomentata attraverso un serrato gioco di rimandi stilistici con altre opere prevalentemente coeve alla pala in questione, mentre sono stati messi in luce i possibili legami della famiglia con eminenti esponenti fiorentini dell’Ordine Domenicano, presenti sul finire del secolo nelle provincie calabre, possibili intermediari con l’artista.

An addition to Bernardino Poccetti’s catalog beyond the Carthusian commissions in Calabria: the altarpiece of the Madonna del Rosario in San Lorenzo del Vallo 

The historical analysis developed in the previous writing was necessary to set an important artistic episode desired by the Pescara Diano, barons of San Lorenzo del Vallo: the panel painting of the Virgin of the Rosary. The connection with the work reference model, which has never been the subject of an accurate analyses, was investigated: the large Vasari altarpiece with the same subject in Santa Maria Novella in Florence, as well as the complex iconographic implications and the significant connections with the client, Sveva della Porta, who founded in 1590 the chapel dedicated to the Rosary in the church of Santa Maria delle Grazie. The proposal to attribute the work to the prolific Florentine painter Bernardino Poccetti, present in Calabria with several paintings created for Santo Stefano del Bosco Charterhouse (a little while after the work examined), was argued through a close game of stylistic references with other works mainly coeval with the altarpiece at issue, while the possible links of the family with eminent Florentine exponents of the Dominican Order, existing at the end of the century in the Calabrian provinces, possible intermediaries with the artist, were highlighted.



GIUSEPPE PAPALIA 

“Ab Angelo Salutata” Mecenatismo Episcopale e culto dell’Annunziata nel Tesoro della Cattedrale di Oppido Mamertina RC (XVI-XX)

Il saggio espone i tratti storici e artistici salienti del culto plurisecolare alla Madonna Annunziata, la Vergine dall’Angelo Salutata, nell’antica sede episcopale di Oppido in Calabria Ultra; attraverso le opere di mecenatismo che i vari presuli nel corso dei secoli hanno promosso come devozione ed espressione della propria opera pastorale-culturale non solo nei confronti della Vergine ma particolarmente a favore della propria Cattedrale sia quell’antica anteriore al 1783, che quella attuale. La stessa, oltre che ad essere luogo privilegiato quale custodia delle varie immagini della Vergine, riflette il potere religioso e sociale del vescovo e il suo munus operandi, espresso nella promozione e nella realizzazione delle numerose opere artistiche all’interno della stessa in onore della Vergine Annunziata. Dai documenti scritti ai testi lapidei, dai paramenti sacri alle suppellettili, dalla seta alle argenterie, dai dipinti alle sculture, il culto alla Vergine Annunziata si è espresso nei secoli con numerose e varie testimonianze, che tracciano la storia della fede, della devozione e della ricchezza e del potere della millenaria sede episcopale di Oppido.

“Ab Angelo Salutata” Episcopal patronage and cult of the Annunciation in the Treasury of the Cathedral of Oppido Mamertina RC (XVI-XX)

The essay exposes the salient historical and artistic features of the centuries-old cult of the Madonna Annunziata, the Virgin Greeted by the Angel, in the ancient episcopal Oppido location in Calabria Ultra; through the works of patronage that various prelates have promoted over the centuries as devotion and expression of their own pastoral-cultural work not only towards the Virgin but particularly in favor of their own Cathedral, the ancient one prior to 1783 and the current one too. The same, as well as being a privileged place as a keeper of the various images of the Virgin, reflects the Bishop’s religious and social power and his munus operandi, expressed in the promotion and creation of the numerous artistic works within it in honor of the Virgin Annunziata. From written documents to stone texts, from sacred vestments to furnishings, from silk to silverware, from paintings to sculptures, the cult of the Virgin Annunziata has been expressed over the centuries with numerous and varied testimonies, which trace the history of faith, devotion and wealth and power of the thousand-year-old episcopal seat of Oppido.



DOMENICO PISANI

Venanzio Pisani pittore. La bottega d’arte di famiglia e il corpus di dipinti custoditi a Rossano, nel Museo diocesano e del Codex. 

La figura del pittore e scultore di Serra San Bruno Venanzio Pisani (1800-1878), allievo a Napoli di Costanzo Angelini, emerge da tracce archivistiche purtroppo frammentarie e dalle sue opere firmate e datate. In questo saggio vengono trattate pure la personalità artistica del padre Stefano (1750-1843) e quella molto fumosa del nonno Francesco (not. 1723 – 1755) che avevano dato vita ad una bottega familiare ancora attiva alla fine dell’Ottocento. Le pitture di argomento religioso riconducibili a Venanzio Pisani sono conservate in diverse chiese della Calabria. In particolare, nel Museo diocesano e del Codex di Rossano è esposto un interessante corpus di dipinti commissionati dall’arcivescovo Bruno Maria Tedeschi, suo conterraneo ed amico. Sono particolarmente interessanti i ritratti dipinti per le più cospicue famiglie delle Serre calabre e le statue lignee, già trattate dall’autore in un altro saggio.

Painter Venanzio Pisani. The family art workshop and the pictorial corpus kept in Rossano, in the Diocesan and Codex Museum.

The figure of the painter and sculptor from Serra San Bruno Venanzio Pisani (1800-1878), a pupil of Costanzo Angelini in Naples, emerges from unfortunately fragmentary archival traces and from his signed and dated works. This essay also discusses the artistic personality of his father Stefano (1750-1843) and the very vague one of his grandfather Francesco (not. 1723 - 1755) who had given life to a family workshop still active at the end of the nineteenth century. The paintings of religious subjects attributable to Venanzio Pisani are preserved in various churches in Calabria. In particular, in the Diocesan and Codex Museum of Rossano an interesting corpus of paintings commissioned by Archbishop Bruno Maria Tedeschi, his countryman and friend, is exhibited. Particularly interesting are the portraits painted for the most notable families of the Calabrian Serre and the wooden statues, already discussed by the author in another essay.



ROSA ROMANO D’ORSI

La gioielleria e tradizioni popolari nei territori della Calabria

Il saggio cerca di mettere a punto lo stato della ricerca sulla produzione e diffusione, all’interno della stratificazione sociale del territorio calabro nel corso della storia, dell’oreficeria che inizialmente si riteneva essere principalmente di importazione. In particolare esamina l’importanza del gioiello fra Otto e Novecento nei contratti matrimoniali delle categorie più popolari evidenziandone il valore rituale. Vengono alla luce in questo modo le tipologie che si sono sviluppate anche tecnicamente in questi luoghi affermando uno stile particolare del posto.

Jewelery and popular traditions in the territories of Calabria

The essay seeks to develop the state of research about the production and diffusion, within the social stratification of the Calabrian territory throughout history, of goldsmithery which was initially believed to be mainly imported. In particular, it examines the importance of jewels between the nineteenth and twentieth centuries in the marriage contracts of the most popular categories, highlighting their ritual value. In this way the typologies that have also developed technically in these places come to light, affirming a particular style of the place.



ANTHONY HOLGUIN VALDEZ

La Corporazione dei Pittori di Lima (1649-1797): vicende, apogeo e declino

Nell’articolo si mettono in evidenza le instabili condizioni della Corporazione dei Pittori di Lima durante il periodo del Viceregno. Attraverso la sua attività, nonché mediante gli aspetti sociali e pubblici, conosceremo gli alti e bassi di questa istituzione. Osserveremo come le prime iniziative di ordinanze tentarono di regolamentare il commercio in campo pittorico già alla metà del XVII secolo. Rifletteremo, poi, sui problemi che i pittori dovettero affrontare, attenzionando documentazione che rivela i loro fino alla fine del XVIII secolo. In definitiva l’articolo intende fornire un’analisi generalizzata di ciò che fu la Corporazione dei Pittori nella Città dei Re.

The Guild of Lima painters (1649-1797): events, apogee and decline

In this article we try to show the unstable conditions of the painters’ guild in Lima during the viceregal period. Through the artisan activity in which they developed, as well as their social and public aspects, we will learn about the ups and downs of these master painters. In this sense, we will observe how the first initiatives of ordinances tried to establish a regulation of the trade in the pictorial field in the mid-seventeenth century. All this leads us to think about the reasons and problems they faced, which makes it possible to identify the interests of the painters at the end of the 18th century. For all these reasons, we ill make a very generalized analysis of what was the corporation of painters in the City of the Kings.



