domenica 4 febbraio 2024

Esperide. Cultura Artistica in Calabria nn. 27-28

 


Editoriale 
Oltre la conoscenza: ricerca come scelta etica

di Mario Panarello

Il lavoro sempre faticoso di collazione e redazione di ogni numero del presente periodico, che contrassegna nondimeno le varie fasi di ricerca del materiale di ogni singolo caso di studio considerato, non può giustificarsi solo ed esclusivamente come un lavoro finalizzato al puro progresso della conoscenza: ciò implicherebbe inevitabilmente dare luogo ad un’operazione culturale settoriale e puramente campanilistica o se vogliamo, come molti la definiscono in modo spregiativo, localistica; invero l’apparente settorialità o marginalità di Esperide che pure mira a confrontarsi (attraverso una sezione intitolata Confronti) con altri contesti culturali, accogliendo contributi esterni rispetto agli studi riguardanti problematiche regionali e a contestualizzare alcuni episodi artistici nel più ampio fenomeno della dinamica della circolazione delle opere d’arte, degli artisti e dei committenti, ha la sua ragione in una scelta etica che non può essere legata solo alla conoscenza, ma alla volontà di voler riabilitare il settore specifico della cultura artistica, spesso considerata marginale alla stregua del degrado socio-economico del territorio calabrese. Tale scelta di campo non ha le sue radici in un campanilismo becero, ma nella profonda consapevolezza che la perdita, l’alterazione e l’ignoranza sul patrimonio artistico, quindi la scarsa conoscenza della storia, sono le cause di pregiudizi spesso venati di discriminazioni soprattutto da parte di chi vive in altri contesti, ma particolarmente sono sintomatici di un crescente degrado che permea anche le classi più elevate, attive o apparentemente tali nella cultura del territorio.
Inoltre, si e ormai consapevoli che la scelta di operare in modo capillare e critico in aree provinciali viene valutato spesso come fattore penalizzante soprattutto da quanti operano in contesti dinamici e cardine della Storia dell’Arte, ma anche questa determinazione, che con il passare del tempo si struttura nel suo carattere, e dettata da una scelta campo. In tale ottica non solo il risultato di questa rivista acquista per il suo decentramento un valore diverso, se valutato contestualmente ad altri fattori contrassegnanti il territorio, ma anche altre iniziative, pensiamo alle più impegnative mostre o ai più effimeri incontri culturali di ogni ordine a grado assumono un valore diverso di sollecitazione, recupero, acquisizione storica e critica.
Inquadrando il progetto editoriale di questo periodico in tale contesto critico non si vogliono certo giustificare alcuni contributi che talvolta possono apparire eccessivamente dediti allo studio di aspetti artistici non sempre rilevanti, poiché legati a tematiche e problematiche prettamente territoriali nei quali spesso si celano intuizioni e dati di indiscutibile valore, quanto piuttosto usare questa scelta di fondo come sfida per opporsi alla vedetta della storia contro chi la trascura, per usare una riflessione dell’erudito e filosofo calabrese Pietro Ardito; e allora dalla riconsiderazione di alcuni episodi artistici apparentemente noti o scontati, dalla loro ricontestualizzazione o analisi critica, da inaspettate scoperte che emergono dall’oblio che lasciano esterrefatti per le implicazioni ed il peso che assumo in un più vasto contesto storico artistico si attinge la forza per continuare ad operare nella convinzione che esistono diversi punti di vista, non sono solo quelli delle capitali dell’arte con il loro monopolio storico artistico, ma la forza di credere che e tutto relativo e che anche nei contesti apparentemente depressi possono nascere intuizioni indubbiamente utili alla comunità scientifica, soprattutto quella priva di pregiudizi e discriminazioni.