VINCENZO CATALDO

Riforme e committenza del vescovo di Gerace Ildefonso Del Tufo (1730-1748)

Giunto nella diocesi di Gerace, il vescovo Idelfonso del Tufo (8 febbraio 1730 - 7 maggio 1748) profuse tutte le sue energie per disciplinare un clero abituato a vivere nell’anarchia e a utilizzare il consistente lascito del suo predecessore per il ripristino funzionale della cattedrale e del seminario, per la dotazione artistica e la rinascita spirituale della diocesi. Nonostante le liti e i ricorsi accesi dal clero e dalle autorità cittadine, il prelato geracese portò a termine importanti obiettivi nell’ambito della ristrutturazione della cittadella vescovile e nell’acquisto di organi, oggetti e paramenti sacri di gran valore presso rinomate botteghe napoletane.

Reforms and commissioning of the bishop of Gerace Ildefonso Del Tufo (1730-1748)

Having arrived in the diocese of Gerace, Bishop Idelfonso del Tufo (8 February 1730 - 7 May 1748) devoted all his energies to disciplining a clergy accustomed to living in anarchy and to using the considerable legacy of his predecessor for the functional restoration of the cathedral and of the Seminary, for the artistic endowment and spiritual rebirth of the diocese. Despite the protests and appeals promoted by the clergy and the city authorities, the prelate of Gerace completed important objectives in the renovation of the bishop’s citadel and in the purchase of organs, objects and sacred vestments of great value from renowned Neapolitan workshops.

Esperide. Cultura Artistica in Calabria nn. 29-30

È in uscito il nuovo numero della rivista Esperide. Cultura Artistica in Calabria. Per ulteriori informazioni/prenotazioni è possibile rivolgersi al Direttore Mario Panarello, inviando una e-mail a: panarello1969@gmail.com



domenica 4 febbraio 2024

Esperide. Cultura Artistica in Calabria nn. 27-28

 


Editoriale 
Oltre la conoscenza: ricerca come scelta etica

di Mario Panarello

Il lavoro sempre faticoso di collazione e redazione di ogni numero del presente periodico, che contrassegna nondimeno le varie fasi di ricerca del materiale di ogni singolo caso di studio considerato, non può giustificarsi solo ed esclusivamente come un lavoro finalizzato al puro progresso della conoscenza: ciò implicherebbe inevitabilmente dare luogo ad un’operazione culturale settoriale e puramente campanilistica o se vogliamo, come molti la definiscono in modo spregiativo, localistica; invero l’apparente settorialità o marginalità di Esperide che pure mira a confrontarsi (attraverso una sezione intitolata Confronti) con altri contesti culturali, accogliendo contributi esterni rispetto agli studi riguardanti problematiche regionali e a contestualizzare alcuni episodi artistici nel più ampio fenomeno della dinamica della circolazione delle opere d’arte, degli artisti e dei committenti, ha la sua ragione in una scelta etica che non può essere legata solo alla conoscenza, ma alla volontà di voler riabilitare il settore specifico della cultura artistica, spesso considerata marginale alla stregua del degrado socio-economico del territorio calabrese. Tale scelta di campo non ha le sue radici in un campanilismo becero, ma nella profonda consapevolezza che la perdita, l’alterazione e l’ignoranza sul patrimonio artistico, quindi la scarsa conoscenza della storia, sono le cause di pregiudizi spesso venati di discriminazioni soprattutto da parte di chi vive in altri contesti, ma particolarmente sono sintomatici di un crescente degrado che permea anche le classi più elevate, attive o apparentemente tali nella cultura del territorio.
Inoltre, si e ormai consapevoli che la scelta di operare in modo capillare e critico in aree provinciali viene valutato spesso come fattore penalizzante soprattutto da quanti operano in contesti dinamici e cardine della Storia dell’Arte, ma anche questa determinazione, che con il passare del tempo si struttura nel suo carattere, e dettata da una scelta campo. In tale ottica non solo il risultato di questa rivista acquista per il suo decentramento un valore diverso, se valutato contestualmente ad altri fattori contrassegnanti il territorio, ma anche altre iniziative, pensiamo alle più impegnative mostre o ai più effimeri incontri culturali di ogni ordine a grado assumono un valore diverso di sollecitazione, recupero, acquisizione storica e critica.
Inquadrando il progetto editoriale di questo periodico in tale contesto critico non si vogliono certo giustificare alcuni contributi che talvolta possono apparire eccessivamente dediti allo studio di aspetti artistici non sempre rilevanti, poiché legati a tematiche e problematiche prettamente territoriali nei quali spesso si celano intuizioni e dati di indiscutibile valore, quanto piuttosto usare questa scelta di fondo come sfida per opporsi alla vedetta della storia contro chi la trascura, per usare una riflessione dell’erudito e filosofo calabrese Pietro Ardito; e allora dalla riconsiderazione di alcuni episodi artistici apparentemente noti o scontati, dalla loro ricontestualizzazione o analisi critica, da inaspettate scoperte che emergono dall’oblio che lasciano esterrefatti per le implicazioni ed il peso che assumo in un più vasto contesto storico artistico si attinge la forza per continuare ad operare nella convinzione che esistono diversi punti di vista, non sono solo quelli delle capitali dell’arte con il loro monopolio storico artistico, ma la forza di credere che e tutto relativo e che anche nei contesti apparentemente depressi possono nascere intuizioni indubbiamente utili alla comunità scientifica, soprattutto quella priva di pregiudizi e discriminazioni.

Abstracts

Fabrizio Sudano, Cristiana La Serra

LUOGHI DEI VIVI E LUOGHI DEI MORTI NELLA POLIS DI HIPPONION. LO STATUS QUAESTIONIS ALLA LUCE DI RECENTI SCOPERTE

Alla fine del secolo scorso, nella citta pluristratificata di Hipponion-Valentia, di pari passo allo sviluppo urbanistico, sono state effettuate numerose ricerche archeologiche che hanno permesso di avere una chiara definizione topografica della città antica, con luoghi pubblici, privati e aree di necropoli. Una serie di recentissimi interventi a ridosso delle mura greche e del Parco Archeologico della città hanno portato alla luce tre sepolture ascrivibili invece al V sec. a.C. L’occasione del presente convegno permette dunque una riflessione sullo status quaestionis, una sintesi sulla struttura urbanistica antica nota fino ad ora, con possibili miglioramenti su dati cronologici e spaziali, assieme anche a riflessioni sul rapporto tra le diverse aree funzionali urbane, in particolare le zone di necropoli con le aree urbane limitrofe.


PLACES OF THE LIVING AND PLACES OF THE DEAD IN THE HIPPONION POLIS. THE STATUS QUAESTIONIS IN THE LIGHT OF RECENT DISCOVERIES 

At the end of the last century, numerous archaeological researches were carried out in the multilayered city of Hipponion-Valentia which allowed us to have a clear topographical definition of the ancient city, with public and private places and necropolis areas. A series of very recent interventions close to the Greek walls and the Archaeological Park of the city have brought to light three burials attributable instead to the fifth century. B.C. This contribution is a reflection on the status quaestionis, a synthesis of the ancient urban structure known up to now, with possible improvements on chronological and spatial data, and reflections on the relationship between the different functional urban areas, in particular the necropolis areas with the neighboring towns.



Rinaldo D’Alessandro

LA CAPPELLA DEI SS. FILIPPO E GIACOMO A COSENZA

 Il contributo si propone di analizzare la cappella dei SS. Filippo e Giacomo, nota come cappella dei Nobili, all’interno del complesso della cattedrale di Cosenza. L’edificio, trattato solo brevemente rispetto al duomo presenta, infatti, innumerevoli profili d’interesse. Una serie di porzioni medioevali costituisce il primo indizio della sua antichità. Questi elementi, tra cui spiccano una bifora e un affresco, se letti in relazione al contesto, forniscono indicazioni utili alla comprensione della storia della cattedrale stessa. Il rilievo completo dell’edificio, effettuato mediante laser scanner, ha consentito la lettura minuziosa del testo architettonico. Questa e stata confrontata e relazionata alle fonti d’archivio, largamente inedite. Il procedimento ha consentito di chiarire le fasi storiche del monumento fornendone una lettura il più possibile completa dal XII al XIX sec. L’attuale facies tardo barocca, riccamente documentata da conti e atti, e un’interessantissima testimonianza dei procedimenti e dei modi utilizzati nei rifacimenti e nei riadattamenti degli edifici. La chiesetta risulta, dunque, un complesso palinsesto architettonico. La sua indagine e paradigmatica delle complesse vicende storiche dell’intero complesso della cattedrale. Queste trasformazioni, non più indagabili altrove a causa dei pesanti ripristini, trovano esemplificazione nel piccolo edificio che cosi restituisce ricchezza e complessità all’intera fabbrica.


THE CHAPEL OF ST FILIPPO AND ST GIACOMO IN COSENZA 

This contribution aims to analyze the chapel of St Filippo e St Giacomo, known as the Chapel of the Nobles, within the Cosenza cathedral complex. The building, only briefly debated respect to the cathedral, has, indeed, numerous profiles of interest. A series of medieval portions represents the first indication of its antiquity. These elements, including a bifora and a fresco, if viewed relating to the context, provide useful information to comprehend the history of the cathedral itself. The complete survey of the building, realised by using a laser scanner, allowed a detailed reading of the architectural text. This reading was compared and related to archival sources, mainly unpublished. This procedure allowed clarifying the historical phases of the monument by providing a reading as complete as possible from the twelfth to the nineteenth century. The current late Baroque facies, richly documented by accounts and deeds, is a very interesting proof of the procedures and methods used in the renovations and readjustments of the buildings. The small church is therefore a complex architectural model. Its investigation is paradigmatic of the complex historical events of the entire cathedral complex. These transformations, no longer investigable elsewhere due to heavy restorations, are exemplified in the small building that therefore restores richness and complexity to the entire factory.



Mario Panarello

FRA LE PIEGHE DEL MARMO. PROBLEMATICHE ATTRIBUTIVE ATTORNO AL RILIEVO DELLA MADONNA COL BAMBINO DI TAURIANOVA; CONSIDERAZIONI SU DOMENICO VANELLO E SU OPERE DI SCULTORI VICINI A BARTOLOME ORDONEZ NELLE PROVINCE CALABRE

Partendo da una disamina storiografica su una ragguardevole scultura giunta in Calabria nella prima metà del Cinquecento, il tondo della Madonna col Bambino della chiesa del Rosario di Taurianova, restituita fra gli altri dalla critica a un artefice prossimo ai modi di Girolamo Santacroce, si giunge a considerare alcune figure in contatto con quella bottega che gli studi stanno recuperando solo ora. L’attenzione e stata puntata in particolare su Domenico Vanello scalpellino e scultore toscano attivo assieme a Santacroce nella bottega di Bartolomé Ordonez i quali assieme a Gian Giacomo da Brescia avrebbero dovuto terminare le opere lasciate incompiute alla morte dello scultore spagnolo. Viene riconsiderata la documentata attività messinese di Vanello e le opere ad egli attribuite sulla scorta di letture stilistiche e iconografiche che portano a riconsiderare la sua presunta attività napoletana nei primi decenni del Cinquecento. Attraverso serrati confronti vengono quindi riconsiderati alcuni moduli plastici del tondo taurianovese al quale avrebbe potuto mettere mano lo scultore toscano sotto la direzione di Santacroce. Lo scritto si chiude considerando inoltre diverse opere di scultura presenti nella regione, alcune delle quali inedite, ricondotte ad artefici condizionati dai modi del maestro spagnolo.


AMONG THE FOLDS OF THE MARBLE. ATTRIBUTIVE PROBLEMS AROUND THE RELIEF OF THE MADONNA AND CHILD FROM TAURIANOVA; REFLECTIONS ON DOMENICO VANELLO AND ON WORKS MADE BY PUPIL SCULPTORS OF BARTOLOMÉ ORDÓÑEZ IN THE CALABRIAN PROVINCES 

Starting from a historiographical examination of a remarkable sculpture that arrived in Calabria in the first half of the sixteenth century, the Madonna and Child tondo in the Church of the Rosary in Taurianova and attributed again by critics to an artist close to the manner of Girolamo Santacroce, it is possible to consider some figures in contact with that workshop that the studies are only now recovering. The attention focused in particular on Domenico Vanello, a Tuscan stonemason and sculptor operating together with Santacroce in the workshop of Bartolomé Ordóñez who all together with Gian Giacomo da Brescia had to complete the works left unfinished at the death of the sculptor. The documented activity of Vanello in Messina is revised and the works attributed to him based on stylistic and iconographic readings that lead to reconsidering his alleged Neapolitan activity in the early decades of the sixteenth entury. Thanks to intense comparisons, some plastic modules of the tondo from Taurianova were then reconsidered, such that the Tuscan sculptor could have put his hand on it under the guidance of Santacroce. The writing ends considering various works of sculpture present in the region, some of which are unpublished, attributable to artists inspired by the manner of the Spanish master.



Domenico Pisani

ELEMENTI SCULTOREI E ARCHITETTONICI PROVENIENTI DALL’ANTICA CERTOSA DI SANTO STEFANO DEL BOSCO CUSTODITI A SERRA SAN BRUNO

A causa di alcuni furti verificatisi negli anni scorsi e stato necessario compilare un catalogo di pezzi architettonici e scultorei sparsi per i vicoli di Serra San Bruno e documentare il riuso di marmi e graniti della certosa – dopo il terremoto del 1783 ed ancor più dopo la soppressione napoleonica del 1807 – durante la fase di ricostruzione del paese, quando il suo antico convento si trasformò in una grande cava a cielo aperto di materiali diversi, utili all’edilizia. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di angeli marmorei adoperati con funzione apotropaica dai serresi che ricostruivano le loro abitazioni distrutte dal sisma.


SCULPTURAL AND ARCHITECTURAL ELEMENTS COMING FROM THE ANCIENT CERTOSA DI SANTO STEFANO DEL BOSCO ALLOCATED IN SERRA SAN BRUNO 

Due to some thefts that occurred in recent years it was necessary to compile a catalog of architectural and sculptural pieces scattered around the alleys of Serra San Bruno and to document the reuse of marble and granite of the Certosa - after the earthquake of 1783 and even more after its Napoleonic suppression of 1807 - during the reconstruction phase of the town, when its ancient convent was transformed into a large open-air quarry of different materials, useful for construction. In most cases, these are marble angels used with an apotropaic function by the people of Serra who rebuilt their homes destroyed by the earthquake.



Valeria Morello

UN SUGGESTIVO MODELLO DI ANDREA POZZO IN CALABRIA: L’ALTARE MAGGIORE DELLA CHIESA DEL GESù A TROPEA

Il contributo si propone di analizzare l’altare maggiore della chiesa del Gesù di Tropea che presenta interessanti spunti per un discorso critico. La Calabria ha conosciuto la presenza di sette insediamenti gesuitici, in quello tropeano e ubicato l’altare oggetto di studio. Purtroppo, non disponiamo di molti dati documentari a riguardo; verosimilmente l’altare viene realizzato nella prima metà del Settecento da artefici operanti nell’area vibonese. In relazione alla morfologia architettonica-decorativa dell’altare sono state messe in luce delle peculiarità e affinità rispetto ai modelli dell’artista tridentino Andrea Pozzo; come quelli riportati nel Perspectiva, e lo schizzo per l’altare di San Bartolomeo nella chiesa di San Barnaba in Marino (Roma), conservato all’Art Institute di Chicago. L’altare e caratterizzato da due coppie di colonne tortili, che offrono un particolare effetto chiaroscurale, le loro basi sono ruotate, creando quasi un profilo ellittico che sembra abbracciare la pala d’altare. Al gigantismo articolato delle colonne, viene contrapposta una minuzia decorativa dei dettagli, come i laterali, le piccole nicchiette e il paliotto.