Abstracts

Fabrizio Sudano, Cristiana La Serra

LUOGHI DEI VIVI E LUOGHI DEI MORTI NELLA POLIS DI HIPPONION. LO STATUS QUAESTIONIS ALLA LUCE DI RECENTI SCOPERTE

Alla fine del secolo scorso, nella citta pluristratificata di Hipponion-Valentia, di pari passo allo sviluppo urbanistico, sono state effettuate numerose ricerche archeologiche che hanno permesso di avere una chiara definizione topografica della città antica, con luoghi pubblici, privati e aree di necropoli. Una serie di recentissimi interventi a ridosso delle mura greche e del Parco Archeologico della città hanno portato alla luce tre sepolture ascrivibili invece al V sec. a.C. L’occasione del presente convegno permette dunque una riflessione sullo status quaestionis, una sintesi sulla struttura urbanistica antica nota fino ad ora, con possibili miglioramenti su dati cronologici e spaziali, assieme anche a riflessioni sul rapporto tra le diverse aree funzionali urbane, in particolare le zone di necropoli con le aree urbane limitrofe.


PLACES OF THE LIVING AND PLACES OF THE DEAD IN THE HIPPONION POLIS. THE STATUS QUAESTIONIS IN THE LIGHT OF RECENT DISCOVERIES 

At the end of the last century, numerous archaeological researches were carried out in the multilayered city of Hipponion-Valentia which allowed us to have a clear topographical definition of the ancient city, with public and private places and necropolis areas. A series of very recent interventions close to the Greek walls and the Archaeological Park of the city have brought to light three burials attributable instead to the fifth century. B.C. This contribution is a reflection on the status quaestionis, a synthesis of the ancient urban structure known up to now, with possible improvements on chronological and spatial data, and reflections on the relationship between the different functional urban areas, in particular the necropolis areas with the neighboring towns.



Rinaldo D’Alessandro

LA CAPPELLA DEI SS. FILIPPO E GIACOMO A COSENZA

 Il contributo si propone di analizzare la cappella dei SS. Filippo e Giacomo, nota come cappella dei Nobili, all’interno del complesso della cattedrale di Cosenza. L’edificio, trattato solo brevemente rispetto al duomo presenta, infatti, innumerevoli profili d’interesse. Una serie di porzioni medioevali costituisce il primo indizio della sua antichità. Questi elementi, tra cui spiccano una bifora e un affresco, se letti in relazione al contesto, forniscono indicazioni utili alla comprensione della storia della cattedrale stessa. Il rilievo completo dell’edificio, effettuato mediante laser scanner, ha consentito la lettura minuziosa del testo architettonico. Questa e stata confrontata e relazionata alle fonti d’archivio, largamente inedite. Il procedimento ha consentito di chiarire le fasi storiche del monumento fornendone una lettura il più possibile completa dal XII al XIX sec. L’attuale facies tardo barocca, riccamente documentata da conti e atti, e un’interessantissima testimonianza dei procedimenti e dei modi utilizzati nei rifacimenti e nei riadattamenti degli edifici. La chiesetta risulta, dunque, un complesso palinsesto architettonico. La sua indagine e paradigmatica delle complesse vicende storiche dell’intero complesso della cattedrale. Queste trasformazioni, non più indagabili altrove a causa dei pesanti ripristini, trovano esemplificazione nel piccolo edificio che cosi restituisce ricchezza e complessità all’intera fabbrica.


THE CHAPEL OF ST FILIPPO AND ST GIACOMO IN COSENZA 

This contribution aims to analyze the chapel of St Filippo e St Giacomo, known as the Chapel of the Nobles, within the Cosenza cathedral complex. The building, only briefly debated respect to the cathedral, has, indeed, numerous profiles of interest. A series of medieval portions represents the first indication of its antiquity. These elements, including a bifora and a fresco, if viewed relating to the context, provide useful information to comprehend the history of the cathedral itself. The complete survey of the building, realised by using a laser scanner, allowed a detailed reading of the architectural text. This reading was compared and related to archival sources, mainly unpublished. This procedure allowed clarifying the historical phases of the monument by providing a reading as complete as possible from the twelfth to the nineteenth century. The current late Baroque facies, richly documented by accounts and deeds, is a very interesting proof of the procedures and methods used in the renovations and readjustments of the buildings. The small church is therefore a complex architectural model. Its investigation is paradigmatic of the complex historical events of the entire cathedral complex. These transformations, no longer investigable elsewhere due to heavy restorations, are exemplified in the small building that therefore restores richness and complexity to the entire factory.