A SUGGESTIVE MODEL BY ANDREA POZZO IN CALABRIA: THE HIGH ALTARE OF THE CURCH OF THE JESUS IN TROPEA 

This contribution aims to analyze the high altar of the church of Jesus in Tropea which presents interesting sparks for a critical discourse. Calabria has known the presence of seven Jesuit settlements, and the altar under study is located in the Jesuit Tropea area. Unfortunately, we don’t have many documentary data about it; the altar was probably built in the first half of the eighteenth century by craftsmen working in the Vibo Valentia area. Concerning to the architectural-decorative morphology of the altar, some peculiarities and affinities have been highlighted compared to the models of the Tridentine artist Andrea Pozzo; such as those reported in the Perspectiva, and the sketch for the San Bartolomeo altar in the church of San Barnaba in Marino (Rome), saved at the Art Institute of Chicago. The altar is characterized by two pairs of twisted columns, which offer a particular chiaroscuro effect, their bases are rotated, almost creating an elliptical profile that seems to embrace the altarpiece. The articulated gigantism of the columns is juxtaposed with a decorative minuteness of the details, such as the laterals, the small niches and the frontal.



Pasquale Faenza

SANTO ALAMPI DI PELLARO, UN “INDUSTRIOSO” ARTISTA DELL’OTTOCENTO REGGINO

Dall’analisi di quattro vertenze della fine degli anni Cinquanta dell’Ottocento, conservate nell’archivio storico diocesano Reggio Calabria-Bova, riemerge la travagliata vicenda della carriera artistica di uno scultore pellarese, Santo Alampi, da identificare, forse, con l’omonimo ideatore di macchine idrauliche e apparecchi nautici negli ultimi due decenni dell’Ottocento, prima di morire nel 1912. Il saggio analizza le commissioni di alcune sue opere, una statua dell’Addolorata per una non meglio identificata chiesa di Pellaro e una scultura di San Teodoro Martire, munita di vara processionale, per la parrocchia di Bagaladi, rispettivamente realizzate per conto di due parroci dell’arcidiocesi di Reggio Calabria. Entrambi saranno denunciati per non aver corrisposto i compensi pattuiti, necessari all’artista per conseguire gli studi a Napoli. Le querele ci restituiscono interessanti testimonianze sui costi e sulle tecniche di lavorazione delle statue lignee, sulle espressioni verbali impiegate a quel tempo per descrivere le opere, riportando alla luce tasselli della vita artistica dell’hinterland reggino, negli anni a cavallo tra il crollo del Regno delle Due Sicilie e la nascita del Regno d’Italia.


SANTO ALAMPI FROM PELLARO, A HARD-WORKING 19TH CENTURY ARTIST FROM REGGIO CALABRIA

From the analysis of four litigations from the late 1850s, kept in the Reggio Calabria-Bova diocesan historical archives, the troubled vicissitudes of the artistic career of a sculptor from Pellara, Santo Alampi, who can potentially be identified with the homonymous designer of hydraulic machines and nautical apparatuses in the last two decades of the 19th century, before his death in 1912, re-emerge. The essay analyzes the commissions of some of his works, an Our Lady of Sorrows statue for an unidentified church in Pellaro and a San Teodoro Martire sculpture, equipped with a processional “vara” for the Bagaladi parish, respectively created on behalf of two parish priests from the Archdiocese of Reggio Calabria. Both priests were reported for not having paid the agreed fees, necessary for the artist to complete his studies in Naples. These lawsuits give us interesting evidences about costs and processing techniques on the wooden statues, about verbal expressions used at that time to describe the works, bringing to light pieces of the artistic life of the Reggio Calabria hinterland, in the years between the collapse of the Kingdom of the Two Sicilies and the birth of the Kingdom of Italy.



Giuseppe Tobia Flora

ARCHITETTURA E ARTE FUNERARIA IN CALABRIA TRA OTTOCENTO E NOVECENTO: I CIMITERI DI CORIGLIANO E ROSSANO

Il saggio ricostruisce le fasi storiche dei due cimiteri situati in Corigliano-Rossano, comune nato nel 2018 dalla fusione di Corigliano Calabro e Rossano, che erano due centri con una propria cultura ed economia. I due comuni cercarono di attenersi alle leggi, dapprima del Regno delle due Sicilie e in seguito del Regno d’Italia, che imponevano alle amministrazioni locali la costruzione dei cimiteri pubblici. I comuni di Corigliano e Rossano inaugurarono i cimiteri rispettivamente solo nel 1882 e 1878, tentando di far approvare i progetti di costruzione più volte falliti e trovando fino a quel momento sempre soluzioni momentanee. I diversi progetti riflettevano i periodi in cui sono stati concepiti e cercavano di offrire una soluzione di compromesso tra la funzionalità dell’impianto, il decoro degli edifici e della vegetazione e le scarse risorse economiche. Il saggio da una descrizione dei progetti dei due cimiteri di Corigliano-Rossano e fa un primo sondaggio delle opere architettoniche e scultoree analizzando i gusti dei committenti, rappresentanti della borghesia e della nobiltà che volevano commemorare i loro cari defunti, ma anche autocelebrare le proprie qualità ed i propri successi.


FUNERARY ARCHITECTURE AND ART IN CALABRIA BETWEEN THE NINETEENTH AND TWENTIETH CENTURIES: THE CEMETERIES OF CORIGLIANO AND ROSSANO 

The essay reconstructs the historical phases of two cemeteries located in Corigliano-Rossano, a municipality born in 2018 from the fusion of Corigliano Calabro and Rossano, which were two different towns with their own culture and economy. Before the Kingdom of the Two Sicilies and after the Kingdom of Italy forced the local administrations to build the public cemeteries and the two municipalities ried it. The municipalities of Corigliano and Rossano inaugurated the cemeteries in 1882 and 1878 respectively, trying to get the construction projects that had failed several times approved and always finding temporary solutions until then. The different projects reflected the periods in which they were concepted and tried to offer a compromise solution between the functionality of the system, the decorum of the buildings and the vegetation and the scarce economic resources. The essay gives a description of the projects of the two cemeteries of Corigliano-Rossano and makes a first survey of the architectural and sculptural works by analysing the tastes of the customers, representatives of the bourgeoisie and the nobility, who wanted to commemorate their dearly departed, but also to self-celebrate their own quality and their own successes.



Stefano De Mieri

ANGELO LANDI E I MARMI DI CALABRIA: UNA NOTA D’ARCHIVIO

Il breve contributo rende noto un documento notarile dell’Archivio di Stato di Napoli, datato 6 agosto 1596 e riguardante la vendita al marmoraro Angelo Landi da parte dell’abbate Giovanni Antonio Caracciolo di alcuni marmi che si trovavano a Nicastro, o nel suo circondario (forse nel territorio di Zangarona). Landi fu uno dei marmorari più affermati nel contesto napoletano e, come molti altri suoi colleghi attivi a Napoli tra Cinquecento e Seicento, aveva origini toscane. Anche se la vendita non andò buon fine e indicativo l’interesse da lui dimostrato nei confronti del marmo verde di Calabria. Dal periodo in questione e per tutto il Seicento e Settecento sono numerosi i documenti che attestano la diffusione di questo marmo al di fuori del contesto calabrese. Oltretutto, la fortuna del marmo verde di Calabria, come si segnala per la prima volta in questo contributo, risulta ben nota anche ad Agostino del Riccio, che ne parla nel suo Istoria delle Pietre (1597), segnalandone l’uso persino a Firenze, nella basilica di Santa Maria Novella.


ANGELO LANDI AND THE MARBLES OF CALABRIA: AN ARCHIVAL NOTE 

This brief contribution presents a notarial document from the State Archives of Naples, dated August 6, 1596, regarding the sale to the marble-cutter Angelo Landi by the abbot Giovanni Antonio Caracciolo of some marbles found in Nicastro, or in its surrounding area (perhaps in the territory of Zangarona). Landi was one of the most established marble workers in the Neapolitan context and, like many of his colleagues active in Naples between the sixteenth and seventeenth centuries, he had Tuscan origins. Even if the sale did not go well, his interest in the green marble of Calabria is indicative. From the period in question and throughout the seventeenth and eighteenth centuries are numerous documents that attest to the spread of this marble outside the context of Calabria. Moreover, the fortune of the green marble of Calabria, as mentioned for the first time in this contribution, is well known also to Agostino del Riccio, who mentions it in his Istoria delle Pietre (1597), pointing out its use even in Florence, in the basilica of Santa Maria Novella.