Mario Panarello

FRA LE PIEGHE DEL MARMO. PROBLEMATICHE ATTRIBUTIVE ATTORNO AL RILIEVO DELLA MADONNA COL BAMBINO DI TAURIANOVA; CONSIDERAZIONI SU DOMENICO VANELLO E SU OPERE DI SCULTORI VICINI A BARTOLOME ORDONEZ NELLE PROVINCE CALABRE

Partendo da una disamina storiografica su una ragguardevole scultura giunta in Calabria nella prima metà del Cinquecento, il tondo della Madonna col Bambino della chiesa del Rosario di Taurianova, restituita fra gli altri dalla critica a un artefice prossimo ai modi di Girolamo Santacroce, si giunge a considerare alcune figure in contatto con quella bottega che gli studi stanno recuperando solo ora. L’attenzione e stata puntata in particolare su Domenico Vanello scalpellino e scultore toscano attivo assieme a Santacroce nella bottega di Bartolomé Ordonez i quali assieme a Gian Giacomo da Brescia avrebbero dovuto terminare le opere lasciate incompiute alla morte dello scultore spagnolo. Viene riconsiderata la documentata attività messinese di Vanello e le opere ad egli attribuite sulla scorta di letture stilistiche e iconografiche che portano a riconsiderare la sua presunta attività napoletana nei primi decenni del Cinquecento. Attraverso serrati confronti vengono quindi riconsiderati alcuni moduli plastici del tondo taurianovese al quale avrebbe potuto mettere mano lo scultore toscano sotto la direzione di Santacroce. Lo scritto si chiude considerando inoltre diverse opere di scultura presenti nella regione, alcune delle quali inedite, ricondotte ad artefici condizionati dai modi del maestro spagnolo.


AMONG THE FOLDS OF THE MARBLE. ATTRIBUTIVE PROBLEMS AROUND THE RELIEF OF THE MADONNA AND CHILD FROM TAURIANOVA; REFLECTIONS ON DOMENICO VANELLO AND ON WORKS MADE BY PUPIL SCULPTORS OF BARTOLOMÉ ORDÓÑEZ IN THE CALABRIAN PROVINCES 

Starting from a historiographical examination of a remarkable sculpture that arrived in Calabria in the first half of the sixteenth century, the Madonna and Child tondo in the Church of the Rosary in Taurianova and attributed again by critics to an artist close to the manner of Girolamo Santacroce, it is possible to consider some figures in contact with that workshop that the studies are only now recovering. The attention focused in particular on Domenico Vanello, a Tuscan stonemason and sculptor operating together with Santacroce in the workshop of Bartolomé Ordóñez who all together with Gian Giacomo da Brescia had to complete the works left unfinished at the death of the sculptor. The documented activity of Vanello in Messina is revised and the works attributed to him based on stylistic and iconographic readings that lead to reconsidering his alleged Neapolitan activity in the early decades of the sixteenth entury. Thanks to intense comparisons, some plastic modules of the tondo from Taurianova were then reconsidered, such that the Tuscan sculptor could have put his hand on it under the guidance of Santacroce. The writing ends considering various works of sculpture present in the region, some of which are unpublished, attributable to artists inspired by the manner of the Spanish master.



Domenico Pisani

ELEMENTI SCULTOREI E ARCHITETTONICI PROVENIENTI DALL’ANTICA CERTOSA DI SANTO STEFANO DEL BOSCO CUSTODITI A SERRA SAN BRUNO

A causa di alcuni furti verificatisi negli anni scorsi e stato necessario compilare un catalogo di pezzi architettonici e scultorei sparsi per i vicoli di Serra San Bruno e documentare il riuso di marmi e graniti della certosa – dopo il terremoto del 1783 ed ancor più dopo la soppressione napoleonica del 1807 – durante la fase di ricostruzione del paese, quando il suo antico convento si trasformò in una grande cava a cielo aperto di materiali diversi, utili all’edilizia. Si tratta, nella maggior parte dei casi, di angeli marmorei adoperati con funzione apotropaica dai serresi che ricostruivano le loro abitazioni distrutte dal sisma.