Stefano Seta

L’ATTIVITA DI ANTONIO PELLICCIA IN CALABRIA: NUOVE OPERE E DOCUMENTI

Partendo da alcuni documenti rinvenuti tra l’Archivio Storico del Banco di Napoli e l’Archivio di Stato di Cosenza, l’autore si sofferma sull’analisi di alcune opere del marmoraro Antonio Pelliccia (1760- 1798) conservate a Fuscaldo. Si tratta di alcuni altari, un fonte battesimale e un lavabo realizzati nel corso dell’ultimo decennio del Settecento, oltre i limiti cronologici dell’attività finora nota dell’artista. Pelliccia, che apparteneva ad una famiglia affermata a Napoli nel campo dei marmi decorativi dalla fine del Cinquecento, lavoro in tutto il meridione realizzando altari che palesano un sensibile aggiornamento sui capolavori elaborati a Napoli nel corso del secolo. L’altare della chiesa dell’Immacolata, ad esempio, spicca per la ripresa di un modello messo a punto nella capitale da Giuseppe Bastelli e per la presenza di raffinati angeli capoaltare realizzati da Salvatore Franco. Accanto all’indagine prettamente artistica si propone un approfondimento sui committenti e sulle richieste che orientarono il lavoro del marmoraro.


THE ACTIVITY OF ANTONIO PELLICCIA IN CALABRIA: NEW WORKS AND DOCUMENTS 

Starting from some documents found between the Historical Archives of the Banco di Napoli and the State Archives of Cosenza, the author focuses on the analysis of some works by the marble worker Antonio Pelliccia (1760-1798) housed in Fuscaldo. These are some altars, a baptismal font and a washbasin made during the last decade of the eighteenth century, beyond the chronological limits of the artist's known activity so far. Pelliccia, who belonged to a family established in Naples in the field of decorative marbles since the end of the sixteenth century, worked throughout southern Italy creating altars that reveal a significant update on the masterpieces elaborated in Naples during the century. The altar of the church of the Immaculate Conception, for example, stands out for the revival of a model developed in the Capital by Giuseppe Bastelli and for the presence of refined “capoaltare” angels made by Salvatore Franco. Alongside the purely artistic investigation, an in-depth study of the clients and the requests that guided the work of the marble worker is proposed.



Giuseppe Giugno

ARCHITETTURA E MONSTRA MIRABILIA ALLA CORTE DEI MONCADA NELLA SICILIA DEL CINQUECENTO

L’articolo ripercorre le tappe fondamentali della trasformazione architettonica del primo Palazzo abitato a Caltanissetta dal conte Antonio Moncada. Tra le sale del Palazzo ve ne erano alcune note per le particolari denominazioni. Si trattava della camera detta «la contessa», di quella «delli quattro venti» ed infine di quella «dello giganti». E, in effetti, quest’ultimo ambiente trova anche menzione nel De rebus Siculis di Tommaso Fazello, laddove l’autore descrive la sua visita a Caltanissetta nel 1545. Oggetto dell’attenzione dello storiografo fu in particolare il ritrovamento presso Mazzarino, ad opera del conte Giovanni Mazzarino, dei resti di un cadavere attribuiti a quelli di un gigante. Il prezioso rinvenimento venne poi trasferito a Caltanissetta e condusse alla raffigurazione dell’effigie del gigante in una camera del Palazzo nisseno, che da lui prese il suo nome. La vicenda e particolarmente interessante perché arricchisce il quadro di conoscenze intorno al collezionismo archeologico e paleontologico praticato dall’aristocrazia siciliana nel Cinquecento, come documentato anche nell’opera del gesuita Athanasius Kircher.


ARCHITECTURE AND MONSTRA-MIRABILIA AT THE MONCADA COURT IN SIXTEENTH-CENTURY SICILY

The essay traces the fundamental stages of the architectural transformation of the first building inhabited in Caltanissetta by Count Antonio Moncada. Among the halls of the Palace there were some known for their particular denominations. It was the so-called “la contessa” room, the “delli quattro venti” room and finally the "dello giganti" room. And, in fact, this last room is also mentioned in De rebus Siculis, by Tommaso Fazello, where the author describes his visit to Caltanissetta in 1545. The object of the historiographer's attention was in particular the discovery at Mazzarino, made by the count Giovanni Mazzarino, of the remains of a corpse attributed to those one of a giant. The precious discovery was then transferred to Caltanissetta and led to the depiction of the giant's effigy in a room of the Palazzo, which took his name from him. The story is particularly interesting because it enriches the picture of knowledge around archaeological and paleontological collecting practiced by the Sicilian aristocracy in the sixteenth century, as also documented in the work of the Jesuit Athanasius Kircher.

mercoledì 31 gennaio 2024

Esperide. Cultura Artistica in Calabria nn. 27-28

È in uscito il nuovo numero della rivista Esperide. Cultura Artistica in Calabria. Per ulteriori informazioni/prenotazioni è possibile rivolgersi al Direttore Mario Panarello, inviando una e-mail a: panarello1969@gmail.com






domenica 15 gennaio 2023

Esperide. Cultura Artistica in Calabria nn. 25-26

 


Editoriale
La Speranza

di Roberto Spadea

Uno dei più illuminati Maestri di storia antica italiani, quale fu Giovanni Pugliese Carratelli, nel discorso (oggi si deve dire “lectio magistralis”), tenuto a Napoli nel gennaio 1992, per l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Istituto di Studi Filosofici, rilevava la drammaticità di quel tempo per la storia del Paese (si riferiva a Tangentopoli, allo stragismo mafioso, al crollo delle cortine di ferro) ed aggiungeva che “proprio nelle occasioni in cui sembra difficile alimentare la speranza si avverte nella profondità dello spirito una nuova fiducia nelle forze ideali”. A riprova della sua affermazione richiamava l’immagine dell’Atene prostrata dalle guerre del Peloponneso, in cui si erano succeduti uno storico come Tucidide, un maestro di vita come Socrate e un filosofo come Platone. La resistenza - concludeva Pugliese - viene dall’energia interiore mossa dalla memoria perenne della propria storia e della propria tradizione culturale. Queste parole mi sono state davanti ripensando ancora una volta ai valori della cultura e della ricerca, valori sempre di più messi da parte nel Paese, nella Regione, dalla politica nazionale e da quella locale. Ed anche quando si sia trattato di dare mano a radicali riforme degli apparati e delle istituzioni fondamentali per la formazione e per il civile progresso, si è data prova di non essere capaci di dare vita a nuovi indirizzi, ritoccando modelli collaudati sui quali si poteva intervenire in modo avveduto, senza attingere, recepire e copiare in modo quasi passivo quanto è stato fatto o si fa in altri paesi, in altre realtà che fanno capo a tradizioni, organizzazioni e strutture diverse, senza valutare il peso negativo delle ricadute, come è avvenuto ed avviene (penso con brivido all’utilizzo della lingua straniera in ambito umanistico).
La mancanza di cultura, collegata alla perdita della memoria storica, del rapporto tra passato vicino e lontano e della curiosità per fatti e luoghi è impressionante soprattutto nei giovani. A ciò concorre la “cultura mediatica” che vede la maggior parte dei giovani chini sui propri smartphones, condizionati dai messaggi mediatici che passano e convergono a far smarrire il senso della storia a vantaggio di immagini e filmati vuoti e colorati, in cui la ricerca dell’obiettività cede alla ricerca dell’effetto ad ogni costo. Per questo ricordo quando una mia amica che insegnava in una III liceo scientifico mi invitò a illustrare un importante sito archeologico della Calabria.
Al termine del breve intervento chiesi ai ragazzi quale curiosità, quale interesse, quali stimoli avesse prodotto quel luogo. Non ottenni risposta, ma seppi dopo dalla mia amica che più di una volta gli smartphones erano stati messi da parte e qualche timido interesse si era risvegliato nei giovani quando erano venuti a contatto delle rovine. Con ciò si mette in evidenza la perdita del contatto diretto con il territorio, con il paesaggio, con l’orizzonte che abbiamo davanti, perché, incalzati da ritmi vorticosi e stressanti, compiamo nella maggior parte dei casi “autoviaggi” (la definizione è del grande geografo Giuseppe Isnardi, della fine degli anni Cinquanta) che ci fanno perdere l’orizzonte e, peggio ancora, forniscono un angolo distorto di visuale che non permette di cogliere gli elementi che quel paesaggio e quelle valenze storiche costituiscono.
Da aggiungere, infine, che la crescita vertiginosa dell’urbanizzazione, avvenuta in modo selvaggio e micidiale in questi ultimi tempi, non agevola la cultura del paesaggio e la sua gestione. Non è un caso che essa si perda, soprattutto nei grandi centri abitati. Per questo quadro desolato valgono ancora le parole di Pugliese Carratelli, quando parlava di speranza e fiducia nelle forze ideali che scaturiscono dallo studio rinnovato di fatti, eventi, uomini, cose, inseriti in determinate temperie storiche, ricordando che lo studio e la ricerca, aiutati anche da nuove tecnologie, non sono soggetti a radicali mutazioni.
Allora benvenuto questo fascicolo, che diventa un esempio di come studio e aggiornamento del metodo possano aiutare la ricerca, partendo dall’analisi, elaborando ipotesi e conclusioni, aggiungendo un tassello o più tasselli alla ricostruzione della verità storica.