SCULPTURAL AND ARCHITECTURAL ELEMENTS COMING FROM THE ANCIENT CERTOSA DI SANTO STEFANO DEL BOSCO ALLOCATED IN SERRA SAN BRUNO 

Due to some thefts that occurred in recent years it was necessary to compile a catalog of architectural and sculptural pieces scattered around the alleys of Serra San Bruno and to document the reuse of marble and granite of the Certosa - after the earthquake of 1783 and even more after its Napoleonic suppression of 1807 - during the reconstruction phase of the town, when its ancient convent was transformed into a large open-air quarry of different materials, useful for construction. In most cases, these are marble angels used with an apotropaic function by the people of Serra who rebuilt their homes destroyed by the earthquake.



Valeria Morello

UN SUGGESTIVO MODELLO DI ANDREA POZZO IN CALABRIA: L’ALTARE MAGGIORE DELLA CHIESA DEL GESù A TROPEA

Il contributo si propone di analizzare l’altare maggiore della chiesa del Gesù di Tropea che presenta interessanti spunti per un discorso critico. La Calabria ha conosciuto la presenza di sette insediamenti gesuitici, in quello tropeano e ubicato l’altare oggetto di studio. Purtroppo, non disponiamo di molti dati documentari a riguardo; verosimilmente l’altare viene realizzato nella prima metà del Settecento da artefici operanti nell’area vibonese. In relazione alla morfologia architettonica-decorativa dell’altare sono state messe in luce delle peculiarità e affinità rispetto ai modelli dell’artista tridentino Andrea Pozzo; come quelli riportati nel Perspectiva, e lo schizzo per l’altare di San Bartolomeo nella chiesa di San Barnaba in Marino (Roma), conservato all’Art Institute di Chicago. L’altare e caratterizzato da due coppie di colonne tortili, che offrono un particolare effetto chiaroscurale, le loro basi sono ruotate, creando quasi un profilo ellittico che sembra abbracciare la pala d’altare. Al gigantismo articolato delle colonne, viene contrapposta una minuzia decorativa dei dettagli, come i laterali, le piccole nicchiette e il paliotto.


A SUGGESTIVE MODEL BY ANDREA POZZO IN CALABRIA: THE HIGH ALTARE OF THE CURCH OF THE JESUS IN TROPEA 

This contribution aims to analyze the high altar of the church of Jesus in Tropea which presents interesting sparks for a critical discourse. Calabria has known the presence of seven Jesuit settlements, and the altar under study is located in the Jesuit Tropea area. Unfortunately, we don’t have many documentary data about it; the altar was probably built in the first half of the eighteenth century by craftsmen working in the Vibo Valentia area. Concerning to the architectural-decorative morphology of the altar, some peculiarities and affinities have been highlighted compared to the models of the Tridentine artist Andrea Pozzo; such as those reported in the Perspectiva, and the sketch for the San Bartolomeo altar in the church of San Barnaba in Marino (Rome), saved at the Art Institute of Chicago. The altar is characterized by two pairs of twisted columns, which offer a particular chiaroscuro effect, their bases are rotated, almost creating an elliptical profile that seems to embrace the altarpiece. The articulated gigantism of the columns is juxtaposed with a decorative minuteness of the details, such as the laterals, the small niches and the frontal.