Abstract

Mariangela Preta
Il castello di Bivona e i suoi graffiti seicenteschi

Grazie alla campagna di scavo e di restauro, iniziata nel 2015, del rudere del castello di Bivona si è giunti a individuare nuove importanti scoperte per ricostruirne le diverse fasi di realizzazione. Sorto a poca distanza dalla linea costiera vibonese, su un’area di origine prima greca e poi romana, esso fungeva da sistema difensivo per controllare gli scali marittimi e i traffici commerciali. Grazie all’incrocio tra i dati archeologici e le fonti archivistiche è stato possibile risalire al periodo di edificazione. 
Il castello, infatti, era già in uso durante la dominazione normanna, come si evince da un Diploma del 1101. Successivamente, sotto Carlo d’Aragona, esso subì diversi rifacimenti per poi divenire un sito produttivo della canna da zucchero. Gli scavi archeologici hanno permesso di individuare le fasi distinte dello sviluppo architettonico e della pavimentazione, mentre l’interessante scoperta di graffiti raffiguranti imbarcazioni marittime, collocati lungo il muro Sud- Est e su un tratto della cinta muraria, aggiungono nuovi dati storici all’importanza del rudere.


The castle of Bivona and its seventeenth-century graffiti

Thanks to the excavation and restoration campaign of the ruin of the castle of Bivona, which began in 2015, new important discoveries have been identified to reconstruct the various stages of building. Built on a short distance from the Vibonese coastline, on an area with previously Greek and then Roman origin, it served as a defensive system to control seaports and trading networks. Thanks to the intersection of archaeological data and archival sources, it has been possible to trace the time of construction.
The castle, in fact, was already in use during the Norman domination, as evidenced by a Diploma of 1101. Subsequently, under Charles of Aragon, it received several renovations and then became a sugar cane production site. Archaeological excavations have made it possible to identify the different phases of architectural development and pavement, while the interesting discovery of graffiti depicting boats, placed along the South-East wall and on the city walls, add new historical data to the importance of the ruin.



Mario Panarello

Il recupero delle sculture rinascimentali di Terranova Sappo Minulio dopo il terremoto del 1783 e la riconsiderazione dello spiritello di Benedetto da Maiano di Philadelphia 

Il breve saggio punta l’attenzione sull’importante corredo scultoreo rinascimentale della distrutta chiesa dei Celestini di Terranova. Tali opere sono state riconsiderate attraverso una breve nota inventariale del 1784 relativa ai brani marmorei recuperati all’indomani del sisma che distrusse gran parte dei centri di “Calabria Ultra” nel febbraio del 1783. Oltre al recupero del bassorilievo di un Presepe, attestato da fonti e documenti, di cui si ignora la successiva sorte, il documento chiarisce l’iconografia della tavola marmorea della Madonna col Bambino di Benedetto da Maiano, denominata Madonna di Monserrato appartenente alla cappella del duca Marino Correale. Inoltre viene fatto riferimento al recupero di un putto marmoreo, molto probabilmente identificabile con lo spiritello assegnato al medesimo scultore fiorentino che si trova nel Museum of Art di Philadephia, precedentemente connesso al corredo scultoreo dell’omologo altare della chiesa napoletana di Santa Maria di Monteoliveto.


The recovery of the Renaissance sculptures from Terranova Sappo Minulio, after the 1783 earthquake in an archival document and the reconsideration of the Philadelphia “Spiritello”

This short essay focuses on the important Renaissance sculptural equipment of the destroyed church of the Celestines monks from Terranova. These works were considered thanks to a 1784 brief inventory note, relating to the marble pieces recovered right after the earthquake that destroyed most towns of “Calabria Ultra” in February 1783. In addition to the recovery of a low relief of a Nativity, attested by sources and documents of which the subsequent fate is unknown, the paper clarifies this iconography of the Madonna and Child marble panel by Benedetto da Maiano, named “Madonna di Monserrato” and coming from the Duke Marino Correale chapel. It also refers to the recovery of a marble putto, most likely identifiable with the Spiritello di Philadelphia assigned to the same Florentine Sculptor and housed in the Philadelphia Art Museum, previously connected to the sculptural inventory of the homologous altar of the Neapolitan church in Santa Maria di Monteoliveto.





Mario Panarello
Fra persistenze rinascimenti e istanze controriformate: Michelangelo Naccherino e Pietro Bernini
in un’inedita statua della Madonna delle Grazie a Vasto

L’inaspettata identificazione di un’inedita statua: la Madonna delle Grazie, della chiesa di San Francesco di Paola a Vasto, databile credibilmente fra il 1604 ed il 1606, aggiunge un’opera, seppure non rilevante, al percorso maturo di due artefici toscani ai quali è stata restituita: Michelangelo Nacherino e Pietro Bernini, fra i protagonisti della scultura nella Napoli del tempo. Essa comunque costituisce un tassello importante per comprendere il complesso mondo di collaborazione dei diversi artefici nelle botteghe degli scultori attivi nei primi del Seicento, rimandando alle più impegnative imprese di quegli anni che videro coinvolte figure dalla diversificata produzione espressiva. Nacherino, a cui la committenza vastese si rivolge, nella statua in questione manifesta quell’austero linguaggio figurativo, ligio ai dettami della Controriforma, offrendo lo spunto per alcune riflessioni sui possibili modelli di riferimento considerati dall’artista che appare rivolto alla chiarezza espressiva del Rinascimento toscano.


Over Renaissance persistence and Counter-Reformation requests: Michelangelo Naccherino
and Pietro Bernini in an original Madonna delle Grazie statue in Vasto

The unexpected identification of an unprecedented statue, the Madonna delle Grazie, from the church of San Francesco di Paola in Vasto, credibly datable between 1604 and 1606, adds a work although not 
relevant, to the mature path of two Tuscan craftsmen to whom this statue was give back: Michelangelo
Nacherino and Pietro Bernini, among the main artists of sculpture in Naples at that time. However, it represents an important element in order to understand the complex world of collaboration of the various craftsmen in the sculptors' workshops working in the early seventeenth century, referring to the most demanding challenges in those years which involved figures with a diversified expressive production. Nacherino, to whom clients from Vasto addresses himself, with this statue he represents an austere figurative language, loyal to the dictates of the Counter-Reformation, offering the starting point for some considerations about the possible reference models considered by the artist who seems to be aimed at the expressive clarity of the tuscan Renaissance.




Christian de Letteriis
Aggiunte a Gennaro de Martino, marmoraro napoletano

Il saggio si propone di incrementare il catalogo delle opere del marmoraro Gennaro de Martino, attivo a Napoli nella prima metà del XVIII secolo, fino al 1763, anno di morte. Al maestro si deve l’altare maggiore della chiesa conventuale di San Gregorio Taumaturgo in Stalettì, realizzato entro il 1757 e destinato a ospitare nel paliotto le reliquie del Santo, patrono della cittadina calabrese. Tra il 1757 e il 1759 risulta impegnato nell’esecuzione dell’altare, della “cona” e della balaustrata della cappella della congregazione dei morti nella Cattedrale di Santa Maria Capua Vetere, impresa portata a compimento sotto la direzione del regio ingegnere Ignazio de Blasio. De Martino allestì in questo caso un sontuoso apparato, destinato a garantire un degno alloggiamento al Compianto sul Cristo morto, tela firmata da Francesco De Mura e datata 1757. Sulla base di documenti è possibile, infine, ricondurre al maestro l’altare maggiore della chiesa della SS. Annunziata in Sorrento, databile ai primi anni Sessanta del secolo.


Some additional information about Gennaro de Martino, Neapolitan marble worker

The essay aims to increase the catalog of the works of the marble worker Gennaro de Martino, active in Naples in the first half of the 18th century, until 1763, the year of his death. The master was responsible for the main altar of the convent church of San Gregorio Taumaturgo in Stalettì, built around 1757 and intended to house the relics of the Saint, patron saint of the Calabrian town Stalettì. Between 1757 and 1759 he was engaged in the execution of the altar, the “cona” and the balustrade of the chapel of the congregation of the dead in the Cathedral of Santa Maria Capua Vetere, which was completed under the direction of the royal engineer Ignazio de Blasio. In this case, De Martino set up a sumptuous apparatus, intended to ensure a worthy housing for the Lamentation over the Dead Christ, a canvas signed by Francesco De Mura and dated 1757. Finally, on the basis of some documents it is possible to trace the main altar of the church back to the master of the SS. Annunziata in Sorrento, datable to the early sixties of the century.





Stefano Seta
Nuovi apporti per Genesio Galtieri ritrattista

Il lavoro è incentrato su due ritratti realizzati da Genesio Galtieri (1737-1810) per la famiglia Vaccari durante il suo soggiorno a Fuscaldo, dove dipinse gran parte delle tele conservate nella parrocchiale intitolata a San Giacomo. I due dipinti ritraggono Giuseppe Maria Vaccari, in abiti aristocratici, e il sacerdote Eugenio con i tradizionali attributi dei padri Redentoristi. Emergono, dal confronto con le altre opere note dell’artista, le notevoli capacità di descrivere i particolari fisiognomici ed espressivi dell’effigiato, cui si aggiunge la discreta qualità materica. L’analisi stilistica è accompagnata da un approfondimento del significato sociale delle immagini, attraverso le quali il patriziato urbano certificava l’acquisizione di un determinato status sociale. All’interno del quadro fortemente accidentato che avvolge la ritrattistica in Calabria, il corpus delle opere riconducibili al pittore di Mormanno costituisce un unicum che ne accresce il valore ed evidenzia al contempo la necessità di ulteriori sviluppi bibliografici.


New contributions for portraitist Genesio Galtieri

This work focuses on two portraits made by Genesio Galtieri (1737-1810) for the Vaccari family during his stay in Fuscaldo, where he painted most of the canvases preserved in the parish church dedicated to San Giacomo. These two paintings portray Giuseppe Maria Vaccari, in aristocratic clothes, and the priest Eugenio with the traditional attributes of the Redemptorist fathers. From the comparison with the artist’s other known works, the remarkable ability to describe the physiognomic and expressive details of the portrayed emerges, to which is added the good material quality. The stylistic analysis is supported by an in-depth study of the social meaning of the images, through which the urban patriciate certified the acquisition of a certain social status. Within the highly rough picture that surrounds portraiture in Calabria, the corpus of works attributable to the painter from Mormanno constitutes a unicum that increases its value and at the same time highlights the need for further bibliographic developments.




Domenico Pisani
Il monumento ai caduti di Serra San Bruno, opera di Aurelio Mistruzzi

Alla conclusione della grande guerra Serra San Bruno contò 103 vittime ed iniziò subito l’iter che portò all’erezione del monumento ai caduti. Negli archivi comunali si può ritrovare tutta la documentazione necessaria a seguirne le tracce. Nonostante fossero state avviate trattative con lo scultore calabrese Vincenzo Romeo, il contratto fu firmato dal friulano Aurelio Mistruzzi per un fante vittorioso in bronzo che oggi possiedono pure i comuni di Basiliano, Teglio Veneto, Alpicella di Varazze, Grottaminarda e Chiaramonte Gulfi. Lo scalpellino Biagio Lomoro realizzò in granito locale un artistico basamento su disegno dello scultore serrese Giovanni Scrivo, che intrattenne rapporti non sempre sereni con lo scultore friulano.


The war memorial of Serra San Bruno, an artwork by Aurelio Mistruzzi

At the end of the great war, Serra San Bruno counted 103 victims and immediately began the process
that led to the building of the war memorial. In the municipal archives you can find all the documentation necessary to follow the traces. Although negotiations had begun with the Calabrian sculptor Vincenzo Romeo, the contract was signed by the Friulian Aurelio Mistruzzi for a victorious bronze of an infantryman who today also is owned by the municipalities of Basiliano, Teglio Veneto, Alpicella di Varazze, Grottaminarda and Chiaramonte Gulfi. The stonemason Biagio Lomoro made an artistic base in local granite based on a design by the Serrese sculptor Giovanni Scrivo, who had not always serene relations with the Friulian sculptor.




Domenico L. Giacovelli
Le vestigia di un culto (dimenticato) in terra jonica: splendori e miserie della martire Filomena

Oggi il culto verso santa Filomena si è notevolmente ridotto; si perpetua sostanzialmente nella devozione alla santa ancora viva in alcuni luoghi. In passato - e soprattutto nella seconda metà del XIX
secolo, quando il culto era alla sua massima espansione – la devozione nei suoi confronti si diffuse fortemente per poi decrescere in maniera abbastanza repentina, dopo che il nome della santa fu cancellato dal calendario generale della Chiesa Cattolica Chiesa. Se ne trovano, tuttavia, interessanti tracce - oltre che nel patrimonio archivistico - nelle testimonianze artistiche spesso patrocinate dalla pietà dei fedeli, alcune di particolare pregio come altre caratterizzate da grande semplicità.


The vestiges of a (forgotten) cult in the Ionian land: splendor and misery of the martyr Filomena

Today the worship towards santa Filomena has greatly reduced; it is substantially perpetuated in the devotion to the saint alive in some places. In the past - and especially in the second half of the XIX century, when the worship was in maximum expansion - it spread strongly and then it decreased in a quite sudden, after the name of the saint was expunged from the general calendar of the Catholic Church. However, there are interesting traces of it - as well as in the archival heritage - in the artistic testimonies often sponsored by the piety of the faithful, some of particular value such as others characterized by great simplicity.





Maria Teresa Sorrenti
Ingegneri scultori e scalpellini nel Cimitero Monumentale di Reggio Calabria tra 800 e 900. Primi
appunti di una ricerca

Le pubblicazioni aventi ad oggetto l’arte cimiteriale, susseguitesi dagli anni ’70 del 900 ad oggi, hanno
messo ben in luce la centralità che lo studio della produzione a destinazione funeraria riveste per la conoscenza dei “fatti artistici” lungo un arco cronologico che comprende tutto il XIX secolo ed i decenni antecedenti il secondo conflitto mondiale: essa coinvolse infatti – come emerge dalle realtà indagate – architetti ed artisti di primo piano “ingaggiati” dalla borghesia desiderosa di «tramandare per l’eternità il ricordo delle virtù terrene di uomini laboriosi, mogli e madri esemplari, soldati senza paura, bambinetti innocenti». Ciò avvenne anche nella più periferica Reggio Calabria ed il presente saggio costituisce un primo risultato della ricerca in itinere, nata nell’ambito delle finalità di tutela e valorizzazione del patrimonio svolto dalla sezione reggina di Italia Nostra.


Engineers, sculptors and stonecutters in the Monumental Cemetery of Reggio Calabria between
the 19th and 20th centuries. First research notes.