Pasquale Faenza

SANTO ALAMPI DI PELLARO, UN “INDUSTRIOSO” ARTISTA DELL’OTTOCENTO REGGINO

Dall’analisi di quattro vertenze della fine degli anni Cinquanta dell’Ottocento, conservate nell’archivio storico diocesano Reggio Calabria-Bova, riemerge la travagliata vicenda della carriera artistica di uno scultore pellarese, Santo Alampi, da identificare, forse, con l’omonimo ideatore di macchine idrauliche e apparecchi nautici negli ultimi due decenni dell’Ottocento, prima di morire nel 1912. Il saggio analizza le commissioni di alcune sue opere, una statua dell’Addolorata per una non meglio identificata chiesa di Pellaro e una scultura di San Teodoro Martire, munita di vara processionale, per la parrocchia di Bagaladi, rispettivamente realizzate per conto di due parroci dell’arcidiocesi di Reggio Calabria. Entrambi saranno denunciati per non aver corrisposto i compensi pattuiti, necessari all’artista per conseguire gli studi a Napoli. Le querele ci restituiscono interessanti testimonianze sui costi e sulle tecniche di lavorazione delle statue lignee, sulle espressioni verbali impiegate a quel tempo per descrivere le opere, riportando alla luce tasselli della vita artistica dell’hinterland reggino, negli anni a cavallo tra il crollo del Regno delle Due Sicilie e la nascita del Regno d’Italia.


SANTO ALAMPI FROM PELLARO, A HARD-WORKING 19TH CENTURY ARTIST FROM REGGIO CALABRIA

From the analysis of four litigations from the late 1850s, kept in the Reggio Calabria-Bova diocesan historical archives, the troubled vicissitudes of the artistic career of a sculptor from Pellara, Santo Alampi, who can potentially be identified with the homonymous designer of hydraulic machines and nautical apparatuses in the last two decades of the 19th century, before his death in 1912, re-emerge. The essay analyzes the commissions of some of his works, an Our Lady of Sorrows statue for an unidentified church in Pellaro and a San Teodoro Martire sculpture, equipped with a processional “vara” for the Bagaladi parish, respectively created on behalf of two parish priests from the Archdiocese of Reggio Calabria. Both priests were reported for not having paid the agreed fees, necessary for the artist to complete his studies in Naples. These lawsuits give us interesting evidences about costs and processing techniques on the wooden statues, about verbal expressions used at that time to describe the works, bringing to light pieces of the artistic life of the Reggio Calabria hinterland, in the years between the collapse of the Kingdom of the Two Sicilies and the birth of the Kingdom of Italy.



Giuseppe Tobia Flora

ARCHITETTURA E ARTE FUNERARIA IN CALABRIA TRA OTTOCENTO E NOVECENTO: I CIMITERI DI CORIGLIANO E ROSSANO

Il saggio ricostruisce le fasi storiche dei due cimiteri situati in Corigliano-Rossano, comune nato nel 2018 dalla fusione di Corigliano Calabro e Rossano, che erano due centri con una propria cultura ed economia. I due comuni cercarono di attenersi alle leggi, dapprima del Regno delle due Sicilie e in seguito del Regno d’Italia, che imponevano alle amministrazioni locali la costruzione dei cimiteri pubblici. I comuni di Corigliano e Rossano inaugurarono i cimiteri rispettivamente solo nel 1882 e 1878, tentando di far approvare i progetti di costruzione più volte falliti e trovando fino a quel momento sempre soluzioni momentanee. I diversi progetti riflettevano i periodi in cui sono stati concepiti e cercavano di offrire una soluzione di compromesso tra la funzionalità dell’impianto, il decoro degli edifici e della vegetazione e le scarse risorse economiche. Il saggio da una descrizione dei progetti dei due cimiteri di Corigliano-Rossano e fa un primo sondaggio delle opere architettoniche e scultoree analizzando i gusti dei committenti, rappresentanti della borghesia e della nobiltà che volevano commemorare i loro cari defunti, ma anche autocelebrare le proprie qualità ed i propri successi.


FUNERARY ARCHITECTURE AND ART IN CALABRIA BETWEEN THE NINETEENTH AND TWENTIETH CENTURIES: THE CEMETERIES OF CORIGLIANO AND ROSSANO 

The essay reconstructs the historical phases of two cemeteries located in Corigliano-Rossano, a municipality born in 2018 from the fusion of Corigliano Calabro and Rossano, which were two different towns with their own culture and economy. Before the Kingdom of the Two Sicilies and after the Kingdom of Italy forced the local administrations to build the public cemeteries and the two municipalities ried it. The municipalities of Corigliano and Rossano inaugurated the cemeteries in 1882 and 1878 respectively, trying to get the construction projects that had failed several times approved and always finding temporary solutions until then. The different projects reflected the periods in which they were concepted and tried to offer a compromise solution between the functionality of the system, the decorum of the buildings and the vegetation and the scarce economic resources. The essay gives a description of the projects of the two cemeteries of Corigliano-Rossano and makes a first survey of the architectural and sculptural works by analysing the tastes of the customers, representatives of the bourgeoisie and the nobility, who wanted to commemorate their dearly departed, but also to self-celebrate their own quality and their own successes.



Stefano De Mieri

ANGELO LANDI E I MARMI DI CALABRIA: UNA NOTA D’ARCHIVIO

Il breve contributo rende noto un documento notarile dell’Archivio di Stato di Napoli, datato 6 agosto 1596 e riguardante la vendita al marmoraro Angelo Landi da parte dell’abbate Giovanni Antonio Caracciolo di alcuni marmi che si trovavano a Nicastro, o nel suo circondario (forse nel territorio di Zangarona). Landi fu uno dei marmorari più affermati nel contesto napoletano e, come molti altri suoi colleghi attivi a Napoli tra Cinquecento e Seicento, aveva origini toscane. Anche se la vendita non andò buon fine e indicativo l’interesse da lui dimostrato nei confronti del marmo verde di Calabria. Dal periodo in questione e per tutto il Seicento e Settecento sono numerosi i documenti che attestano la diffusione di questo marmo al di fuori del contesto calabrese. Oltretutto, la fortuna del marmo verde di Calabria, come si segnala per la prima volta in questo contributo, risulta ben nota anche ad Agostino del Riccio, che ne parla nel suo Istoria delle Pietre (1597), segnalandone l’uso persino a Firenze, nella basilica di Santa Maria Novella.


ANGELO LANDI AND THE MARBLES OF CALABRIA: AN ARCHIVAL NOTE 

This brief contribution presents a notarial document from the State Archives of Naples, dated August 6, 1596, regarding the sale to the marble-cutter Angelo Landi by the abbot Giovanni Antonio Caracciolo of some marbles found in Nicastro, or in its surrounding area (perhaps in the territory of Zangarona). Landi was one of the most established marble workers in the Neapolitan context and, like many of his colleagues active in Naples between the sixteenth and seventeenth centuries, he had Tuscan origins. Even if the sale did not go well, his interest in the green marble of Calabria is indicative. From the period in question and throughout the seventeenth and eighteenth centuries are numerous documents that attest to the spread of this marble outside the context of Calabria. Moreover, the fortune of the green marble of Calabria, as mentioned for the first time in this contribution, is well known also to Agostino del Riccio, who mentions it in his Istoria delle Pietre (1597), pointing out its use even in Florence, in the basilica of Santa Maria Novella.



Stefano Seta

L’ATTIVITA DI ANTONIO PELLICCIA IN CALABRIA: NUOVE OPERE E DOCUMENTI

Partendo da alcuni documenti rinvenuti tra l’Archivio Storico del Banco di Napoli e l’Archivio di Stato di Cosenza, l’autore si sofferma sull’analisi di alcune opere del marmoraro Antonio Pelliccia (1760- 1798) conservate a Fuscaldo. Si tratta di alcuni altari, un fonte battesimale e un lavabo realizzati nel corso dell’ultimo decennio del Settecento, oltre i limiti cronologici dell’attività finora nota dell’artista. Pelliccia, che apparteneva ad una famiglia affermata a Napoli nel campo dei marmi decorativi dalla fine del Cinquecento, lavoro in tutto il meridione realizzando altari che palesano un sensibile aggiornamento sui capolavori elaborati a Napoli nel corso del secolo. L’altare della chiesa dell’Immacolata, ad esempio, spicca per la ripresa di un modello messo a punto nella capitale da Giuseppe Bastelli e per la presenza di raffinati angeli capoaltare realizzati da Salvatore Franco. Accanto all’indagine prettamente artistica si propone un approfondimento sui committenti e sulle richieste che orientarono il lavoro del marmoraro.