Publications concerning the cemetery art from the 1970s thus far have clearly highlighted the centrality
that the study of production for funerary purposes plays for the knowledge of “artistic facts” along a chronological period that includes throughout the 19th century and the decades prior to the Second World War. It involved - as emerges from the investigated realities - prominent architects and artists “hired” by the Bourgeoisie which wanted to “preserve the memory of the earthly virtues of hardworking men, exemplary wives and mothers, fearless soldiers, innocent children for eternity”. This also took place in the more suburban Reggio Calabria and this essay represents a first result of research in progress, born with purposes of protection and enhancement of the heritage carried out by the Reggio Calabria branch of “Italia Nostra”.





Francesco De Nicolo
Huellas de arte italiano en la Arequipa virreinal

Il saggio propone un itinerario alla ricerca delle tracce di arte italiana dell’epoca viceregia esistenti in Arequipa, seconda città del Perù ed importante centro nell’antico Viceregno. Da questo percorso emergono le figure di Matteo Pérez de Alesio (da Lecce) e, soprattutto, di Bernardo Bitti. È l’occasione,
inoltre, per precisare le vicende del gesuita napoletano Giuseppe Avitavili, che si considerava continuatore della lezione bittesca. L’articolo prosegue con l’analisi di altre testimonianze d’arte e cultura italiane relative ai secoli XVII e XVIII, tre cui oggetti di lusso, reliquie, iconografie e culti come quello di San Gennaro, eletto patrono di Arequipa per la sua protezione contro le eruzioni vulcaniche.

Huellas de arte italiano en la Arequipa virreinal
The essay proposes an itinerary in search of the traces of Italian art of the Viceroyal era existing in Arequipa, the second largest city in Peru and an important center in the ancient Viceroyalty. From this path emerge the figures of Matteo Pérez de Alesio (from Lecce) and of, above all, Bernardo Bitti. It is also an opportunity to clarify the events of the Neapolitan Jesuit Giuseppe Avitavili, who considered himself the continuer of the Bittesque lesson. The article continues with the analysis of other
evidencies of Italian art and culture relating to the seventeenth and eighteenth centuries, including luxury objects, relics, iconographies and cults such as that of San Gennaro, elected patron of Arequipa for his protection against volcanic eruptions.





Francesco Polopoli
Una rara fonte per la storia e l'archeologia della preistoria in Calabria

È una memoria di reperti preistorici, quella di G. Nicolucci, sul materiale paleontologico meridiano, riletta anche alla luce delle pregevoli monografie (editate negli Atti della R. Accademia dei Lincei) del capitano Ruggero e del Dott. Domenico Lovisato (1878). Lo scritto vuole riconsegnare integralmente questa testimonianza primo-personale, con lo scopo di evidenziare il non facile lavoro classificatorio di 82 reperti (provenienti da province calabresi) in pieno periodo postunitario. La descrizione degli oggetti, i luoghi in cui furono rinvenuti, le collezioni nelle quali si trovano, gli autori che ne fanno menzione rinforzano l’attitudine scientifica ad una rigorosa sistematizzazione: tuttavia il corredo fotografico è limitato ad una parte residua del materiale proposto. Indipendentemente da ciò, desta interesse il fatto di integrare le informazioni archeologiche con nozioni mineralogiche atte ad inquadrare la natura litica dei rinvenimenti calabresi.


A rare source for the history of prehistoric archeology in Calabria

It is a memory of prehistoric finds, the one of G. Nicolucci, about the meridian paleontological material, also reread under the light of the valuable monographs (published in the “Atti della R. Accademia dei Lincei”) from Captain Ruggero and Dr. Domenico Lovisato (1878). The paper intends to fully return this first-personal testimony, in order to highlight the difficult classifying work of 82 finds (coming from Calabrian provinces) in the full post-unification period. The description of the objects, the places where they were found, the collections in which they are in, the authors who mention them reinforce the scientific aptitude to a rigorous systematization: however, the photographic equipment is limited to a residual part of the proposed material. Regardless of this, the fact of integrating archaeological information with mineralogical notions with the purpose of contextualizing the lithic nature of the Calabrian finds is of interest.




Stefania Bosco
Santa Maria delle Armi. Il ritrovamento dell’antico impianto e degli affreschi dietro l’altare maggiore

L’articolo documenta il ritrovamento dell’antico impianto e degli affreschi dietro l’altare maggiore del Santuario di Santa Maria delle Armi. Nella definizione delle zone su cui effettuare i saggi si sceglieva di iniziare dalla parete di sinistra dell’altare maggiore ed è stato rinvenuto un importante affresco ascrivibile al secolo XIV raffigurante l’Arcangelo Gabriele. Un secondo saggio è stato effettuato sulla parete di destra dell’altare maggiore dove veniva scoperto, su una parete trasversale a quella dell’altare, un affresco raffigurante la Madonna con il Bambino ascrivibile al secolo XV ed è chiaramente visibile un altro affresco, di cui si legge una mano benedicente alla maniera orientale, che non è stato scoperto per ragioni di sicurezza data la necessità di uno scavo profondo nello spessore murario per cui bisognava mettere prima in sicurezza la parete soprastante.Certamente raffigura San Giovanni il Battista. Sulla parete di sinistra, accanto all’affresco raffigurante l’Arcangelo Gabriele, si scopriva l’esistenza di un varco che dava la possibilità di ispezionare il retro della parete su cui poggia l’altare maggiore. Da qui è evidente la presenza di un vano retrostante. L’esplorazione del vano dietro l’altare maggiore ha permesso di osservare la presenza di una nicchia con il fondo piatto posta proprio dietro l’altare marmoreo,quasi in asse con esso. Mediante l’ausilio di un braccio telescopico e una fotocamera compatta con grandangolo è stata effettuata una documentazione fotografica e riprese video.Sul fondo piatto della nicchia si è rilevata la presenza di un affresco raffigurante la Vergine con il Bambino ascrivibile alla fine del XIII secolo, probabilmente l’antica Santa Maria delle Armi.Questa scoperta conferma pienamente l’analisi dello studioso padre Francesco Russo che si fonda su documenti e su collegamenti storici che ipotizza l’esistenza di questo luogo già nel periodo bizantino e precisamente nel secolo X. Ciò trova perfetto riscontro con la scoperta di questa struttura architettonica e delle pitture di cui padre Russo ne intuiva l’esistenza immaginando una cappella votiva che doveva essere di proporzioni piuttosto ristrette che in seguito fu trasformata in una vera chiesa.


Santa Maria delle Armi. The discovery of the ancient plant and the frescoes behind the main altar

The article documents the discovery of the ancient structure and the frescoes behind the main altar of the Sanctuary of Santa Maria delle Armi. In defining the areas on which to carry out testing under the ancient plasters, it was decided to start from the left wall of the main altar. and an important fresco was found depicting the archangel Gabriel ascribable to the XIV century. A second test was carried out on the right wall of the main altar where a fresco depicting the Virgin with Child ascribed to the 15th century was discovered on a wall transversal to that of the altar. Another fresco is clearly visible, of which we can read a blessing hand in the oriental manner, which was not discovered for safety reasons. It was necessary to make a deep excavation for which it was necessary to first secure the wall above. It certainly represents St. John the Baptist. On the left wall, next to the fresco depicting the Archangel Gabriel, the existence of an opening was discovered that gave the possibility to inspect the back of the wall on which the main altar rests. From here it is evident the presence of a space behind it. The exploration of the space behind the main altar made it possible to observe the presence of a niche with a flat bottom placed behind the marble altar, almost in line with it. With the aid of a telescopic arm, a camera and a wide angle, photographic documentation and video footage were made. On the flat bottom of the niche there is a fresco depicting the Virgin and Child attributable to the end of the 13th century, probably the ancient Santa Maria delle Armi. This discovery fully confirms the analysis of Father Francesco Russo which is based on documents and historical links which hypothesizes the existence of this place in the Byzantine period and precisely in the 10th century. This is perfectly matched by the discovery of this architectural structure and of the paintings of which Father Russo sensed its existence by imagining a votive chapel that must have been rather restricted in proportions which was later transformed into a real church.