THE ACTIVITY OF ANTONIO PELLICCIA IN CALABRIA: NEW WORKS AND DOCUMENTS 

Starting from some documents found between the Historical Archives of the Banco di Napoli and the State Archives of Cosenza, the author focuses on the analysis of some works by the marble worker Antonio Pelliccia (1760-1798) housed in Fuscaldo. These are some altars, a baptismal font and a washbasin made during the last decade of the eighteenth century, beyond the chronological limits of the artist's known activity so far. Pelliccia, who belonged to a family established in Naples in the field of decorative marbles since the end of the sixteenth century, worked throughout southern Italy creating altars that reveal a significant update on the masterpieces elaborated in Naples during the century. The altar of the church of the Immaculate Conception, for example, stands out for the revival of a model developed in the Capital by Giuseppe Bastelli and for the presence of refined “capoaltare” angels made by Salvatore Franco. Alongside the purely artistic investigation, an in-depth study of the clients and the requests that guided the work of the marble worker is proposed.



Giuseppe Giugno

ARCHITETTURA E MONSTRA MIRABILIA ALLA CORTE DEI MONCADA NELLA SICILIA DEL CINQUECENTO

L’articolo ripercorre le tappe fondamentali della trasformazione architettonica del primo Palazzo abitato a Caltanissetta dal conte Antonio Moncada. Tra le sale del Palazzo ve ne erano alcune note per le particolari denominazioni. Si trattava della camera detta «la contessa», di quella «delli quattro venti» ed infine di quella «dello giganti». E, in effetti, quest’ultimo ambiente trova anche menzione nel De rebus Siculis di Tommaso Fazello, laddove l’autore descrive la sua visita a Caltanissetta nel 1545. Oggetto dell’attenzione dello storiografo fu in particolare il ritrovamento presso Mazzarino, ad opera del conte Giovanni Mazzarino, dei resti di un cadavere attribuiti a quelli di un gigante. Il prezioso rinvenimento venne poi trasferito a Caltanissetta e condusse alla raffigurazione dell’effigie del gigante in una camera del Palazzo nisseno, che da lui prese il suo nome. La vicenda e particolarmente interessante perché arricchisce il quadro di conoscenze intorno al collezionismo archeologico e paleontologico praticato dall’aristocrazia siciliana nel Cinquecento, come documentato anche nell’opera del gesuita Athanasius Kircher.


ARCHITECTURE AND MONSTRA-MIRABILIA AT THE MONCADA COURT IN SIXTEENTH-CENTURY SICILY

The essay traces the fundamental stages of the architectural transformation of the first building inhabited in Caltanissetta by Count Antonio Moncada. Among the halls of the Palace there were some known for their particular denominations. It was the so-called “la contessa” room, the “delli quattro venti” room and finally the "dello giganti" room. And, in fact, this last room is also mentioned in De rebus Siculis, by Tommaso Fazello, where the author describes his visit to Caltanissetta in 1545. The object of the historiographer's attention was in particular the discovery at Mazzarino, made by the count Giovanni Mazzarino, of the remains of a corpse attributed to those one of a giant. The precious discovery was then transferred to Caltanissetta and led to the depiction of the giant's effigy in a room of the Palazzo, which took his name from him. The story is particularly interesting because it enriches the picture of knowledge around archaeological and paleontological collecting practiced by the Sicilian aristocracy in the sixteenth century, as also documented in the work of the Jesuit Athanasius Kircher.

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